I candidati e la moschea
Se il candidato a sindaco di Trento del centrosinistra ha il problema di sganciarsi dall’ingombrante ombra del governatore di piazza Dante, quelli di centrodestra hanno analogo problema; non tanto con Berlusconi, troppo lontano e che qui non verrà, quanto con il complesso di ideologie che anima la coalizione.
Nelle prime battute della campagna (vedi interviste sul numero scorso) avevamo visto con piacere il candidato del PdL Pino Morandini prendere robuste distanze dalle deregulation urbanistiche proposte a Roma dal “piano casa” (che avrebbe tra le altre cose rese pure formalità le normative antisismiche) e poi, soprattutto in seguito al terremoto, ritirate o addolcite. E con altrettanto piacere avevamo visto le aperture verso la moschea per gli immigrati islamici (“Il luogo di culto si correla con la libertà di religione, va rispettato”) anche se poi irrigidite da una stramba richiesta di referendum tra i cittadini (come se i diritti dell’uomo fossero abrogabili a maggioranza).
Poi, almeno sulla moschea, Morandini deve averci ripensato. Ed ecco quindi porre nuove condizioni, ulteriori irrigidimenti, da cui si deduce che, con lui sindaco, la moschea gli islamici possono aspettarsela nell’anno del mai. Peccato, con Morandini, cattolico che si presentava aperto alle altre religioni, speravamo di vedere un centro-destra presentabile, qualcosa come quello che a Roma sta cercando di costruire Gianfranco Fini. Invece vediamo che qui si ritengono essenziali i voti dell’intolleranza, e ad essi ci si adegua.