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La bufala del Gender

Diciamo pure che la questione Gender è definitivamente sfuggita di mano ed è ormai diventata un terreno di scontro fra intelligenza e idiozia. Perché sul Gender davvero si sono consumate più parole inutili di quante ne avesse scritte il computer di Calderoli nei suoi milioni di emendamenti alla legge per il Senato.

Mettiamo in chiaro le cose: la notizia è che la teoria del Gender non esiste, è una bufala, recentemente certificata come tale anche dalla ministra Giannini: “La teoria Gender - ha detto - è una truffa culturale che va sanzionata”.

Qualche furbetto omofobo l’ha messa in giro e qualche ingenuo se l’è bevuta: spregiudicati formatori fomentati dal Partito Comunista andrebbero a insegnare nelle scuole primarie quanto è bello essere omosessuali e quanto fa schifo la famiglia tradizionale.

Niente di tutto ciò. I formatori vengono ad essere gli stessi insegnanti, oppure psicologi o altri esperti in materia che aderiscono a progetti, approvati dagli enti locali (si veda ad esempio il progetto Liber* tutt* della provincia di Carrara), che hanno per obiettivo l’insegnamento al rispetto della diversità e al contrasto degli stereotipi portatori di sessuofobia e omofobia.

Gli insegnamenti si basano sugli studi di genere, ossia di modelli di interpretazione della realtà che distinguono tra il sesso biologico della persona e come uno/a si sente, il genere o gender, appunto.

La realtà ci insegna che, nei casi più estremi, esiste chi è biologicamente uomo ma si sente al 100% donna, e viceversa. All’interno di questi estremi ci sono alcune centinaia di sfumature di grigio: la donna calciatrice, l’uomo che rifiuta il vino e beve Coca Cola, il marito che stira e accudisce i bimbi mentre sua moglie dirige Confindustria, e via dicendo.

La scienza ha messo a disposizione dei modelli per interpretare questa realtà e per cancellare quegli stereotipi secondo cui i maschietti giocano ai soldatini e le femminucce alle bambole; non ha certo organizzato corsi di omosessualità e pornografia per scuole primarie.

L’obiettivo vero? Far sì che fin da piccoli ci abituiamo a pensare che ognuno può far ciò che vuole della propria vita, senza subire giudizi, esclusioni, discriminazioni.

Discorsi che evidentemente suonano male a certe orecchie.

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