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QT n. 11, novembre 2020 Servizi

Perché lo Scario si è dimesso

Giacomo Boninsegna contrattava la vendita dei terreni per il nuovo ospedale di valle?

Giacomo Boninsegna

Giacomo Boninsegna esce dallo scenario politico di Fiemme. Già sindaco a Predazzo (1974-1980), presidente del Comprensorio di Fiemme, presidente della Regola feudale di Predazzo per oltre un decennio e dal 2014 Scario della Magnifica Comunità di Fiemme, chiude la sua storia amministrativa in modo inatteso, con le dimissioni. Scarno e privo di motivazioni reali il comunicato di addio: “Sono state settimane di profonde meditazioni, prima di arrivare a questa decisione, dopo sei anni di grande impegno, ricco anche di qualche soddisfazione. Vi ringrazio della fiducia e collaborazione data in questi anni e garantisco la mia disponibilità a collaborare affinché il passaggio di competenze sia garantito, nell’interesse dell’ente”.

Sulla decisione hanno pesato le vicende della Translagorai e di Malga Lagorai? O la complessa situazione della gestione, anche finanziaria, della Comunità, della segheria, i contrasti con alcuni regolani?

Pensiamo che tutto questo abbia influito in modo minimale, Boninsegna è un combattente, non abituato a rispondere con carezze a chi la pensa diversamente da lui. È più probabile che accanto ad una stanchezza personale abbiano prevalso le critiche ricevute sulla vicenda dei terreni dell’ex vivaio provinciale, dove si è ipotizzata la possibile costruzione del nuovo ospedale di Fiemme. Entriamo quindi nel merito di questa triste ma esemplare storia.

L’ospedale di Fiemme è stato costruito e voluto dalla Magnifica Comunità nella immediata periferia ovest di Cavalese nel 1951. Nei primi anni ‘80 è stato venduto alla Provincia, gestito prima dal Comprensorio (con Boninsegna presidente), poi dai comitati di distretto e ultimamente dalla Azienda Sanitaria provinciale. Il nosocomio da 30 anni è oggetto di attacchi che tendono a ridimensionarne le funzioni. Dai 136 posti letto del 1989 siamo arrivati a 70. I diversi reparti e servizi sono stati svuotati di funzioni prima e poi di personale: chirurgia, traumatologia, radiologia, laboratorio analisi, riabilitazione. Quest’ultima è definitivamente affidata ai privati con l’unico riferimento di ricovero ad Arco. Stessa sorte ha subito la medicina del territorio. Sull’ospedale invece si erano scatenate le lotte più aspre non appena fu avanzata l’ipotesi di chiudere il punto nascite. La Lega, con Fugatti in prima linea, aveva strumentalizzato il tema, forte dell’assenza di riflessione complessiva sul servizio sanitario delle vallate dell’Avisio.

La struttura risente degli anni: entrare nel Pronto soccorso nei periodi turistici è imbarazzante per chi ci lavora e per gli utenti. Mancano spazi. Nel decennio erano stati eseguiti dei lavori di adeguamento agli standard di sicurezza di chirurgia e poco altro. Altri lavori promessi non sono stati mai effettuati fino a quando, prima l’allora assessore Rossi, poi Zeni e Gilmozzi, non promisero un nuovo ospedale: 32 milioni di spesa previsti, appena a ridosso, verso sud, dell’attuale struttura.

Ma sul tema da due anni è caduto il silenzio. Finché l’ex consigliere comunale Carmelo Zini, in agosto, presenta in Comune una interrogazione sul tema, cui il sindaco replica con una confusa risposta priva di senso. Zini chiedeva se avesse fondamento la notizia che la Provincia intendeva costruire un nuovo ospedale nel fondovalle, sui terreni dell’ex vivaio forestale e di alcuni privati. Questi privati erano stati interpellati dallo Scario della Magnifica comunità, Giacomo Bonisegna, per saggiarne la disponibilità alla vendita.

A quale titolo, a nome di chi? Sul discutibile agire dello Scario si attivano i regolani di Cavalese il 7 e il 17 settembre con due lettere indirizzate allo Scario e al Consiglio dei regolani, chiedendo conto del comportamento. Volevano trasparenza, specie sull’eventuale ruolo che la Magnifica veniva ad assumere nella vicenda. Solo nel febbraio 2019 la Magnifica aveva comprato i terreni dell’ex vivaio forestale, il più fertile delle Alpi, proprio dalla Provincia. Ma che senso aveva, per la PAT, riacquisire quanto pochi mesi prima era suo?

Fatto sta che a gennaio 2020 si tenne una riunione nella quale Fugatti, dirigenti dell’azienda sanitaria, sindaci e Scario discussero della possibilità di spostare l’ospedale. Nessuna notizia era trapelata in valle, tutto segretato.

Lo Scario rispondeva alle due lettere in Consiglio solo il 13 ottobre. Questi i fatti da lui illustrati nella riunione. Nel dicembre 2019 la Provincia gli chiedeva di restituire parte dei fondi appena permutati (12 febbraio 2019) con la raccomandazione di tenere la notizia riservata. A gennaio la proposta veniva illustrata a Trento ad alcuni sindaci e amministratori della valle in presenza di due consiglieri provinciali locali (Piero Degodenz, UPT e Gianluca Cavada, Lega) senza che la Magnifica venisse coinvolta. Alcune giunte comunali, poche, venivano informate dai loro sindaci; nel frattempo lo Scario veniva contattato dallo studio tecnico Mak Costruzioni Srl per verificare a titolo personale la disponibilità dei privati a cedere i terreni. Lo Scario si è quindi attivato in tal senso. Un’azione che in una piccola comunità non poteva passare inosservata. Fatto sta che il Consiglio dei regolani viene informato della ipotesi solo il 19 agosto, dopo specifica domanda del consigliere di regola Franco Corso.

Su tutta la vicenda lo Scario ritiene di essere stato strumentalizzato, di avere agito in buona fede. E afferma che le sue dimissioni siano state strumentalizzate: nulla c’entrano con la vicenda dell’Ospedale.

Cosa c’è sotto?

L’area oggetto del tentativo di acquisto sulla sponda sinistra orografica dell’Avisio.

Non esprimiamo giudizi. Ma è evidente che i comportamenti dei diversi rappresentanti istituzionali sono discutibili, privi di trasparenza. Partendo dal sindaco di Cavalese Silvano Welponer per arrivare allo Scario. Si stava discutendo di un tema strategico della vita dell’intera comunità; spostare un ospedale è tema delicato che coinvolge la gestione della salute nelle due valli. La struttura ospedaliera deve rimanere centrale o invece è opportuno, anche alla luce dell’esperienza del Covid, investire sul territorio? Coinvolge l’assetto urbanistico del territorio: mobilità, accessibilità, opportunità o meno di consumare suolo libero e intaccare una zona non urbanizzata, adiacente ad una situazione di potenziale rischio idraulico (Stava, rio Lagorai). Quali interessi nascondeva l’operazione?

Ancora oggi nessun sindaco di quanti erano presenti alla riunione di febbraio ha fatto chiarezza, Fugatti ha mantenuto un rigoroso silenzio, quasi il tema non lo toccasse, i due consiglieri provinciali coinvolti non si sono espressi, Fassa è stata tenuta all’oscuro, e dopo le dimissioni di Boninsegna i consiglieri di regola rifiutano ogni commento.

Le domande le poniamo noi e gli attori sopra citati dovrebbero rispondere in modo chiaro alla collettività, partendo dal vertice, dal Presidente della Giunta provinciale.

Da quanto tempo è sul tavolo l’ipotesi di spostare la costruzione dell’ospedale di Fiemme e sospendere ogni precedente ipotesi? In Provincia non risulta depositato nessun atto amministrativo che sostenga una simile necessità.

Perché sindaci, Scario e consiglieri non hanno coinvolto sul tema la popolazione o almeno i loro consigli comunali? Il silenzio non può che alimentare sospetti.

Quali sono stati i dirigenti provinciali che hanno coinvolto lo Scario Boninsegna chiedendogli un simile favore? Quale mandato politico li sosteneva se solo pochi giorni fa, 15 ottobre, Fugatti inseriva la costruzione del nuovo ospedale nelle opere da realizzare in tempi brevi localizzandolo secondo i progetti del 2017-2018?

Mentre i cittadini venivano tenuti all’oscuro, perlomeno una ditta era a conoscenza delle intenzioni di spostare l’ospedale. Chi l’ha informata e a che titolo?

Quale strategia reggeva una scelta tanto delicata in tema di efficacia del servizio, accessibilità, ricaduta sul territorio?

E quale sarebbe stata la destinazione del vecchio edificio, l’abbandono?

Perché urbanizzare un’area strategica oggi libera da infrastrutture?

Certamente, come evidenzia in una interrogazione il consigliere provinciale Luca Zeni, ex assessore alla sanità, vista l’esposizione diretta dello Scario, o Fugatti o lo stesso Scario mentono.

Siamo in presenza di una situazione gestita in modo dilettantesco. Ma gli attori in gioco, se si esclude Fugatti, non sono i primi arrivati, sono uomini che vantano una lunga esperienza amministrativa.

Certo è che nelle valli dell’Avisio il problema della politica della salute non è il punto nascite, ma la qualità dell’offerta sanitaria sul territorio e dell’Ospedale, vecchio o nuovo che sia, le sue funzioni e il suo raccordo con i servizi del sistema provinciale.

I cittadini delle valli dell’Avisio da troppo tempo devono ricorrere alle visite private per i tempi di attesa insostenibili, o adattarsi a viaggi presso altri nosocomi provinciali.

In Provincia si scappa dall’Azienda sanitaria (vedi il direttore generale Bordon), i medici sono abbandonati a se stessi e travolti dalla burocrazia. Da Cavalese fuggono figure professionali strategiche, anche primari, e sono figure che non vengono più coperte: i servizi vengono accorpati a Trento (Anestesia, Traumatologia, Radiologia, Laboratorio analisi, Chirurgia).

Al di là dei pensionamenti anticipati (che nascondono comunque un disagio), si arriva a fatti incresciosi, come Bordon scappato in Emilia, mentre a Cavalese è Fugatti ad innescare la miccia che porta il primario di radiologia Maurizio Centonze ad andarsene a Pavia. Era stato denunciato per diffamazione da Fugatti, reo di aver postato su Facebook delle critiche al Presidente sulla gestione degli orsi. Il procedimento è stato archiviato, in quanto gli elementi acquisiti non erano idonei all’accusa, si trattava di una semplice espressione del diritto di critica.

Ritornando alle dimissioni dello Scario, il Consiglio dei regolani ha eletto un suo sostituto, Renzo Daprà, un ragioniere entrato più volte in conflitto con la passata gestione sia dell’azienda forestale che della segheria. Un ricambio di nome, ma probabilmente solo un cambiamento di facciata. Correttezza vorrebbe che quanti hanno lavorato per mesi sottobanco in periodo di lockdown, si esprimessero con chiarezza sulla vicenda Per rispetto verso i cittadini, per dovere morale.