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QT n. 2, febbraio 2020 Monitor: Cinema

“Tolo Tolo”

Un nuovo Alberto Sordi, un film di Checco Zalone

“Tolo Tolo”

Alberto Sordi è stato un grande osservatore dei comportamenti e dei difetti degli italiani della sua epoca. Riproducendoli e reinventandoli ha costruito dei personaggi, delle maschere che rispediva al pubblico dallo schermo delle sale cinematografiche, costringendolo a rispecchiarsi, a vedersi. Certo, massimizzava, ed era necessario superare una sorta di feroce imbarazzo, di vergogna per riuscire ad accettarlo, affiancarsi a quegli italiani difettosi e riderne. Perché era un ridere di noi stessi, con una comicità strana, amara, divisiva. Si amava o si odiava. Non era un comico classico, per cui si rideva immedesimandosi come con Charlot, non era una caricatura come Peppino De Filippo, non era un guitto surreale come Totò. Non si prendevano le parti dei personaggi di Sordi, non si compativano; al contrario, erano sempre antipatici, odiosi, insopportabili negli infiniti difetti: inetti, pavidi, ignoranti, vigliacchi, superficiali, arroganti, profittatori, falsi moralisti, leccapiedi catto-maschilisti, ed erano sempre in torto. Ma era proprio lì la sua tragica comicità, in quelle miserie umane, nel tirare fuori il peggio con ferocia. Ci ha svergognato, ci ha fatto vergognare di noi sessi. Ci ha rappresentati concentrando in sé la nostra negatività, i limiti, le abiezioni; e la sua crudeltà ha fatto di lui uno specchio di rivelazione lucido e cattivo.

Oggi la cattiveria non va più di moda (odiatori e rabbiosi per procura sono altra cosa), chi ci scopre e ci rivela viene detestato. Si ha solo voglia di commedie che ci cantano come belli, buoni, al massimo un po’ sfigati.

Ma poi ecco “Tolo Tolo”, di e con Checco Zalone, che parla degli italiani e della loro idiozia oggi. L’attore/regista/musicista pugliese, come Alberto Sordi in passato, prova a prendersi la responsabilità di mostrarci il nostro lato peggiore: i difetti, gli stupidi miti, le frasi fatte, la retorica più banale, l’ignoranza intellettuale e morale che si autogiustifica. E non ne fa una parodia con personaggi da farsa alla Boldi/DeSica, ma va a metterci alla berlina senza scusanti, senza auto-assoluzioni, senza compiacimenti, senza ammiccamenti.

Aspirante imprenditore, Checco in “Tolo Tolo” è un fallito, un evasore fiscale fuggito in Africa dalla quale poi è costretto a tornare come migrante. Sognatore ottuso, superficiale modaiolo senza un minimo di gusto, Checco è un rintronato di luoghi comuni, frasi fatte, idealismo stereotipato da talk show pomeridiani. Questo miserabile background ignorante è la base dell’egocentrismo e della sicurezza esistenziale del classico italiano che non capisce, non vuole capire, non vede, non si accorge di niente, travisa tutto quello che incrocia, ma al contrario è convinto di essere migliore e al di sopra degli altri, in virtù di doti etnico/nazionali intrinseche. Conseguentemente è razzista con antiche radici, mai sepolte, fasciste.

Certo, ha anche sentimenti e comportamenti affettuosi, con gustose uscite politicamente scorrette (vedi la presa in giro di Nichi Vendola), diversamente non sarebbe così credibile e spiazzante. Il film poi non è solo il personaggio, ma una miriade di situazioni, spunti, canzoni, invenzioni, battute e risvolti che per certi aspetti lo rendono meno compiuto narrativamente di altri precedenti. In modo disinvolto e in parte frammentario, le vicende, tra Italia e Africa, trattano dell’immigrazione, ma siamo anni luce da tutte le pellicole e i documentari finora visti sul tema. Qui non c’è esplicita denuncia, vittimismo o pietismo. E quando si profila il dramma le situazioni vengono risolte con la fantasia, il sogno, l’ironia e trovate surreali come il naufragio che si trasforma in musical o il finale in cartone animato cantato.

Ed è proprio nel finale che emerge il riferimento/tributo al Sordi di “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?” di Ettore Scola. Checco Zalone, che in tenuta da esploratore si lancia nella classica corsetta sordiana, è il giusto omaggio a un film al quale “Tolo Tolo” deve molto.

Sono convinto che gli incassi milionari siano dovuti più al credito assodato di Zalone che al vero apprezzamento e comprensione del pubblico per un film così diverso e poco rassicurante. Non a caso non ha bissato gli incassi del precedente “Quo vado”. Forse sono piaciute meno le disavventure di un cretino italiano senza appello. Un buon segno?

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