Calabria e Trentino si danno la mano
Una collaborazione nata per ridare vita a un fiume degradato. In una terra che però offre anche degli splendidi esempi innovativi.
Tutto è partito dall’iniziativa di un amico scultore, Marco Nones. Due anni fa va in vacanza in Calabria e in una struttura alberghiera viene invitato dai proprietari a sviluppare alcune sue opere negli ampi spazi del parco. Mentre la vacanza-lavoro prosegue, la confidenza fra lo scultore e i proprietari si trasforma in amicizia e iniziano a discutere della situazione della zona, dell’abbandono, dei rifiuti sparsi ovunque, delle acque inquinate, della passività e della rassegnazione calata fra gli abitanti e nelle amministrazioni comunali.
Siamo in una delle zone più ricche della Calabria, la piana racchiusa fra Tropea e il porto di Gioia Tauro, il secondo in Europa per traffico merci, la zona dove la ‘ndrangheta è più presente e si insinua in ogni attività, non solo imprenditoriale, ma anche nella gestione degli immigrati, nel sociale. Anche oggi alcune amministrazioni locali sono commissariate.
La direttrice del resort è persona dotata di un certo piglio: non per niente è figlia di un generale degli alpini; è nata ad Auronzo di Cadore e ama profondamente le Dolomiti. Andato in pensione, suo padre ha riportato la famiglia nella terra d’origine ed ha avviato attività nel settore del turismo. Giorgia (è un nome di fantasia), la direttrice del complesso alberghiero, non può rassegnarsi a vedere la sua terra cadere nell’immobilismo, ad accettare senza reagire una sconfitta tanto pesante, a vedere le immense opportunità di sviluppo e ripresa presenti nel territorio mentre l’intera comunità si adagia nel declino. Le acque del Cadore sono rimaste nel suo cuore: libere, pulite, rumorose, ricche di pesci, occasione di gioco, di riflessione e così efficaci nell’incidere boschi e vallate... Perché accettare che il fiume della piana calabra, il Mesima, sia abbandonato, ridotto a canale privo di vita, un alveo dentro il quale ognuno può fare ciò che vuole, fino a ridurlo a una discarica? Giorgia vorrebbe trasformare questo dramma in una risorsa ed ha in mente il rilancio di tutto il bacino attraverso un parco fluviale. Vuole vincere una scommessa, anche se in quella terra sembra impossibile.
Non appena Marco viene a conoscenza di queste prospettive, dice di conoscere una persona che potrebbe aiutarla. In poco tempo vengo coinvolto e nell’autunno scorso scendo per prendere visione della situazione. Parto più carico di dubbi che di certezze, in quanto la mia azione di ambientalista si è sviluppata sull’arco alpino e quindi ritengo di non essere in grado di trasferire conoscenze ed esperienze in una terra tanto diversa, socialmente, ambientalmente e nel profilo istituzionale.
Ma non appena arrivo a San Ferdinando, l’energia dell’anziano generale mi travolge. Quanto amore per quella sua terra violata in ogni ambito! Mi porta ovunque gli chieda e in pochi giorni mi trasmette conoscenze ed esperienze importanti.
Nel ritorno rifletto su quanto ho appreso e traccio una proposta di piano d’area, di recupero e rilancio turistico e culturale dell’intero bacino del fiume e invio questo documento agli amici calabresi. Nel frattempo Giorgia ha allargato il cerchio dei sostenitori, ha costruito alleanze, ha coinvolto nell’iniziativa non solo le istituzioni locali, ma anche l’Università Mediterranea di Reggio Calabria ed altre risorse umane presenti in tutti i settori della cultura. A quel punto emerge la necessità di mettere in rete questo insieme eterogeneo di conoscenze ed esperienze. Nel ritornare in Calabria porto con me l’esperienza del bene seriale Dolomiti Unesco e quella della Rete delle riserve naturali. Sono due progetti che riescono a fare rete di territori diversi, a costruire sinergie, naturalmente facendo attenzione alla conservazione del bene natura, ma che nel contempo possono rilanciare nuova economia, nuove opportunità di lavoro e si propongono di rendere efficaci questi modelli senza intaccare le diversità presenti: diversità sociali, linguistiche, ambientali, naturali. Diversità che si trasformano in risorse, come può avvenire in Calabria, penso. E infatti anche in Calabria, come avvenuto nelle Dolomiti, la diversità diventa opportunità. Si dovrà, con un lavoro collettivo e paziente, rispondere a tante domande e sconfiggere pregiudizi consolidati.
Come unire in un progetto turistico unitario il mare, la costa, con le stupende foreste delle aree protette della montagna?
Come far dialogare fra loro zone fortunate come Tropea con situazioni di abbandono molto vicine? Come unire i parchi naturali della Sila con quello dell’Aspromonte?
Come superare la rassegnazione e vincere il dominio della ‘ndrangheta?
E come inserire in questi progetti l’eccellenza dell’università di Reggio Calabria, che avrebbe il compito di dimostrare non solo l’efficacia, ma anche la sostenibilità del progetto proposto?
Uno splendido esempio
Una prima, straordinaria risposta l’abbiamo trovata in un’azienda già operativa nelle vicinanze: la Fattoria della Piana, una cooperativa che offre lavoro ad oltre 100 dipendenti, che ha messo in rete allevatori e produttori di latte, contadini che producono foraggi e stanno faticosamente recuperando fertili terre fino a ieri abbandonate. Entrare in quella azienda è stato come esserci trasferiti d’un balzo in Baviera. Ogni luogo visitato è portato al massimo dell’efficienza produttiva, con una pulizia diffusa e un’armonia evidente fra i colleghi. E come ci ha detto con un largo sorriso l’amministratore delegato Carmelo Basile, tutto è improntato allo sviluppo sostenibile; ama ripetere che se lo sviluppo non è sostenibile non si tratta di sviluppo. Nell’azienda, ciò che era un problema della zona è stato trasformato in risorsa, anche economica. Non si getta più niente. Tutti i residui delle lavorazioni (allevamento, prodotti caseari, prodotti agricoli), quindi letame, sieri dei latticini, rifiuti organici, la sansa delle olive come la quasi totalità dei residui delle arance della Calabria, i residui delle cipolle... vengono trasformati in biogas e i residui utilizzati per la fertilizzazione dei terreni. Il gas rifornisce il parco degli autoveicoli dell’azienda, l’impianto fotovoltaico produce 198 Kw, l’impianto di fitodepurazione distribuito su oltre 2000 mq. e che attraversa oltre 10.000 piante, rilascia acqua pura al 100%, con una potenzialità di depurazione equivalente a 1700 abitanti. Non è un caso che questo ecosistema produttivo stia ricevendo premi di profilo internazionale e che l’azienda sia stata chiamata a rappresentare l’intera Calabria ad Expo 2015. Un luogo di serenità, ordine, logica imprenditoriale dove i tanti problemi si sono trasformati in opportunità. Dieci anni di lavoro e di successi non potevano che portare ad un cambiamento radicale di tutta la filiera produttiva che ruota attorno alla fattoria. Un cambiamento che ora si trasferirà anche in altri settori, compreso quello turistico.
In Calabria abbiamo incontrato il volto più profondo e intimo dei suoi abitanti, un capitale di valori; sono in tanti a non rassegnarsi, a non accettare la mortificazione mediatica, consapevoli di come la regione mediterranea sia il centro geopolitico del mondo intero.
I vari esperti ci hanno anche dimostrato come alcuni fattori di arretratezza, vedi l’Aspromonte, stiano tramutandosi in vantaggio. La selvaticità ancora presente, la ricchezza di biodiversità oggi sono una risorsa, mentre l’agricoltura ritorna ad essere un settore primario in tutti i sensi: non solo opportunità economica, ma anche investimento nella sicurezza idrogeologica, nella cultura del paesaggio, nella ripresa di un turismo culturale e archeologico che era divenuto marginale. La Calabria, ci hanno detto, oggi si ritrova ad essere, anche grazie all’abbandono subito negli ultimi decenni, una regione che può posizionarsi dove altre realtà più sviluppate non possono più stare. C’è fiducia anche perché il governatore uscente Giuseppe Scoppelliti, del centro-destra, dopo aver depauperato Reggio Calabria da sindaco e la Regione come governatore, è uscito sconfitto. È ora compito della politica prendere per mano queste energie vitali e portarle al successo, evitando a questo virtuoso tessuto umano nuove mortificazioni.
Queste persone impegnate nel progetto di recupero del fiume Mesima rappresentano il cuore più fiero e generoso della Calabria e questo loro percorso potrà alimentare, come accaduto per la Fattoria, altre opportunità, un investimento in speranza. E in questo rilancio il Trentino potrà svolgere un suo ruolo di protagonista. Non solo perché ha presentato con successo i modelli di programmazione di Dolomiti UNESCO e delle aree protette, ma anche perché i legami, anche sociali, con la Calabria sono forti: pensiamo alle figure di mons. Bregantini con la sua ostinata e coerente opposizione alla ‘ndrangheta, allo scrittore calabrese Carmine Abate che vive a Besenello, ai tanti progetti di solidarietà che la nostra Provincia ha avviato con quella Regione. Ed ora, grazie all’esperienza maturata dal nostro ambientalismo, possiamo ritornare protagonisti nel ridare vita e splendore al più importante fiume della Calabria. Senza dimenticare che queste sollecitazioni sono partite dall’arte, di scultori trentini e locali.