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Come si difende il territorio

Francesco Borzaga

L’assessore provinciale all’Urbanistica Carlo Daldoss ha proposto alla Giunta l’istituzione di un forum permanente e di un tavolo di coordinamento per il paesaggio. Ne dovrebbe essere protagonista la società civile, in funzione della pianificazione e gestione del medesimo. Sempre su questo tema, il 4 aprile è stato presentato al MUSE un “Rapporto sullo stato del paesaggio”, e cioè una ricerca sulle dinamiche di urbanizzazione e sul consumo di suolo. Si tratta di un lavoro della Scuola per il Governo del Territorio (STEP), emanazione della nostra Provincia Autonoma.

Ho in questo momento davanti a me questo “Rapporto”, assai ricco di dati e cartine illustrative. È uno strumento di studio molto utile, che ci dà modo di valutare fino a che punto si sia spinto il processodi urbanizzazione e di consumo del suolo.

Mi chiedo però se non sarebbe stato utile confrontarsi con il passato, cioè con le previsioni e gli intenti del primo Piano Urbanistico e successivi. Questo per valutarne la serietà, nonché l’incidenza. Un bilancio deve necessariamente rapportarsi al passato, al fine di meglio comprendere il presente.

È cosa positiva appoggiarsi alla società civile per consigli e indicazioni, così come appare indispensabile il supporto degli esperti. Tocca però alla politica valutare la situazione e decidere il da farsi. A mio giudizio lo stato attuale del territorio trentino e del paesaggio non è buono. Per rendersene conto, al di là dei dati raccolti e delle cartine, può risultare sufficiente una semplice ricognizione visiva.

Una buona parte del fondovalle, da Trento Nord a Mezzolombardo, nella piana di Pergine, in val di Sole, nella Busa fra Arco e Riva, è ingombra di edifici, fabbriche e capannoni, in molti casi vuoti e inutilizzati. Sono fonte di viva perplessità, per un osservatore spassionato, i 40.000 posti letto della val di Fassa, come pure lo sviluppo apoplettico riservato a Madonna di Campiglio. Suscita pure dubbi, con sospetti di corruzione, il clamoroso caso ex Argentina in quel di Arco.

Per quanto riguarda l’agricoltura, non contribuiscono certo alla bellezza del paesaggio le lugubri distese di teli bianchi, in costante crescita, che sfigurano tante delle nostre zone, in val di Non e altrove, mentre contemporaneamente una pioggia di pesticidi, inevitabile di un sistema industriale, inquina suolo, acqua e aria.

Non voglio affermare che tutto sia negativo. Anche di recente mi ha fatto piacere scoprire i lavori di rinaturalizzazione sul Brenta “vecchio”, a monte di Borgo, e il prossimo completamento del restauro a Castel Caldes mi appare una tappa importante per un turismo diverso. Tuttavia il grande peso degli interessi consolidati e la stessa forza d’inerzia rendono assai difficile qualunque mutamento, tanto più in un periodo di risorse economiche calanti.

Il divenire del paesaggio (concetto alquanto incerto, che coincide a volte e comunque confina con il termine “ambiente”), sia esso in senso positivo o negativo, non è frutto del caso. Per questo il paesaggio non deve essere solo tutelato, ma pure costruito nel corso del tempo con un’attenta programmazione. Questo comporta tra l’altrol’impiego di non indifferenti risorse, per la rinaturalizzazione delle acque, il risanamento del suolo, il recupero del patrimonio artistico e la valorizzazione dei centri storici e delle aree protette. Non è quindi sufficiente limiarsi a studi e consultazioni di cittadini, quando si impongono scelte e decisioni impegnative e non facili. Spetta in primo luogo al mondo politico, sia pure col sostegno della società civile, guardarsi attorno e trarre le conseguenze.

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