Andreas Hofer sì o no?
Una piazza di Trento intitolata al patriota tirolese… Si può fare
La recente intitolazione della piazza di Piedicastello ad “Andreas Hofer patriota tirolese” ha puntualmente suscitato polemiche. In un intervento pubblicato sull’Adige del 22 dicembre il signor Edoardo Croni rifiuta il suo consenso, in quanto Hofer “si è battuto per ostacolare l’affermazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, si è schierato contro l’illuminismo, ha promosso una rivolta dei valori conservatori medievali”.
Mentre chiedo scusa per la mia sintesi, osservo che attribuire ad Andreas Hofer, oste della Val Passiria, una così definita carica ideologica non gli rende in fin dei conti giustizia. La rivolta delle popolazioni contadine tirolesi e anche delle valli trentine aveva molte – e dal loro punto di vista – fondate ragioni.
Per quanto ne so (non sono uno storico), l’occupazione francese ebbe molti caratteri di brutalità e di saccheggio, calpestando i valori riconosciuti del territorio. Mi è arrivata l’eco – per dirne una – di fucilazioni di massa, per esempio a Tione e Lavis. La coscrizione obbligatoria, introdotta dai nuovi padroni, significava spedire i giovani a farsi massacrare nelle continue guerre promosse dall’infaticabile Napoleone Bonaparte. Se penso a quel periodo, più che la dichiarazione dei diritti dell’uomo – certo, una pietra miliare per tutti noi – mi vengono in mente i “Disastri della guerra”, così efficacemente illustrati da Goya. Insomma, qualche buon motivo Andreas Hofer l’aveva.
Non ho al riguarda alcuna intenzione agiografica. Ritengo però che cancellare sistematicamente il ricordo dei contatti plurisecolari del Trentino con i vicini sudtirolesi, il denigrarne sistematicamente l’immagine come è stato fatto non solo nel nefasto periodo fascista, ma già nel tardo Ottocento e in parte anche nel dopoguerra, non giovi alla nostra comunità. Apprezzo un Trentino italiano, meno un trentino italianissimo. Penso quindi che per Andreas Hofer, come già si è fatto per Michail Gaysmair, un posto nella toponomastica di Trento si possa trovare.
Quale conseguenza del nazionalismo, amorosamente coltivato tanto a nord quanto a sud di Salorno, tra la comunità trentina e sudtirolese resta un muro di diffidenza e di reciproca incomprensione. L’istituto regionale, che la Volkspartei non per caso ostinatamente sabota, avrebbe dovuto suggerire un rimedio. Ma il risultato non corrisponde alle speranze.
Nei giorni scorsi l’assessore provinciale all’Istruzione Mirko Bisesti ha giustamente sottolineato l’esigenza di promuovere maggiormente lo studio della lingua tedesca. In realtà, ho l’impressione che oggi a Trento il tedesco sia poco amato e poco conosciuto. Le ragioni di questo stato di cose possono essere molte. Resta il fatto che questa situazione è paradossale, visto che il tedesco comincia ad essere parlato a soli 30 chilometri dalla nostra città.
Non si tratta solo di incrementare le ore d’insegnamento nelle nostre scuole.
Occorre migliorare nei giovani la conoscenza e la familiarità con la storia, il paesaggio, il patrimonio artistico dei nostri vicini. Quanti trentini, giovani o meno giovani, conoscono la figura di Peter Anich e il suo “Atlas Tyrolensis”? Quanti hanno sentito nominare Josef Weingartner?
Si parla tanto di Euregio, di rinnovati rapporti con i vicini del nord. Senza una migliore conoscenza della lingua tedesca da parte dei Trentini, questo mi sembra un pio desiderio. Anche l’istituto regionale, sistematicamente trascurato, resta per noi importante, per una migliore integrazione con la vicina Bolzano, che rimane italiana e tedesca. Da pensionato già insegnate di tedesco porgo quindi un augurio di buon lavoro ai colleghi oggi attivi.