Done, l’è rivà el moleta!
Zitta zitta è tornata fuori la cultura trentina più maschilista e retriva, e senza neanche suscitare particolari reazioni. Pensavamo che la sceneggiata della votazione per la legge sull’omofobia fosse sufficiente per vergognarsi, e invece che ti combina il consiglio regionale?
Approva il disegno di legge di Rodolfo Borga della Civica Trentina, che depotenzia le quote riservate alle donne nei consigli comunali. Rinuncia a recepire la legge 215/2012, che in tutta Italia prevede la doppia preferenza di genere (una donna e un uomo, oppure una preferenza sola). Infine, permette allo stesso Borga di fare ostruzionismo e impedire una moratoria di 24 mesi: già domani, se vogliono, i sindaci possono sbarazzarsi delle donne “di troppo”. La maggioranza, docile, garantisce il numero legale a tutte queste nobili iniziative.
Uomini trentini, buttate un occhio alla fine dell’articolo: è uno di voi che lo firma, non una femminista rabbiosa. Vuol dire che siamo proprio arrivati al ridicolo.
Siamo la terra dove il sindaco di Cloz, Natale Fioretta, liquida la questione di genere con una battuta “Le donne? Mi piacciono a letto”, che è un po’ come dire che i neri non lavorano ma hanno la musica nel sangue. E nessuno protesta o gli chiede di dimettersi, a parte Sara Ferrari, assessore provinciale alle Pari Opportunità.
Anzi, forse sarebbe meglio chiamarla “assessore all’Unica Opportunità”, dal momento che l’altra sua collega nella Giunta Provinciale, Donata Borgonovo Re, è stata recentemente liquidata con una scrollata di spalle in quanto corpo estraneo.
Stavamo per scrivere che “anche in questo caso la classe politica non è stata all’altezza dei cittadini che rappresenta”, ma poi ci è venuta la curiosità di verificare le cifre ufficiali. Scopriamo così che in provincia di Trento le donne hanno un tasso di occupazione del 58%, sono il 37% dei quadri, il 31% dei dirigenti, e che le imprese gestite da un titolare donna sono al di sotto del 20%. Insomma, le donne partecipano alla vita economica, ma contano poco e decidono ancora meno. Come avevamo spiegato in un’inchiesta del giugno 2012 (“Il potere è uomo”): da allora le cose non sono sostanzialmente cambiate. Anzi, ci tocca rilevare come con il disegno di legge Borga si sia fatto un passo indietro, e nel disinteresse generale.