Lo sfratto del Centro sociale Bruno
Rigenerato un patrimonio urbano inutilizzato, uno dei pochi luoghi di cultura ed aggregazione giovanile in provincia
Ci sono varie ottime ragioni perché il Centro sociale Bruno possa continuare a svolgere le proprie attività e non solo per l’importanza di non perdere una voce della vita democratica.
Da quando si è diffusa la notizia dello sfratto, imposto da Patrimonio del Trentino, cioè dalla Provincia, a partire dall’8 giugno scorso, diverse voci si sono levate in questo senso. Una lettera aperta firmata da Quinto Antonelli e, insieme a lui, da Marcello Farina, Fabrizio Rasera, Vincenzo Passerini, Maria Rosa Mura e altre figure di riferimento della cultura e dell’impegno sociale in Trentino, spiega con lucidità e pacatezza, anche a chi si trova su altre posizioni politiche, quelle buone ragioni, raccogliendo molte altre adesioni (si veda: Lettera a sostegno del centro sociale Bruno.
La prima ragione è che si tratta “di uno dei pochi luoghi di cultura e di aggregazione giovanile in Provincia”, un presidio contro la marginalità che, nella ricca galassia dell’associazionismo, si è inserito con un suo specifico profilo, diventando “luogo di riferimento per quei giovani che faticano a trovare nei partiti di sinistra e forse anche nella forma-partito, uno spazio (una casa) per il loro impegno politico e per la loro tensione internazionalista”.
Qui la lettera si rivolge esplicitamente alla attuale maggioranza politica in Provincia, affinché consideri che “la vita democratica prevede una moltiplicazione delle testimonianze (e delle militanze) politiche e ideologiche, una disseminazione di luoghi di socializzazione, mai, in nessun caso, una sottrazione”.
La lettera pone anche l’accento sul recupero dello spazio abbandonato, come “esempio virtuoso di come si possa rigenerare il patrimonio urbano inutilizzato”. Occorre qui ricordare, aggiungiamo, che il tanto chiacchierato piano di riqualificazione dell’area ex Italcementi, a Piedicastello è precipitato, da almeno un anno, nel limbo, e non esiste quindi alcuna urgenza di liberare il vecchio stabile, per di più risanato.
Anche un altro versante delle attività del “Bruno” va sottolineato: è il forte impegno per l’accoglienza e l’inserimento degli immigrati, con corsi di italiano, assistenza legale, alloggio. In tutto ciò, così come nell’iniziativa culturale (musica, cinema, dibattito) il Centro ha dimostrato da tempo una non comune capacità di mettere in relazione molti e diversi soggetti – sia singoli che associazioni, sia trentini che di altre regioni - attivi nella cultura e nel sociale, come si è visto plasticamente nella partecipazione all’assemblea del 10 aprile scorso. Pensiamo tra l’altro, ma non solo, a un organismo trasversale come l’Assemblea antirazzista e ai suoi gruppi di intervento concreto.
Per parte sua, anche il Consiglio Circoscrizionale è intervenuto di recente, approvando una proposta del consigliere Zappini di Altra Trento, affinché il Comune non si chiami fuori dalla vicenda della sede del Centro, ma si adoperi per individuare una soluzione alternativa, che serva al Bruno, come alle altre realtà associative che trovano presso di esso ospitalità.
Pensiamo che un soggetto sociale”moltiplicatore” di questo tipo debba, a maggior ragione, diventare per l’ente pubblico interlocutore prezioso anche per la riprogettazione di quel quartiere, che non può ridursi a questione di mere funzioni architettoniche decise da soggetti istituzionali, né avere un orizzonte solo locale.