Una biblioteca sbagliata
Dall’inaugurazione della Biblioteca Universitaria Centrale (BUC) dello scorso 19 novembre, da cui noi studenti del Collettivo Universitario Refresh siamo stati trattenuti fuori dalle Forze dell’ordine, i danni allo studio che tutta questa faccenda ha causato non si sono fermati. La chiusura di aule studio e la difficoltà nel reperire i testi a ridosso della sessione invernale sono disagi di poco conto per l’Ateneo, che mira solo a rendere efficiente e lucido il suo nuovo gioiello, dimenticandosi di coloro che ne dovrebbero essere i primi fruitori. Come se non bastasse il mese di chiusura dall’inaugurazione, anche la locazione della BUC è uno sputo in faccia agli studenti che frequentano le sedi cittadine di Lettere, Sociologia, Economia e Giurisprudenza, per non parlare di chi studia sulle colline di Povo e Mesiano. Inaccettabile infatti è questo tentativo di riparare al fallimento del quartiere delle Albere che si presenta desolato, economicamente inaccessibile per gli studenti e per metà ancora invenduto, con il forzato obbligo a frequentarlo per poter richiedere un manuale in prestito. Sfruttare la componente universitaria per riparare ai fallimenti è meschino, quando contestualmente vengono tagliate 1200 borse di studio con il passaggio da ICEF a ISEE e ancora la soglia di accesso è sotto i 23mila euro.
Risulta sempre più evidente quindi come l’Università e la Provincia non abbiano nessun problema a investire e speculare sborsando milioni di euro in opere inutili e figlie di strategie economico-politiche che fanno comodo ai grossi investitori, mentre non riescono a rispondere alle esigenze di migliaia di studenti che si ritrovano a dover subire le conseguenza di logiche calate dall’alto, in nome di un’università di prestigio. Non ci dimentichiamo di nulla: il pasto, la laurea ad honorem a Marchionne, i tagli alle borse di studio, i banchetti dentro le facoltà inaccessibili a chi le frequenta, i costi dell’università - tra i più alti in Europa - aggiunti a quelli della vita tridentina, i 200 milioni che la Provincia deve all’Ateneo, le indegne dichiarazioni di Collini e dell’assessora Ferrari.
Questa è la faccia che l’Università mostra ai suoi studenti, questo è il prezzo che chi vorrebbe laurearsi deve pagare. Tutta questa lucentezza è valsa la pena per una biblioteca che poi così “centrale” non è? Il diritto allo studio è stato preservato o è stato calpestato con quest’opera vergognosamente bella ma lontana dalle necessità reali degli studenti? Noi non ci fermeremo davanti all’apertura di questo spazio voluto da altri ma pagato da noi e che viene spacciato per nostro per i prossimi 30 anni. Continueremo a rivendicare i nostri momenti di partecipazione e di intervento soprattutto dentro quegli spazi, come la nuova BUC, che sono stati costruiti e finanziati con soldi che, in teoria, sarebbero destinati alla nostra formazione, alla nostra crescita e al nostro futuro.