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L’urne dei forti

La morte di un personaggio pubblico ha il potere di unire le persone

In Paradiso, se ci andremo, saremo immortali. Qui sulla Terra intanto ci tocca crepare. Un fatto vieppiù spiacevole per chi resta se riguarda persone che nella vita gli sono state vicine. Quando però ad andarsene è un personaggio pubblico il fenomeno induce un supplemento di riflessioni. La sua “vicinanza” è a senso unico: lui è vicino a noi, ma non è dato il contrario. Entra nelle nostre vite attraverso il mezzo e noi ce lo sentiamo amico... Ma non c’è interazione come in una normale amicizia, c’è solo il nostro subire passivamente il suo carisma. Si tratta di un rapporto sbilanciato: noi sappiamo che lui esiste come individuo, lui che noi esistiamo come massa di individui. La differenza è notevole: le persone con cui ci confrontiamo quotidianamente vivono “con noi”, il personaggio pubblico recita “per noi”. Lo fa parlando, cantando, ballando, calciando... Lui è la stella, noi quelli che stanno a guardare.

Negli ultimi anni si è assistito alla dipartita di star mediatiche con celebrazioni una volta riservate al Papa o a capi di stato particolarmente ingombranti. Ricordo che nel 2016 gli occhi dei media internazionali su David Bowie sono rimasti umidi per qualche mese. Recentemente in Italia le notizie riguardanti la scomparsa di un calciatore e di un presentatore televisivo hanno letteralmente inondato per settimane pagine, suoni, frame e bit della nostrana informazione.

Azzardo qualche spiegazione. Anzitutto gioca l’efficacia dell’odierno sistema di comunicazione, che riesce a coinvolgerci affettivamente con soggetti che sono uomini e donne là dove realmente vivono, ma che entrano nella nostra sfera di sentimenti solo in quanto entità spettacolari. Poi non va sottovalutato il ruolo della stampa (nelle sue proteiformi declinazioni), di cui una cospicua parte del prodotto è costituita da santificazioni e necrologi, con conseguente esposizione di brandelli di curiosità e pruderie, strappati alla privacy delle star del sublime firmamento che ammiriamo. Ma c’è un altro aspetto interessante. La morte di un personaggio pubblico ha il potere di unire le persone, affratellandole in un colossale movimento di gusti e sentimenti affini. Questo fenomeno si chiama “moda”, nel presente caso particolarmente gratificante in quanto la gravità del lutto che la sottende in un certo senso la nobilita moralmente, togliendole quella frivolezza a cui spesso viene associata. Si esorcizza così la morte tuffandosi in un mare autorevole di consolazione globale.