Meno internet, più cabernet
Trentini, dimentichiamo la rivoluzione digitale: è meglio se ce ne torniamo tutti al bar
Gli articoli di Aldo Colombo usciti sui numeri 6 e 7 di Questotrentino, dedicati ai piani di sviluppo della rete in banda ultralarga, hanno ricevuto commenti lusinghieri da parte degli addetti ai lavori per l’approfondimento tecnico e normativo, ma al tempo stesso sono risultati indigeribili ad una parte di lettori che, per lo stesso motivo, li hanno giudicati troppo tecnici. Ho pensato, allora, di completarli con una breve chiosa che vuol far capire l’errore serio che si sta compiendo nel disinteresse generale.
Non è un qualcosa che riguardi un remoto futuro: oggi, mentre scrivo, internet in Trentino funziona male. Se state pensando che “a me non sembra, per me va benissimo”, non è da escludere che ne facciate un uso molto limitato e ampiamente al di sotto delle possibilità di cui mezza Europa fruisce.
Guardate Youtube, i suoi canali tematici, le lezioni di bricolage e di cucina?
Avete problemi a caricare le vostre foto su Dropbox?
Diverse persone con cui abbiamo conversato hanno serie difficoltà a svolgere queste operazioni, e soprattutto a portarle a termine se qualcun altro in famiglia sta facendo altre cose online.
La situazione è a macchia di leopardo: ci sono zone disgraziate e zone fortunate, queste ultime tipicamente concentrate intorno a Trento e Rovereto. Una buona parte della rete di cui usufruiamo tutti noi è quella di Telecom Italia, già SIP, con ampie porzioni di cavi in rame posati venti o trenta anni fa e consumati dal tempo. L’intenzione, tanto per essere chiari, è di lasciare quei cavi lì dove sono e di attaccarli a un armadio con la fibra ottica, “così abbiamo tutti la fibra”.
Un accidente: la qualità della connessione dipende dall’anello più debole della catena; cavo in rame rovinato, connessione scadente.
Addirittura ci sono zone dove il cavo passa su pali, esposto alle variazioni meteorologiche, e c’è gente che ha problemi a navigare se fuori piove.
Non fidatevi troppo di chi risponde “ma tanto io navigo col telefono in 4G”: secondo voi a quale rete si appoggiano le celle telefoniche? È solo che adesso sono in pochi a usare “internet in mobilità”, come si dice in gergo. Aspettate che anche quella rete si sovraccarichi.
Per carità, la situazione è più o meno la stessa in tutta Italia. Solo che in Trentino qualcuno - Lorenzo Dellai per la precisione - tra i tanti progetti megalomani e i milioni agli amici degli amici, qualche idea l’aveva pensata giusta, e aveva fatto stanziare fondi consistenti per posare una dorsale allo stato dell’arte, regalandoci un vantaggio rispetto a tutti gli altri. Ora quell’investimento rischia di essere vanificato.
Sembra che il cittadino medio capisca bene quando si parla di strade e ferrovie ma meno di reti informatiche, anche se si tratta in entrambi i casi di infrastrutture di interesse generale. Facciamo allora qualche esempio di cosa potrebbe succedere da qui a pochi anni, tanto per capirci meglio. Immaginatevi, come direbbe George Clooney...
... di gridare “Ci vuole ancora molto?” a vostra figlia che fa l’upload del suo video blog di motociclismo, mentre voi vorreste vedere la televisione in streaming.
... di dover tornare indietro precipitosamente dalla vostra casa in Piné dove state “ai freschi”, perché volevate mandare al collega i rilievi topografici ma non c’è verso, ci vuole troppo, “Windows mi dice che mancano 11 ore e 31 minuti”.
... di spiegare al vostro partner commerciale in Olanda che i documenti è meglio se ve li manda per raccomandata, perché gli allegati sono troppo grandi, e di sentirvi rispondere “ma come è possibile? Da noi a Rotterdam tutte le utenze partono dai 100 megabit in su”.
... di provare ad affittare il vostro appartamento in montagna all’architetto milanese, e di sentirvi rispondere “Grazie signora, ma quest’anno vado da Runggaldier in valle Aurina, che c’ha internet a banda larga! Buonissima comunque la sua crostata di mirtilli, eh! Se viene a Milano passi a trovarmi, mi raccomando!”
Avere una rete debole è un altro modo di allontanarsi dall’Europa, è solo meno visibile di un treno che non passa. I nostri padri ci hanno lasciato un Trentino ricco e sviluppato, ora noi stiamo creando le basi per consegnare ai nostri figli un Trentino che non regge il passo. Forse è quello che vogliamo, forse è ciò che vogliono: che la smettiamo di essere moderni e ce ne torniamo al bar. Non disturbate il manovratore...