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Il coraggio è fatto di paura

Notte nera e profonda come il silenzio, torta di grano saraceno con marmellata di mirtillo e un’invasione di formiche che occupa cucina, tavolo e piani di lavoro. Una fila ordinata sale lungo il frigorifero e ridiscende verso varie briciole sul pavimento. Il piano di cottura, divenuto nero agitato, offre loro qualche golosa traccia di caffè. Il barattolo del miele, anche se chiuso, si è ricoperto di formiche che evidentemente ne trovano qualche traccia. Confesso di aver fatto una strage di formiche quella notte. Con la spugnetta bagnata ne schiacciavo una decina alla volta e risciacquavo, molte accorrevano in soccorso e facilitavano la strage.

Eppure ho un’ipersensibilità per gli animali, ho ospitato tutto l’inverno qualche cavalletta perdutasi e una libellula che annunciava l’arrivo di mia figlia, mai avrei supposto di diventare una serial killer se invadono la mia casa.

Quando un pescatore mi ha regalato un cavalluccio marino, finito nella rete e diventato ormai secco, ho costruito per lui un piccolo mare a forma di cuore. Onde di vetro blu lo cullano ricordandogli profondità oceaniche. Come non amarlo? È uno fra gli animali più dolci e romantici ci siano, è il maschio a covare le uova che una femmina ha deposto nel suo ventre, fino alla schiusa quando espelle i piccoli con contrazioni simili a quelle del parto. Si legano per la vita a una sola compagna con la quale danzano ogni giorno all’alba intrecciando le code e cambiando colore. Tremo pensando che ci sarà qualcuno che lo ingoia crudo con una goccia di limone. A rischio estinzione perché la medicina cinese lo ritiene un potente afrodisiaco.

Non abbiamo mai avuto animali domestici in casa, e nemmeno ho sofferto per la mancanza. Mamma non ne voleva perché puzzavano e sporcavano, io perché mi facevano paura, avevamo qualcosa in comune finalmente. Un gatto mi aveva graffiato perché gli avevo tirato i baffi - avevo tre anni - provocandomi una fobia esagerata. L’unico che desiderava un animale era il mio fratellino, che a forza di chiedere aveva ricevuto un criceto in una gabbia. Ma se era a casa, stavano sempre a giocare insieme stesi sul pavimento con onomatopeici suoni di guerra. Io? Nemmeno lo toccavo, sentire il suo corpicino muoversi mi metteva una gran paura. Mi porterò tutta la vita questa fobia che mi priva della gioia che può dare un animale domestico? Temo possa essere invincibile e mi perdo così il bello, come spesso accade.

Quando morì il criceto, mio fratello si disperò inconsolabile, fino a quando papà lo convinse a fargli una tomba in una scatola di scarpe che poi seppellirono in giardino. Ma solo con un altro criceto gli tornò la voglia di giocare. Tentò più di una volta di portare a casa qualche cane, ma al mattino mamma lo faceva uscire senza discussioni. Avevamo i canarini in gabbia che però mi facevano gran tristezza, m’immedesimavo fin troppo. Presagivo l’incognita in agguato.

Ai miei bambini un Natale regalò due criceti con la gabbia, Rouge e Cristina. Una sera mi accorsi che Cristina era diventata grossa, sapevo che dovevamo separare il maschio perché diventa aggressivo e uccide i piccoli per gelosia. Senza rumore trovammo otto piccoli prima di cena, il mattino dopo erano solo in quattro. Mannaggia che brutta esperienza! Sarà la natura che sapendo fossero troppi li eliminava? Sì, ma come? Era la mamma che li mangiava, ahimè, il maschio non c’entrava. I quattro rimasti crescevano bene, diventando, dopo due settimane, dei criceti in miniatura con il pelo. Uno in particolare era il più vivace, ma una sera trascinava una zampetta e il mattino dopo non c’era più. Natura matrigna e crudele che elimina quelli zoppi che non corrono?

Poi fu la volta del coniglietto nano - carinissimo - che del tutto assente sostava in una gabbia. Pensando fosse femmina, per un po’ si chiamò Giuditta ma, colti alcuni particolari intimi, diventò Geremia. Tanto nano non era: a distanza di qualche mese era diventato enorme, incontenibile nella gabbia e rosicchiava tutto quello che trovava, fili elettrici compresi. Un ragazzino in vacanza a Daiano s’innamorò di lui e venne naturale regalarglielo, i miei figli avevano perso ogni interesse per lui. Come non capirli, è impossibile stabilire un minimo di rapporto con un coniglio, il suo sguardo sbarrato è inquietante. Come sempre non riuscivo a toccarlo, sentirlo fremere e come batteva forte il suo cuore, mi provocava inquietudine. Quel sottile mal di vivere che mi attraversa il cuore, sfiorando un’altra vita.

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