Ora i sabotatori sono noti. Serve a qualcosa?
Finalmente allo scoperto i sabotatori delle riforme. Ma la società civile resta a guardare.
E' stato molto istruttivo lo sceneggiato rappresentato in questi giorni al Consiglio Provinciale. Il tema è stato il solito, la riforma elettorale; ma l’esecuzione è stata quantomai rivelatrice del vero volto dei vari protagonisti. Fuor di metafora: è stato possibile distinguere i riformatori veri da quelli fasulli, chi vuole modernizzare la rappresentanza politica del Trentino, e chi invece intende difendere a denti stretti piccoli privilegi.
La sostanza del contendere è presto spiegata. A Roma è in discussione una proposta di legge costituzionale sull’elezione diretta dei presidenti delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome Trento e Bolzano. All’interno di questa vi è una "norma transitoria": che prevede che, se il Consiglio provinciale non riesce ad approvare una legge di riforma elettorale prima della scadenza della legislatura (nel 2003) le prossime elezioni (appunto nel 2003) si terrebbero con il sistema in vigore nelle regioni ordinarie, ossia elezione diretta del presidente della giunta provinciale.
La norma è di una logicità esemplare, banale addirittura. Parte dal presupposto - ahimè mille volte verificato - della difficoltà degli enti a riformare se stessi, assegna ai consigli un amplissimo lasso di tempo per l’autoriforma, e altrimenti prevede una normativa (l’elezione diretta del presidente della giunta) in linea con la volontà della stragrande maggioranza dei cittadini, già espressa in millanta referendum e consultazioni.
Cosa dovrebbero dire i consiglieri? Bene, adesso ci mettiamo al lavoro per elaborare una riforma più confacente alle nostre specificità (quali? mah, ci sono sempre delle specificità da tutelare...), e possiamo farlo con tranquillità, perchè, se per i mille accidenti della politica non riuscissimo nel nostro intento, saremmo sempre coperti dall’automatismo della norma transitoria, che impedisce che ancora nel 2003 si vada a votare con l’attuale sistema, che tutti esecriamo perchè sappiamo essere fonte di instabilità e non-governo.
Questo ci si sarebbe aspettato. Invece no. Si è levato un coro indignato: l’Autonomia è ferita, sfregiata, vilipesa e calpestata, non è ammissibile che la Provincia Autonoma di Trento sia costretta da Roma padrona/ladrona a recepire norme in vigore nelle spregevoli regioni ordinarie. Un profluvio di stomachevole retorica pseudo-autonomista, che in realtà indica una sola cosa: non abbiamo nessuna intenzione di riformare il sistema, che non funzioni non ce ne frega niente, quello che ci interessa è che con esso noi - come partiti e come persone - abbiamo un posto al sole garantito.
Scusate la brutalità dell’esposizione, ma questa è la triste realtà, e non è giusto abbellirla con pietosi diplomatismi.
Vediamo i nomi. A Roma hanno sostenuto la norma gli onorevoli Olivieri e Schmid (Ds), Boato (Verdi), Detomas (Unione ladini-Democratici); contro si sono schierati gli on. Robol e Andreolli (Partito popolare) sempre nostalgici della vecchia Dc, e sotterraneamente (o apertamente, a seconda dei casi) sabotatori di qualsiasi riforma maggioritaria, ritenuta esiziale per chi vuole barcamenarsi al centro degli schieramenti.
A Trento le opposizioni di centro-destra, vista la divisione nel centro-sinistra, hanno pensato di inserirsi attaccando la norma transitoria, incuranti delle proprie posizioni nel merito della questione: classico esempio di disprezzo per i contenuti della politica (vedi a pag.20 l’intervista a Santini di Forza Italia). Alla compagnia si sono poi aggiunti gli ex-socialdemocratici Leveghi e Pietracci, ansiosi per i destini della propria micro-formazione (mentre a favore della norma si è vigorosamente schierato il socialista Mario Raffaelli).
E Dellai? Il riformatore Dellai? Il "nostro leader" Dellai?
Dellai ha fatto il pesce in barile. Spaventato dalla fronda di Leveghi e Pietracci (chi è costui? si chiederà il lettore non fanatico di politica locale? Risposta: è un signore già condannato per tangenti, segretario - si fa per dire - di un micropartito, il socialdemocratico, che non tiene un congresso da una decina di anni. Eppure tale "esponente politico" sembra condizionare il grande Dellai); o forse poco desideroso di altre fratture in casa propria con Andreolli & C; o forse più verosimilmente poco convinto per proprio conto della necessità delle riforme; insomma per una serie di ragioni Dellai ha finito con il frenare anch’egli la norma transitoria.
La vicenda poi, attraverso mozioni consigliari, prese di posizione varie, interventi della Svp, si è ingarbugliata, e non riteniamo di approfondirne i dettagli.
Comunque una cosa appare ormai chiara. Anche nell’attuale Consiglio Provinciale non c’è una maggioranza riformatrice. Se Roma (e i parlamentari della sinistra) non riusciranno a farci loro la riforma, il Trentino rimarrà con l’attuale sistema elettorale, con i partitini, con l’ingovernabilità.
Ela società civile? Le associazioni di categoria, i sindacati, la stampa, gli intellettuali, che tanto - ogni tanto - strepitano per le riforme? Che posizione hanno preso?
Nulla. Silenzio totale. Complice il periodo (immediatamente a ridosso delle ferie) la società civile ha confermato la sua estrema difficoltà a entrare nel dibattito politico con la necessaria tempestività. Ancora più grave l’atteggiamento della stampa. Se il direttore dell’Alto Adige Fabio Barbieri (in passato distintosi per una campagna anti-riforme) questa volta ha rivolto i suoi strali contro i sabotatori Andreolli, Leveghi ecc ("pelosi interessi di politica personale") e contro la "mediazione vergognosa, degna della peggior democristianeria" di Dellai, L’Adige invece - promotore di ben due campagne-stampa per la riforma, il maggioritario ecc, con appelli, raccolta di migliaia di firme - è rimasto assolutamente silente, neutro, come la cosa non lo interessasse. Perchè?
Abbiamo chiesto del direttore Paolo Ghezzi, ma è fuori città per una settimana; e nessun altro del giornale ha voluto rilasciare dichiarazioni in merito.
Abbiamo chiesto ad alcuni esponenti delle associazioni già spesisi per le riforme un giudizio sulla norma transitoria; e una motivazione della loro assenza dal dibattito. Di seguito riportiamo le risposte: lasciamo i commenti ai lettori.