Addio Lugano bella
L’ex asilo dimenticato di via Manzoni, l’edificio sfitto di piazza Santa Maria Maggiore, la villetta vuota di via Mattioli e infine l’immobile ITEA abbandonato di via San Pio X. Quattro occupazioni, quattro sgomberi.
All’azione degli anarchici provinciali, il sindaco di Trento Alessandro Andreatta risponde sempre con una forma sui generis di tolleranza zero, chiedendo al questore di intervenire in modo “urgente e risolutivo” nell’ottica del “ripristino della legalità”, per garantire una città “sicura e accogliente”.
Probabilmente la maggior parte dei trentini nemmeno si sarebbe accorta di ciò che stava accadendo, non fosse stato per qualche titolo sensazionalistico rimbalzato dalle pagine dei quotidiani locali.
E – soprattutto – per la spropositata (e costosa) militarizzazione delle aree da sgomberare, degna di un blitz antimafia o dell’assedio finale a Butch Cassidy; cui di solito segue una certosina operazione di muratura di porte e finestre in stile Chernobyl o Fukushima.
Ora, cosa facciano di preciso gli anarchici per rendere Trento meno “sicura e accogliente” occupando stabili abbandonati, non è ben chiaro; ma forse uno giorno il sindaco ce lo spiegherà. Nel frattempo, sarebbe bello che Andreatta rendesse conto dei numerosi edifici (molti dei quali pubblici) lasciati cadere a pezzi nel centro della città.
Che destinazione avranno, e quando? Esiste un piano di ripristino e valorizzazione? O verranno tutti sigillati, serrando porte e finestre con i mattoni, per rendere la città più “accogliente”?
La storia è sempre la stessa: soddisfare le pulsioni dei benpensanti è facile, meno lo è amministrare con equilibrio ed efficacia. E mettere i mattoni alle porte degli edifici non significa certo costruire una città dei cittadini.
“Ma tu che ci discacci / con una vil menzogna / repubblica borghese / un dì ne avrai vergogna”, recitavano i versi di Pietro Gori. Chissà che anche il sindaco di Trento, a pensarci bene, non ne provi un po’.