Provincia matrigna
Proseguiamo, nel nostro ricordo di Nadia Ioriatti, la pubblicazione di alcuni suoi interventi comparsi nella rubrica “Io tinta di aria”. Quello che segue risale al 28 ottobre 2006.
Questa è una storia semiseria, iniziata nel settembre 1974, ai confini del buonsenso, contro corrente, contro tutti e anche contro me stessa, di una sincerità disarmante, ovviamente molto di parte. Primo capitolo di un libro dove i dipendenti provinciali si riconosceranno con un sorriso. Quei dipendenti un po’ alternativi che hanno sempre detto: “Bisognerebbe scrivere un libro!”.
Il Palazzo incuteva timore: lunghi corridoi, scaloni imponenti, un tetro ascensore, facce spente si trascinavano. La triste impressione di essere finita in un collegio o in una prigione.
Quella mattina il corvo tinto scelse la sua preda fra le tante gallinelle che aspettavano di finire in uno o nell’altro pollaio. Ottima scelta: la più bella, la più giovane, ma ahimè la più guerriera delle galline. Che contestava già il solo essere definita gallina e voleva riavere la dignità di donna. Capii di non essere capitata bene, quando da sola andai cercando nei corridoi il pollaio destinatomi, ma il posto era opprimente, si era come schiacciati dal tetto.
Il Dottor Artiglio mi presentò, molto fiero della preda prescelta. Volle la conferma degli altri tre corvi presenti, che sorridenti ammiccarono. Le altre due galline, un po' più pallide del solito, guardarono con astio la nuova troppo bella arrivata e per punizione la tennero sul trespolo più scomodo del pollaio.
C’era poco sole, poca aria e pochi colori. Incuriosivo molto e venivo presentata come una gallina bella sì ma complicata. Il lavoro poi era alienante: due grossi registri sui quali scrivere numeri e articoli di legge. Carte bollate da riempire con la macchina da scrivere in 5 copie. Mi veniva da piangere. Smettevo di scrivere a macchina solo per andare a stenografare da uno dei corvi. Il corvo spelacchiato mi bloccava per ore per dettarmi una paginetta striminzita. L’avesse scritta a mano impiegava meno di un quarto d’ora! Mah! Forse era contento di avermi là.
Il corvo affascinante dettava invece velocemente e con voce grave. Ma un giorno, a una cena d’ufficio, ballando una canzone dei Genesis, lui con trasporto mi aveva stretta e i nostri occhi si erano incontrati. Era molto intrigante, si faceva un baffo delle regole della Provincia e aspettava di andare in pensione per dedicarsi alle sue montagne.
Il Dottor Artiglio invece correva come un treno e se protestavo mi ricordava che avevo vinto un concorso per steno/dattilografa. “Certo - rispondevo - ma a 90 parole al minuto, Lei sta dettando ad oltre il doppio!”. Nulla, aveva sempre ragione e cambiava discorso solo per dirmi con voce melliflua che sarebbe stato eccitante vedermi nuda mentre stenografavo. Era molesto; gli rispondevo di fare quei discorsi al bar con gli amici.
Lo guardavo con un misto di tenerezza e rabbia. Sulla fronte era intanto colata qualche goccia di colore nero. Il corvo tingeva i capelli rossi con una pozione nera fatta in casa dalla moglie. Risultato pessimo, il rosso fulvo si intuiva anche sotto il nero che lo sbatteva ancor di più.
Non era cattivo, parlava pesante ma era innocuo. Doveva essere stato maltrattato in seminario; allora per le famiglie povere era l’unica possibilità di far studiare il figlio dotato. Da adulto si divertiva a spaventare giovani fanciulle che gli capitavano a tiro. Il mio carattere indomabile lo spiazzava.
Nell'agosto del 1975 il corvo andò in ferie e nel frattempo Matteo, che era stato lo spermatozoo più veloce quel giorno, aveva costretto al matrimonio i suoi genitori bambini.
A settembre dunque mi sarei sposata e mentre lo dicevo al Dottor Artiglio lui sbiancava e imbarazzatissimo tossiva. Ma come? Il suo bel giocattolo nuovo diventava mamma. Forse era meglio trasferirla e cercarsi qualche altra preda. Allora, mentre ero in viaggio di nozze all’Isola d’Elba, mi arrivò la notizia che ero stata trasferita. Che gioia, temevo di marcire in quella topaia!
Allora alcuni amici del sindacato si sono arrabbiati e hanno scritto un volantino nel quale denunciavano le molestie sessuali contro le donne. Il giorno dopo i quotidiani accusarono i dipendenti provinciali di fare sesso in ufficio! Roba da gossip, insomma.
Il mio pensiero adesso va al Dottor Artiglio, che ci ha lasciati molti anni fa. Devo ammettere che Lei, in fondo, era un buono. E poi propongo di fare la pace, perché noi buoni si dimentica in fretta. Un brindisi allora, alla mia meritata e spero felice, e lunga quel che serve, pensione. Non ne potevo più, sa, dopo 32 anni; io sono una creativa e contenersi in una gabbia per così tanto tempo… ho sofferto come una leonessa prigioniera.
E poi avevo un oceano dentro. Le storie si accumulavano, i personaggi saltavano fuori prepotentemente e mi costringevano a pensare a loro, a fare una sintesi della loro vita per riporla in un angolo della memoria. Ma ora ho il tempo per spolverare, riordinare, togliere, aggiungere, mescolare e intanto scrivere quel famoso libro di cui si parlava all’inizio.
Un brindisi a Lei, Dottore, un goccio del suo amato Ballantines.