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“Border - Creature di confine”

Un film decisamente “diverso” di Ali Abbasi

“Border - Creature di confine”

Se in Italia arriva una coproduzione svedese/danese e riesce a trovare un piccolo spazio nelle sale tra megaproduzioni Usa, commediole italiane e cartoon di varia provenienza, qualche qualità la deve per forza avere. Insomma, dovrebbe suscitare curiosità e magari si finisce per scoprire un film interessante, o perlomeno diverso.

Teniamo conto proprio di quest’ultima parola, anche perché mi sembra in tema, visto che sto scrivendo la sera di sabato 30 marzo, giorno in cui ho partecipato alla contro-manifestazione di Verona al Congresso mondiale delle famiglie, dove per famiglia si intende quella naturale, o meglio convenzionale: genitori etero e figli, così come è malintesa da certi supposti fedeli cattolici. Ma scusate: se manco Gesù era parte di una famiglia “naturale”…

Insomma, diverso, biodiversità, il diritto all’esistenza del diverso, la ricerca di identità non omologate e la violenza che genera la violenza nella loro negazione, di questo tratta “Border – Creature di confine”.

E per farlo il regista si sente libero di muoversi mescolando thriller, fantasy, una punta di horror e perfino romanticismo, con esplicite scene di sesso.

Ne esce una metafora che incolla alla sedia grazie alla capacità di sorprendere per l’imprevedibilità del suo svolgersi. Ma al di là del pur fondamentale contenuto, il film impressiona e destabilizza nell’anticonvenzionalità visiva, che spiazza con lo sviluppo delle vicende e permette di far accettare allo spettatore anche sequenze ed elementi che potrebbero, in altri contesti, risultare semplicemente disgustosi o ridicoli. Mentre meravigliano una serie di colpi di scena che non si riesce mai a immaginare dove possano portare.

Tina assomiglia ad un’orchessa, ma è un’agente che lavora alla dogana di un porto. Il suo prodigioso olfatto le consente di smascherare contrabbandieri e criminali fiutandone il senso di colpa, la paura e la vergogna. Per questo vengono richiesti i suoi servizi anche in un caso di pedofilia. Un giorno passa alla dogana Vore, altra creatura deforme simile a lei, che la inquieta e la attrae inspiegabilmente. Scoppia un sentimento che porterà a delle rivelazioni dagli sviluppi sentimentali liberatori ma anche contrastanti e contraddittori.

Come già nel bellissimo “Affari di famiglia”, film giapponese premiato a Cannes e distribuito in Italia questo inverno, molte cose non sono per niente quelle che sembrano: le persone, i protagonisti in sostanza. Ma mentre nel film giapponese facevano intendere solo nel finale e sottilmente di essere altre da ciò che apparivano, qui addirittura a metà del film risultano essere altro e in forma decisamente più esplicita. Ma molto di più non si può dire per non rovinare la visione del film.

Come al solito, i solerti titolisti italiani al semplice titolo originale “Confini”, hanno dovuto mettere la didascalia, “creature di confine”, come se i nostri connazionali avessero necessità di essere sollecitati, o avvertiti, alla lettura metaforica di questo film immaginifico e pure un po’ inquietante.

Finalmente ecco qualcosa di non prevedibile e acutamente sorprendente, insomma diverso.

P.S. In effetti il film ha vinto il premio per la migliore regia nella sezione “Un certain regard” del festival di Cannes, ed è stato candidato all’Oscar come miglior film straniero.

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