E dopo il voto che succede?
Una sciagurata legge elettorale e la penosa situazione dei partiti (con qualche rarissima eccezione) lasciano poco spazio all'ottimismo
Dal “Porcellum” siamo passati al “Rosatellum”, ma sempre di porcata si tratta, forse cambia soltanto il colore. Il Rosatellum è un porcellino rosa molto simile alla creatura generata dal non compianto Roberto Calderoli. Probabilmente anche questa legge elettorale sarà dichiarata incostituzionale, ma ormai i buoi saranno scappati, cioè il Parlamento sarà eletto con questo strano sistema, voluto esclusivamente affinché nessuno (quindi tutti) possa vincere.
Tutte le rilevazioni sono univoche: sarà molto difficile che dopo il voto si formi una maggioranza omogenea (pensiamo solo a quale possa essere l’omogeneità tra Salvini e Berlusconi…). Se guardassimo ai programmi concreti poi – ma in Italia questi proclami dei partiti contano poco o nulla – il Parlamento sarebbe ingovernabile a prescindere dall’esito elettorale. Siamo abituati però al fatto che tutto si può in qualche modo aggiustare.
Quindi aspettiamoci il festival delle trattative più o meno torbide. Qualcuno già scommette su un nuovo “commissariamento” da parte dell’Europa, con la nascita di un governo tecnico, magari a guida Mario Draghi. La situazione economica è migliore rispetto al 2011 quando arrivò a Palazzo Chigi Mario Monti, ma forse lo scenario politico è ancora più inquietante. L’Europa non può permettersi che l’Italia finisca nel caos. I più complottisti dicono che i “burocrati” di Bruxelles spingono la gente a non andare a votare per comandare loro. In realtà, come spesso è accaduto, l’Italia andrà avanti con o senza un governo forte. L’Unione Europea attutisce i danni che un assetto istituzione fragile e una classe politica inadeguata possono creare. Il guaio è che anche la prospettiva europea sta declinando: il punto di rottura, il momento decisivo si sta avvicinando. Come arriverà l’Italia a questo momento?
In un tale quadro sembra proprio che i nostri politici facciano di tutto per allontanare i cittadini dalle urne. Non è un atteggiamento disfattista o brontolone quello dei giornalisti che descrivono senza remore la realtà: uno scenario avvilente e deprimente. La formazione delle liste elettorali segnala l’assoluta emergenza democratica presente in Italia. Ci scandalizzavamo del “partito azienda” Forza Italia in cui decideva soltanto Berlusconi.
Oggi ci ritroviamo un PD che chiude le liste alle quattro di notte collocando a loro insaputa candidati qua e là. Abbiamo capito bene: non ad insaputa dei cittadini (ormai considerati veramente nulla), ma proprio di chi dovrebbe presentarsi nei collegi! Una vergogna incancellabile. Infatti una persona onesta come l’onorevole Cuperlo, per dignità, ha rinunciato alla candidatura dopo che era stato paracadutato nel collegio sicuro di Sassuolo.
Che dire poi del Movimento 5 Stelle che vantava di essere dalla parte della gente? Le “parlamentarie” sono state una pagliacciata, non tanto per i disguidi tecnici o per la mancanza di trasparenza, ma perché alla fine hanno deciso tutto Di Maio e accoliti, depennando e inserendo nomi secondo la loro insindacabile scelta.
La totale assenza di democrazia interna ai partiti si riversa sulle istituzioni con esiti imprevedibili. Renzi ha già fatto un accordo con Berlusconi, questo è chiarissimo (basta leggere la benedizione di Fedele Confalonieri e l’anatema di Carlo De Benedetti). Ma in Parlamento ci saranno i numeri per una nuova coalizione PD-Forza Italia più qualche parlamentare raccattato? Difficile da pronosticare. Intanto Renzi riempie le liste di fedelissimi. Non si sa mai. Sia detto per inciso: Renzi stesso è un’emergenza democratica. L’ex tesoriere dei DS Ugo Sposetti l’ha definito “un delinquente seriale”. Non aggiungiamo altro.
Agitare lo spauracchio di una maggioranza Frankenstein cioè 5 Stelle più Lega più Fratelli d’Italia potrebbe essere sicuramente utile per spaventare qualcuno, ma non per modificare un risultato già scritto. In Germania rinascerà la grande coalizione (che alla fine avrà governato dodici anni su sedici del cancellierato Merkel). In Italia questo si chiama ammucchiata. Ma ci salveremo lo stesso. Non si sa però fino quando.
Le alternative a questo scenario semplicemente non ci sono. Soltanto una, evocata da D’Alema: un governo con Gentiloni o con chiunque altro che cambi la legge elettorale per portare a nuove elezioni. Napolitano sembra avvalorare questa idea. Sappiamo però che in Italia non c’è niente di più definitivo del provvisorio. Insomma, un governicchio si farà con l’aggiunta di qualche denominazione fantasmatica prodotta dall’inesauribile fantasia italica: esecutivo tecnico, di unità nazionale, del Presidente, di decantazione, di scopo, “per fare poche cose”, balneare…
Le rare eccezioni
Nessuno si salva allora? Se guardiamo al quadro generale le eccezioni sono rarissime. Per votare bisogna puntare al meno peggio. Questo non significa “voto utile”, categoria a mio avviso fuorviante. Occorre domandarsi: chi in futuro, non ora, potrebbe costruire qualcosa di meglio? I temi politici veri sono trattati nell’articolo precedente. Bisognerebbe guardare a quelli prima di recarsi alle urne. Spegnere la televisione e dimenticarsi della campagna elettorale. L’astensione tuttavia non è un rimedio. Anzi, è un “lasciar fare” ulteriore.
In queste elezioni è necessario uno sforzo in più, distaccandosi dal presente per premiare chi (forse) sarà in grado di non affondare nella palude. Per un voto consapevole è necessario guardare in faccia la realtà. Un governo si dovrà fare, ma cambierà molto poco se la coalizione renziana prenderà il 25% o il 28%. Resta “Liberi e uguali”, che avrà una grandissima responsabilità nel dopo elezioni; immaginare un’alternativa di sinistra minoritaria e testimoniale sarebbe un errore esiziale. Questo è il pericolo per il partito di Grasso e Boldrini. Come quello di strizzare l’occhio al M5S.
Se il PD saprà liberarsi di Renzi invece può cominciare una nuova pagina sia con le varie anime interne, sia con “Liberi e Uguali”. Altrimenti, se la sinistra fuori dal PD si chiuderà in se stessa, la sua marginalità durerà per anni. Resterebbe solo la tentazione di inseguire il centro.
Personalmente – ma questa è solo un’opinione di chi scrive – la lista “più Europa” rappresenta il programma più credibile, soprattutto su due punti chiave: l’immigrazione e appunto l’Europa. Benché eccessivamente liberista in economia e abbastanza elitaria come candidature, la lista presenta le uniche proposte realistiche in campo della gestione del fenomeno dei migranti: corridoi umanitari, flussi regolari, abolizione della Bossi-Fini. Tutti provvedimenti promessi dal PD e mai attuati.
Il resto del panorama politico è inguardabile.
La destra berlusconiana ha dato – anche se in molti non lo ricordano - pessima prova di sé negli anni al governo, quando ha portato l’Italia sull’orlo del commissariamento; né, eclissatosi Berlusconi, ha saputo proporsi in nuove modalità. La Lega, emarginata l’ala maroniana, ha sì ripudiato la secessione, ma per abbracciare, assieme ai neofascisti, il “sovranismo”, solleticando o apertamente appoggiando l’intolleranza xenofoba, che è la sua vera riserva di voti. I 5 Stelle con Di Maio sembrano normalizzati e hanno dimostrato ancora più chiaramente l’ambiguità su questioni base come l’euro, o specifiche, per le quali strizza l’occhio all’elettorato allo scopo di rastrellare voti purchessia, come con l’indulgenza verso l’abusivismo edilizio o l’evasione fiscale o il movimento no-vax.