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“Miss Marx”

Un film di Susanna Nicchiarelli. Voto: sufficiente/discreto

“Miss Marx”

Uscire di casa per entrare in una sala cinematografica con altre persone, e vedere un film indossando per tutto il tempo una mascherina che rende faticoso respirare, ha reso il pubblico un po’ più esigente. Fino a poco tempo fa valeva la pena azzardare anche visioni per pura curiosità. Ora, con il Coronavirus e i conseguenti abbonamenti alle piattaforme, le prime visioni scaricabili e interi festival on line, la disponibilità si è ridotta.

Allora il cinema oggi deve maggiormente meritarsi il suo pubblico. I film sufficienti - quelli fatti bene ma poco emozionanti, con bravi attori ma vicende insipide, quelli tutta azione adrenalinica e zero ironia, grande spettacolarità e dialoghi banali - non si giustificano più, almeno agli occhi della critica che deve essere più netta e selettiva.

Purtroppo “Miss Marx” della brava regista Susanna Nicchiarelli (di cui ricordiamo con emozione il precedente “Nico”) sta nella fascia sufficiente-discreto-più e non motiva all’impegno di vederlo. Ben girato, ben ambientato, ben recitato, ben ricostruito il periodo, blah blah blah, ma non basta.

La storia vede Eleonor, che nella seconda metà dell’Ottocento, porta avanti l’eredità del padre Karl Marx. Sempre elegante e composta, si batte per i diritti dei lavoratori, le pari opportunità il suffragio universale e contro il lavoro minorile, ma nella vita privata è succube del sentimento per il compagno Edward.

Il limite grosso del film è tutto il filtraggio attraverso la sfera personale. Una scelta narrativa purtroppo non riuscita, non avvincente.

Già arrivano poche emozioni dalle vicende di una borghesia intellettuale comunista che pontifica su ideali e principi radicali senza mai sporcarsi veramente le mani; professandosi poi libera e disinibita nelle relazioni, per finire poi in brucianti cortocircuiti sentimentali. A peggiorare il tutto, poi, il prevalere di queste canoniche relazioni private, specialmente il rapporto col partner, mentre più sottintesa (e potenzialmente più interessante) è quella col padre.

È evidente l’intenzione di sottolineare la contraddizione tra gli ideali di libertà ed emancipazione femminili e la fragilità data dal legame sentimentale, ma il tema, insistito e senza approfondimento, alla fine annoia. Il film ci dice quanto questa donna deve aver sofferto per amore, ma ci fa solo supporre le motivazioni di certa sottomissione, penalizzando così anche l’importanza e la grandezza della figura politica.

Belli i brani rock, inseriti a partire dai titoli di testa, e funzionali a certi passaggi emotivi forti. Peccato che poi anche questi disordini sonori risultino in parte pretestuosi e già un po’ di maniera. Così come certi recitati diretti in camera, con testi didascalici che sembrano estrapolati da brani di opere della protagonista.

L’impressione però è che siano espedienti per tentare di uscire dal biopic classico per inventare forme altre, un po’ sbilenche. Purtroppo l’effetto dura poco e si risprofonda presto nei bei vestiti d’epoca, negli interni illuminati a luce naturale di candela, nelle dinamiche tra una donna mentalmente moderna e sentimentalmente manipolata da un uomo che, per intendersi, non la sposerà, non le darà un figlio, la tradirà, la indebiterà, la allontanerà dalla famiglia, la abbandonerà, tornerà per farsi curare, la farà vergognare davanti a parenti e amici con la richiesta di prestiti… Insomma il pensiero era decisamente moderno, tutto il resto no.

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