Persiani si, marocchini no
Amare gli animali è cosa buona e giusta; ma i nostri simili meritano altrettanto riguardo; anche quando sono sgradevoli...
Rispetto per l’ambiente, per gli alberi, per gli animali: queste tematiche trovano ampio spazio sulle nostre pagine, e quindi siamo lieti che i quotidiani locali denuncino con forza episodi di crudeltà verso gli animali. E’ il caso, avvenuto a Molina di Fiemme, del micetto usato come bersaglio da un atleta sloveno di biathlon, che si allenava sparando ai gatti in vista di una gara. La bestiola, che ha così perso un occhio, è al centro di un servizio sull’Alto Adige del 28 gennaio, che evidenzia un amore per gli animali che a volte sconfina nell’antropomorfismo. Dopo un succinto racconto dei fatti ("All’improvviso un rumore metallico ed il miagolio straziante del bellissimo persiano blu, che corre disperato a nascondersi ed il suo occhio trasformato in un lago di sangue"), il giornale propone diagnosi e prognosi con le parole del veterinario: "Ho riscontrato l’esplosione del bulbo oculare e ho praticato una terapia per evitare il collasso cardiocircolatorio e un’antibioticoterapia per evitare infezioni".
"La mattina successiva - prosegue il cronista - stabilizzate le condizioni del gatto, il dott. Gallmetzer ha eseguito un delicato intervento chirurgico per estrarre il corpo estraneo dalla camera posteriore dell’occhio sinistro dell’animale. Per evitare ulteriori conseguenze infettive alle strutture limitrofe, il veterinario ha quindi deciso di asportare l’intero bulbo oculare".
Com’è andato l’intervento? "Già in serata - risponde il medico - dopo il risveglio dall’anestesia generale, era in discrete condizioni e la guarigione potrà avvenire in 30 giorni, ma dall’occhio sinistro non potrà più vederci".
A corredo dell’articolo, una foto del povero gatto e la radiografia del cranio, che "mette in evidenza il foro provocato dal proiettile".
Proprio nella pagina a fianco, altro episodio, con un avvio che sembra l’inizio di un giallo: "Piazza Garzetti, ore 21.30 di martedì. La signora cammina in tutta fretta nel freddo pungente della sera. Nel silenzio della piazzetta semideserta s’alzano i latrati insistenti di un cane, un alto guaito prolungato, un abbaiare lento e disperato che attira la sua attenzione" Si tratta di due cani lasciati dai padroni dentro l’auto. La donna chiama i carabinieri che "accertano la effettiva condizione di disagio dei cani. Si parla di precarie condizioni ambientali, difficoltà di movimento e di respirazione, disagio per l’angusto spazio a disposizione".
Benissmo - dicevamo; sì, magari c’è una qualche ingenuità da neofiti nel drammatizzare in quel modo gli eventi, ma è un peccato veniale che in nome della buona causa si può senz’altro perdonare.
Poi però, due giorni dopo, sempre sull’Alto Adige, leggiamo in cronaca di Rovereto un articolo da cui ogni pietas è scomparsa, malgrado vi si parli di esseri umani anziché di animali. Il titolo: "Stazione in mano ai barboni.".
Inizio dell’articolo: "Sagome umane che dormono in scatole di cartone o sdraiate per terra nelle sale d’attesa, escrementi e tracce di vomito sul pavimento. La stazione di Rovereto di notte diventa terra di nessuno".
Testimonianza di una pendolare: "Ieri l’altro ho trovato un vagabondo che poltriva (alle sei di mattina, per Dio, si dorme, non si poltrisce!, n.d.r.) accanto alla macchina per le fototessere. Dall’altra parte del muro c’erano due cartoni abbandonati. E lì attorno vomito dappertutto. Mi sono messa a urlare (perché?, n.d.r.), ma non si è vista anima viva. Anzi un passante si è limitato a dirmi che non era compito suo fare qualcosa (che avrebbe dovuto fare, pulire per terra?, n.d.r.). Una volta prendevo il treno delle 7.05, ma la situazione era la stessa: mi trovavo circondata da questi extracomunitari che sembrano degli extraterrestri, tanto sono lontani dalla decenza che si richiede alle persone civili".
Un secondo testimone: "Dopo l’una di notte [la stazione] diventa un vero e proprio porto di mare: barboni, drogati, marocchini... Tutti i disperati si danno appuntamento qui. A volte se ne trovano addirittura una quindicina e se tre di loro si comportano decentemente, ce ne sono altri che veramente fanno schifo".
Non dubitiamo che i nudi fatti stiano pressappoco in questi termini, ma il complesso dell’articolo ci fa un po’ schifo.
Non è giusto che dei disgraziati costretti a dormire nell’atrio di una stazione restino sullo sfondo, senza voce, come oggetti inanimati e ingombranti che ispirano solo ripugnanza; salvo poi dare spunto a coccodrilleschi articoli melensi quando qualcuno di loro crepa dal freddo su una strada.
E’ incredibile che il cronista non commenti, e dunque faccia sostanzialmente proprie tutte le affermazioni raccolte, a cominciare da quell’incredibile "barboni, drogati, marocchini".
E’ molto poco professionale che di fronte allo spettacolo che tanto lo colpisce, il cronista veda "il degrado in cui giace la stazione" e non il degrado delle persone.
Fino al ridicolo di quando il nostro commenta le situazioni sopra descritte con questa acuta considerazione: "Vita dura, quella del pendolare..."