Scuola: un servizio pubblico molto particolare
Condivido sempre ciò che scrive Giorgio Tosi nella simpatica e spesso brillante rubrica "Il diritto e il suo rovescio". Ciò è probabilmente dovuto alle nostre parallele biografie culturali (abbiamo fatto la Resistenza assieme, militato, sia pure anche in partiti diversi, comunque nella sinistra 'responsabile ' o 'di governo '. come si dice ora, siamo ambedue avvocati) e quindi spero che anch'egli approvi ciò che io scrivo su Questotrentino. Ma questa volta il suo ultimo articolo "Parità scolastica e Costituzione" non mi convince del tutto. Anche se le mie conclusioni non sono radicalmente divergenti dalle sue, mi sembra utile ritornare sull'argomento, così importante ed attuale, per contribuire ad una sua più approfondita analisi.
Terrò distinte le due questioni che invece Tosi tratta congiuntamente, a scapito di una per me necessaria nitidezza concettuale: la questione del finanziamento pubblico delle scuole private e la diversa questione della parità delle scuole non statali.
Dico subito che io penso che l'art. 33 della Costituzione sia un ostacolo insormontabile al finanziamento pubblico delle scuole private. Per superare tale ostacolo Giorgio invoca la "volontà del legislatore" e cita il liberale Garbino ed il socialista (ma mi pare che all'epoca fosse ancora azionista) Codignola, presentatori dell 'emendamento aggiuntivo "senza oneri per lo Stato" , secondo i quali il divieto di finanziamento pubblico con esso sancito avrebbe dovuto vigere solo per il momento istitutivo delle scuole private, non invece per la loro vita successiva.
Ma è ben noto che fra tutti i criteri interpretativi di un testo normativo, quello della "volontà del legislatore", desunta dai lavori parlamentari, è il meno attendibile. E ciò per la semplice ragione che nella dialettica assembleare i presentatori di un emendamento di solito ne minimizzano gli effetti ex adverso temuti, per guadagnare il consenso degli incerti, mentre coloro che vi si oppongono ne esagerano le conseguenze negative, per suggestionare coloro che devono ancora maturare una decisione.
Molto più autorevole è invece quel canone ermeneutico di un corpo legislativo che può ricavarsi dal testo stesso, cioè dal significalo letterale delle parole in cui esso si esprime e dalla relazione razionalmente coerente che esiste tra le varie sue parti. E' questa lettura sistemica di una legge, tanto più di una Costituzione, che ci porta a cogliere il suo significato più autentico.
Orbene, caro Giorgio, nella nostra Costituzione la scuola non è configurala come un semplice servizio pubblico, come i trasporti e la sanità. E' certamente anche un servizio pubblico, ma per nessun servizio pubblico, nemmeno per la sanità, la Costituzione ha previsto ciò che ha previsto per la scuola: "La Repubblica istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi". E' un servizio pubblico che ha quasi la dignità di una funzione sovrana, il cui esercizio costituisce un dovere costituzionale. Il diritto che la Costituzione riconosce ad "enti e privati di istituire scuole ed istituti di educazione" in omaggio alla libertà culturale è identico a tutti gli altri diritti proclamati dalla Costituzione, politici e civili, come quelli di riunirsi pacificamente, di associarsi, di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione, di organizzarsi in partiti politici. Quale è la ragione per cui per nessuno di tali diritti la Costituzione contiene la precisazione che possono essere esercitati, ma "senza oneri per lo Stato", mentre tale divieto è stato stabilito soltanto per l'istituzione di scuole private? Questa diversità normativa avrà pure un significato!
Del resto non è questa l'unica attività, che di norma è prerogativa dei pubblici poteri, e che tuttavia è consentita anche ai privati, ma senza oneri per lo Stato: basti pensare alla giustizia privata, secondo il procedimento arbitrale, autorizzata da leggi ordinarie e che nessun si sognerebbe di far finanziare dallo Stato.
Anche la giustizia privata è parificata alla giurisdizione pubblica, poiché il lodo arbitrale ha Ia stessa efficacia di una sentenza. Ma ciò è consentito nel rispetto di una rigorosa disciplina processuale e sostanziale. Giorgio Tosi postula giustamente la stessa esigenza per la parificazione delle scuole private. E su ciò convengo anch'io.
Ma la parità non implica in nessun modo la legittimazione del finanziamento pubblico, così per la scuola privata come per la giustizia privata. Ma anche per la parità il percorso mi sembra accidentato. Non vedo come possa superare l'intrinseca contraddizione fra l'interesse che i promotori delle scuole private annettono all'orientamento monoculturale, che costituisce l'unico movente della loro iniziativa, e l'opposta esigenza irrinunciabile del pluralismo culturale che deve ispirare ogni esperienza formativa.
Chi mai istituirà una scuola privata se dovrà rinunciare al controllo sull'orientamento culturale dei docenti? E può uno Stato laico riconoscere la parità ad una scuola a controllo monocuturale?
Ma Giorgio Tosi propone una scappatoia, il compromesso fatto proprio dal governo D'Alema e che del resto era già stato recepito dal programma dell'Ulivo
E' un compromesso accettabile, anche perché è decentemente adattabile al dettato costituzionale. Gli alunni delle scuole private hanno diritti "equipollenti " a quelli delle scuole pubbliche, sancisce sempre l'art. 33 della Costituzione. Le provvidenze per garantire il diritto allo studio possono essere destinate in egual modo agli uni e agli altri.
Ed in ogni caso non fu detto che Parigi val bene una messa?