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Referendum: perché sì

Antonio Raspadori

Oggi ci sono 950 parlamentari (630 deputati, 315 senatori, più i 5 a vita), tutti lautamente strapagati con indennità, diaria e benefici vari. Non voglio fare dell’antipolitica, può essere anche che il numero sia giusto così. Con la riforma i 315 senatori sarebbero sostituiti da 100 scelti tra sindaci e consiglieri regionali già eletti.

Renzi e la Boschi, ponendo la fiducia (e quindi il rischio che cadendo il governo venissero sciolte le camere), hanno spronato i parlamentari a votare una riforma che ne riduca il numero e ponga fine al bicameralismo perfetto. Sono stati criticati per questa iniziativa del governo, ma secondo me è un merito. Difficilmente il ceto politico vota contro le proprie opportunità di carriera. Ovvio ci sono i pro e i contro: con meno parlamentari i partiti, in particolare quelli più piccoli, avranno meno rappresentanti. Perciò ora quasi tutti (dal centro destra, ai 5 stelle e buona parte del PD) sperano che la riforma venga bocciata dal popolo con il no al referendum, e per questo cercano

di metterne in luce i difetti. Che sicuramente ci sono. La riforma poteva essere migliore, alla fine è

il risultato di tanti compromessi ed in questo modo è stata l’unica soluzione praticabile. Nonostante ciò è un’occasione per superare il bicameralismo perfetto e rendere più moderne le istituzioni.

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