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Il Simonino conteso

Non è facile cancellare una volta per tutte la tragica favola dell'omicidio rituale.

Francesco Oradini (XVIII sec.), Martirio del Beato Simonino. Trento, Palazzo Salvadori.

La vicenda del Simonino è ben nota, rievocata, oltre tutto, da una bella mostra, aperta fino al 15 settembre al Museo Diocesano (“L’invenzione del colpevole. Il ‘caso’ di Simonino da Trento, dalla propaganda alla storia”. Vedi la recensione di Ezio Chini su QT di marzo).

La tragica favola dell’omicidio rituale fu ufficialmente smentita grazie agli studi e all’impegno di monsignor Iginio Rogger, che in un’intervista su Questotrentino ricordava: «Mi sento di lodare senza limiti la ragionevolezza dei Trentini in questa vicenda. C’erano molti affezionati a questo piccolo santo. Ma quando portammo i nostri ragionamenti scientifici, presentati nei termini opportuni, potemmo arrivare, nel 1985, a ricompilare il formulario dei santi trentini escludendo il Simonino; e senza suscitare alcuna reazione. È indice della capacità della nostra comunità di rivedere le proprie opinioni, se si portano argomenti seri. Ricordo che invece, a Innsbruck, la rimozione da parte del vescovo Stecher di un culto analogo di un bambino, tale Andreino da Rinn della cui morte erano stati incolpati gli ebrei, incontrò un’opposizione durissima, nella popolazione e nel clero».

L’episodio era così ricondotto alla sua dimensione laica, tanto da indurre uno studioso di storia locale, Aldo Bertoluzza, ad avanzare una singolare proposta: «“Vorrei che il Simonino fosse vestito con un drappo colorato, che so, un mantello giallo-blu... Potrebbe simboleggiare la pacificazione fra cristiani ed ebrei, dar vita ad un’effigie-simbolo come quella che si vede a Bruxelles che raffigura un bambino che fa la pipì”, il cosiddetto Manneken Pis. E magari – proponiamo noi, visti i colori con cui progetta di rivestirlo -, perché non farlo diventare la mascotte del Calcio Trento?».

Ma in realtà il fuoco integralista covava sotto la cenere: nel novembre 1996 tale don Francesco Ricossa guidò «un manipolo di 30 attivisti di un’associazione tradizionalista ferrarese distribuendo davanti alle chiese del centro di Trento un volantino, intitolato “Ridateci San Simonino!”, che deplorava ‘“il dilagante ecumenismo che alimenta dubbi nei fedeli e semina contraddizione”, chiedeva il ripristino del culto, e la ricollocazione in luogo degno del cadaverino, trasferito dalla chiesa di S. Pietro in luogo ignoto.

Il ragionamento dei protestatari era il seguente: avendo degradato il Simonino, ‘“la Chiesa ammette di aver preso in giro i fedeli per secoli. E poi dov’è finita l’infallibilità della Chiesa, che nel caso di cause di beatificazione è materia in causa?”. Un’argomentazione stupefacente per un sacerdote con i titoli di don Ricossa (è superiore dell’Istituto Mater Boni Consilii di Verruca Savoia e direttore della rivista Sodalitium), che dunque non dovrebbe ignorare la storia, spesso disinvolta e perfino divertente, delle canonizzazioni in epoche remote».

Don Silvio Franch non si meravigliò di questo revival: «Ci sono fanatici e pazzi in tutte le religioni; e se è stato possibile insinuare dei dubbi sulla realtà dell’Olocausto a dispetto di infinite testimonianze scritte, orali e visive, figurarsi se non c’era qualcuno desideroso di rimettere in auge una lontana leggenda – quella degli ebrei bevitori di sangue – che aveva imperversato per secoli prima di essere demolita dalla ricerca storica».

L’integralismo cattolico antisemita ha anche i suoi illustratori: Giovanni Gasparro, Martirio di San Simonino da Trento per omicidio rituale ebraico (2019).

Passano altri 10 anni e stavolta a ripescare san Simonino è un consigliere comunale di Trento, Antonio Coradello (Alleanza Nazionale), che definendo Mons. Rogger, «profeta indiscusso del cattocomunismo trentino», lo accusa di «“avere revisionato un processo penale dopo cinque secoli facendo sparire il corpo della vittima studiando il quale, con le tecniche di oggi, si sarebbe potuto capire molto di più”. Monsignore comunista e revisionista, dunque, che cerca di nascondere la verità: effettivamente il piccolo Simone è stato ucciso dagli Ebrei per un sacrificio rituale, e questo fatto si poteva provare con la ricognizione dei resti (o delle reliquie, visto che si tratta di un santo).

Sorvolando su qualche possibile venatura di antisemitismo, per il consigliere Coradello l’abolizione del culto al Simonino è una tappa dell’opera di scristianizzazione del Trentino capitanata dai cattocomunisti Rogger, Clauser e Zanotelli. Ulteriori segni di quest’opera malefica si intravedono nei tentativi di ‘massacrare ulteriormente la liturgia cattolica’ sostituendo l’ostia eucaristica con una “forma di spaccatina, piuttosto che di rosetta o di fetta biscottata” e imponendo il battesimo nello stile dei testimoni di Geova. Questi, sempre secondo Coradello, sono gli esiti distruttivi del Concilio Vaticano II, anch’esso probabilmente frutto di un’alleanza diabolica tra la falce, il martello, il compasso e il grembiulino, “con i quali la croce non ha mai avuto nulla a che spartire”. Sì, perché oltre che comunista, il povero monsignor Rogger avrebbe fatto a tempo ad essere anche massone. Ma il consigliere di AN mette nel suo tritacarne anche Vladimir Luxuria e Nichi Vendola, i Pacs, le tasse, le cooperative rosse, la CGIL e l’eutanasia: tutte cose sovrapponibili ovviamente, come i cinesi che bollono i bambini o gli ebrei che uccidono infanti cristiani per spillarne il sangue».

E non è finita: «Passano pochi mesi, ma sono quelli del pontificato di Benedetto XVI, con l’annunciata rinascita della messa in latino e più in generale della sua evidente tolleranza nei contronti dei cattolici rétro, ed ecco rispuntare don Francesco Ricossa e i suoi, “una banda di lefebvriani che a quanto pare ha un certo spazio in seno a Papa Ratzinger, a montare di nuovo la panna sulla questione”, come si esprime coloritamente Iginio Rogger. Il Ricossa, nel frattempo, ha creato un Comitato San Simonino, che vuole ristabilire il culto e riavere le reliquie; e annuncia la presentazione in una sala di Trento di ‘Pasque di sangue’, un libro revisionista particolarmente succulento non solo perché tenta di ridare dignità storica alla leggenda degli omicidi rituali, ma anche perché scritto da un ebreo».

«“Non sarò certo io a dire dov’è il corpicino”– ribatte Rogger alle richieste dei cattolici cimiteriali; e anche il vescovo Bressan appare infastidito: “Ripristinare il culto del Simonino? Non se ne parla assolutamente”».

Da allora, altri 13 anni sono trascorsi, ma niente è cambiato, anzi. Il Comitato San Simonino, almeno in questo aggiornatosi ai tempi moderni, ha creato il suo bravo sito Internet (https://sansimoninotrento.wordpress.com/) che annunciava, per il 3 aprile scorso, una conferenza del solito don Ricossa che si sarebbe dovuta tenere a Trento presso la Sala Riunioni Verruca, con un titolo - “L’occultamento dell’innocente” - che polemicamente rifà il verso al titolo della citata mostra al Museo Diocesano. Appuntamento rimandato, per l’emergenza sanitaria, a data ancora da definire.

Il sito si apre con la seguente preghiera al piccolo martire, reinventato – sembrerebbe - in funzione anti-Covid: «Dio restauratore dell’innocenza, per il nome del quale (?, n.d.r.) il beato innocente Simone è stato ucciso con una morte durissima dai perfidi giudei; fa sì che noi, immuni dai contagi di questa vita, possiamo pervenire alla patria celeste».

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Le citazioni sono tratte da articoli di Piergiorgio Cattani, Carlo Dogheria, Ettore Paris.