La piana cementificata
Fontanazzo: quando l’autonomia viene usata male e finisce per danneggiare il territorio che dovrebbe tutelare
C’è sconcerto nelle valli dell’Avisio riguardo il settore dell’edilizia: sembra non vi siano freni al consumo del territorio. Già a Cavalese erano anni che non si assisteva ad un tale sviluppo delle seconde case: l’amministrazione Cappelletto sull’argomento è stata incisiva ed è riuscita a mascherarle per lo più all’interno di piani di lottizzazione. Se alziamo lo sguardo verso Daiano, con la scusa di una variante al Piano Regolatore tesa ad offrire spazio ad un vasto campo di golf (sonoramente bocciato in un recente referendum), si aprono facili vie alla edilizia speculativa. Ed in valle di Fassa il consumo del territorio libero del fondovalle è continuo.
Ora preoccupa quanto sta avvenendo a Fontanazzo. Il nuovo Piano Regolatore è stato approntato con il solito sistema. La maggioranza, senza trasparenza pubblica, propone le linee guida ai professionisti, le minoranze vengono a conoscere il piano solo in occasione della prima approvazione. Possono poi presentare osservazioni in vista della seconda e definitiva adozione. Rimane il fatto che ovunque è assente il confronto preliminare che porti ad individuare nella pianificazione percorsi ed obiettivi condivisi, partecipati. Già ci aveva pensato Mazzin ad urbanizzare in modo pesante l’ultimo anfiteatro verde della valle. Fontanazzo vi ha aggiunto del suo intaccando i prati di Fontanazzo di sopra.
La piana viene violata da nord grazie alle previsioni del piano attuativo del PRG che vi prevede la costruzione di un ristorante, di un nuovo albergo e di 24 appartamenti. Si tratta di edilizia destinata a prima casa ed il problema in valle di Fassa è gravissimo. Nessun comune offre più spazi all’ITEA e diventa difficile favorire l’edilizia agevolata. Ma se le cose vanno come già accaduto nella vicina Canazei, c’è di che preoccuparsi, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche sociale. In Fassa la prima casa per una famiglia di lavoratori dipendenti è un miraggio. Queste vengono assegnate per lo più, come avvenuto a Canazei, ai figli degli albergatori, la categoria professionale che sembra soffrire da anni una irreversibile crisi, professionisti nullatenenti che viaggiano con auto da sogno e che si permettono ogni capriccio. Ma le loro denunce dei redditi dimostrano sempre grave sofferenza.
A Fontanazzo nulla lascia presagire che le cose vadano diversamente. Eppure chi conosce il paese dice che era possibile fare diversamente: si poteva mantenere libera la cintura del paese ed investire, anche con incentivi, nei tanti spazi liberi interni agli abitati, o indirizzare la soddisfazione del bisogno di prima casa grazie ad un disegno più ampio di comunità di valle. Ma questo avrebbe danneggiato le amministrazioni comunali di questi anni, la loro sopravvivenza legata a diffuse clientele anziché a capacità propositiva, lettura della gestione del territorio proiettata sul lungo periodo.
Quanto sta avvenendo a Fontanazzo segna crepe profonde nella legislazione della nostra provincia. L’ultimo Piano Urbanistico investiva nella priorità del paesaggio e nella responsabilità degli amministratori delle periferie. Come avevano facilmente previsto le associazioni ambientaliste, un piano che si propone solo l’indirizzo ed evita la parte normativa, non può difendere il paesaggio: l’aver offerto ai sindaci la possibilità di modifiche importanti agli strumenti urbanistici, come l’aver privato di potere di controllo la Commissione Urbanistica Provinciale non ha portato i sindaci a dimostrare responsabilità. Quanto sta avvenendo dimostra anche la sostanziale insostenibilità della pur positiva legge Gilmozzi contro le seconde case. Questa viene aggirata dai sindaci delle valli con mille sotterfugi, ma in modo particolare fallisce per le debolezze del nuovo Piano Urbanistico Provinciale. Oggi ai comuni è permessa troppa discrezionalità, in assenza di autorità di controllo autonome e nella totale umiliazione delle minoranze consiliari.