Papa Francesco: rivoluzione o marketing?
Qual è la portata del rinnovamento della Chiesa auspicato da Bergoglio? Un cambiamento di facciata, un doveroso adeguamento ai tempi moderni, una rivoluzione dagli esiti tutti da vedere? Un dibattito tra un credente, un ateo e un agnostico.
In poche settimane Papa Bergoglio ha attirato l’attenzione dei media con una serie di gesti e parole univocamente indirizzate a svestire il papato da una perdurante aura regale, francamente anacronistica. Ne ha subito ricavato un grande consenso mediatico; ma non si è fermato qui. In una serie di documenti e interviste ha proposto aperture inaspettate, sul cui reale significato e profondità si è subito aperto il dibattito.
Ne abbiamo parlato anche a Questotrentino, dove su tanti temi, e tra essi la religione, si confrontano diverse sensibilità. Ne sono sortiti discorsi che ci sono sembrati interessanti, e così abbiamo deciso di strutturarli e condividerli con i lettori.
Anzitutto, anche per aiutare il lettore, vediamo meglio di cosa si parla: sintetizziamo qui, con una certa precisione, le parole di Francesco, per capirne meglio la portata. (La sintesi che segue non è, né poteva essere, neutrale: a cura di Ettore Paris, agnostico anzi ateo, ma “bergogliano”, ossia favorevolmente colpito dalla svolta di Francesco, contiene alcuni passaggi che poi verranno messi in discussione nel successivo dibattito).
Nella “Lettera a chi non crede” indirizzata a Eugenio Scalfari, Bergoglio comincia ad affrontare il tema della “verità assoluta” (ricordiamo che una delle più veementi battaglie di Ratzinger fu quella contro il “relativismo”, che la verità assoluta la mette in discussione).
“Per chi non crede in Dio e non cerca la fede - afferma Francesco - la questione sta nell’obbedire alla propria coscienza”. Quindi non i dettami della Chiesa, ma la coscienza.
Subito dopo Francesco allarga il discorso ai credenti: “Io non parlerei, nemmeno per chi crede, di verità ‘assoluta’, nel senso che assoluto è ciò che è slegato, ciò che è privo di ogni relazione. Ora, la verità, secondo la fede cristiana, è l’amore di Dio per noi in Gesù Cristo. Dunque, la verità è una relazione! Tant’è vero che anche ciascuno di noi la coglie, la verità, e la esprime a partire da sé: dalla sua storia e cultura, dalla situazione in cui vive, ecc.”. A questo punto il papa, forse pensando di essersi spinto troppo oltre, fa un passo indietro “Ciò non significa che la verità sia variabile e soggettiva, tutt’altro”. Poi però riprende: “Ma significa che essa si dà a noi sempre e solo come un cammino e una vita”.
Si torna così al primato della coscienza rispetto a dettami esterni, compresi quelli della Chiesa? Questa può essere un’interpretazione, come vedremo nel dibattito successivo.
In ogni modo, forse per fugare ogni dubbio, Francesco è ancora più chiaro - e questa volta senza alcuna ambiguità - nella successiva intervista di Scalfari del 1° ottobre. Alla domanda “Esiste una visione del Bene unica? E chi la stabilisce?” così risponde: “Ciascuno di noi ha una sua visione del Bene e anche del Male. Noi dobbiamo incitarlo a procedere verso quello che lui pensa sia il Bene”. Non è quindi la Chiesa che stabilisce il confine tra il Bene e il Male, ma la coscienza; la Chiesa deve solo sospingere l’individuo a seguire il Bene. Per essere chiaro, ribadisce: “Ciascuno ha una sua idea del Bene e del Male e deve scegliere di seguire il Bene e combattere il Male come lui li concepisce”. Come lui li concepisce, non come li concepisce il vescovo o il papa.
Questo passaggio è molto innovativo, ma se vogliamo anche debole (i Talebani uccidendo pensano di fare il Bene, la Chiesa li appoggia?) sarà uno dei punti poi sviluppati.
Comunque, con queste premesse, il ruolo della Chiesa viene a cambiare radicalmente. Prima di tutto “il proselitismo è una solenne sciocchezza, non ha senso” e oggetto dello spirito missionario è la testimonianza, non la conversione (concetto ribadito in piazza San Pietro il 20 ottobre).
Ma soprattutto viene a perdere ogni giustificazione la Chiesa come grande apparato. Francesco non risparmia parole aspre contro le degenerazioni del Vaticano: “I Capi della Chiesa spesso sono stati narcisi, lusingati e malamente eccitati dai loro cortigiani. La corte è la lebbra del papato”. Questo giudizio viene inserito in una visione più complessiva: la corte si annida anche nella Curia pontificia, ma il tema di fondo è un altro: vanno distinte la Chiesa (comunità dei credenti) dalla Santa Sede (il pontefice), dalla Curia, che è “l’intendenza, che gestisce i servizi che servono alla Santa Sede. Però ha un difetto: è Vaticano-centrica. Vede e cura gli interessi del Vaticano, che sono ancora, in gran parte, interessi temporali”. Mentre “la Chiesa è, o deve tornare ad essere, una comunità del popolo di Dio”. In altre parole, non basta spazzare via cortigiani e profittatori, è la centralità del Vaticano ad essere radicalmente sbagliata.
E anche qui, per smontare le successive edulcorazioni, pronuncia parole inequivocabili: “Quando ho di fronte un clericale divento anticlericale di botto. Il clericalismo non dovrebbe aver niente a che vedere con il cristianesimo”. (E qui il rimando non può non essere che allo stesso Cristo, che contro i clericali del suo tempo - sacerdoti, scribi e farisei - aveva parole durissime, e dai quali infatti fu fatto uccidere).
La prima conseguenza è che una Chiesa non clericale, che non impone, perde il suo potere politico. Francesco non sembra preoccuparsene, anzi: a chiare lettere dice che “la Chiesa non si occuperà di politica”. La frase sembra fare a pugni con un recente appello all’impegno civile e politico, come gli fa notare Scalfari.
“Non mi sono rivolto soltanto ai cattolici, ma a tutti gli uomini di buona volontà. Ho detto che la politica è la prima delle attività civili ed ha un proprio campo d’azione che non è quello della religione”. In quanto ai cattolici impegnati in politica, “hanno dentro di loro i valori della religione, ma una loro matura coscienza e competenza per attuarli”. A parte l’italiano non limpidissimo, il concetto è lampante e coincide con la rivendicazione di un’autonomia di giudizio rivendicata alcuni anni fa da Prodi e dai cosiddetti “cattolici maturi”, che fu allora condannata dal Vaticano (e sbeffeggiata dai giornali di Berlusconi). Bergoglio conclude con una frase lapidaria: “La Chiesa non andrà mai oltre il compito di esprimere e diffondere i suoi valori, almeno fin quando io sarò qui”. E a Scalfari, che con troppa diplomazia gli fa presente: “Ma non è stata sempre così la Chiesa”, senza eufemismi precisa: “Non è quasi mai stata così. Molto spesso la Chiesa come istituzione è stata dominata dal temporalismo e molti membri ed alti esponenti cattolici hanno ancora questo modo di sentire”.
Ma una Chiesa che non vuole imporsi, né sulle coscienze, né sulla politica, come può pensare di mantenersi? Di continuare a godere degli attuali ricchi privilegi?
È proprio questa la Chiesa che Francesco vuole - così dice - cambiare. Per esprimere il concetto fa riferimento al suo omonimo del 1200: “Francesco vagheggiava una Chiesa povera che si prendesse cura degli altri, ricevesse aiuto materiale e lo utilizzasse per sostenere gli altri, con nessuna preoccupazione di se stessa. Sono passati 800 anni da allora e i tempi sono molto cambiati, ma l’ideale d’una Chiesa missionaria e povera rimane più che valida”.
A Scalfari che gli ricorda come la Chiesa attuale nutra invece un fortissimo amore per il potere temporale, e che le logiche dell’istituzione predominino rispetto all’ipotizzata Chiesa povera e missionaria, Francesco seraficamente ammette: “Le cose stanno infatti così” e ricorda come anche San Francesco “dovette a lungo negoziare con la gerarchia romana e con il Papa per far riconoscere le regole del suo Ordine. Alla fine ottenne l’approvazione ma con profondi cambiamenti e compromessi”.
“Lei dovrà seguire la stessa strada?” chiede, con una punta di malizia, Scalfari.
“Non sono certo Francesco d’Assisi e non ho la sua forza e la sua santità. Ma sono il Papa”.
Il dibattito
Piergiorgio Cattani, Ettore Paris e Mauro Bondi in dialogo.
Bene, Male e testimonianza
Bondi: Se devo parlare come laico, e presidente della relativa associazione, devo dire che le posizioni della Chiesa rispetto ai propri fedeli non ci possono interessare. Il problema sorge quando alcuni precetti della Chiesa cattolica vengono attraverso la politica trasfusi in leggi che riguardano tutti noi. Questo è il punto su cui ci concentriamo.
Paris: Io però mi pongo da un altro punto di vista: la Chiesa è una grandissima agenzia culturale, un attore di primaria importanza nella storia; quindi quello che la Chiesa fa e dice lo trovo di grande interesse ed importanza, anche se sono dei “dettati” per i credenti.
Bondi: Entriamo nel merito. Il Papa non dice nulla che contraddica la dottrina ufficiale della Chiesa: quando parla di gay, divorziati, donne che abortiscono, usa la metafora della malattia, in rigorosa sintonia con l’idea che il peccato è malattia. Non mi sembra una grande innovazione.
Paris: Secondo me queste sono cose abbastanza secondarie, non perché poco importanti, ma mi sembra di capire che Bergoglio stia cercando di disancorare la Chiesa dalla sua storica sessuofobia e dalla centralità dei temi sulla sessualità, e forse anche dell’inizio e fine vita. Anche l’altro giorno ha detto che se un parroco predica dieci volte sul comportamento sessuale dei fedeli e due volte sulla giustizia, vuol dire che qualcosa non va. Questa è la vera svolta. Che poi ci riesca o meno, questo è da vedere. A mio avviso ci riuscirà, perché l’arretratezza della Chiesa è clamorosa, non solo rispetto alla società, ma rispetto ai credenti; credo che ciascuno di noi conosca dei cattolici convinti che non seguono per niente, in maniera conclamata questi dettami. E questo credo sia il primo punto. Bergoglio mi sembra che vada molto oltre, forse troppo. Lui dà un fondamento teorico a questa svolta che è molto audace, forse anche fragile, che consiste nel dire: “Ciascuno di noi ha una sua visione del Bene e del male e la Chiesa deve incitarlo a procedere verso ciò che lui pensa sia il Bene”.
Bondi: La Chiesa dovrebbe incitare un Talebano a perseguire quello che lui intende sia il Bene? Non credo.
Cattani: Benedetto XVI accentuava la visione classica secondo cui anche il non cattolico può raggiungere un’approssimazione della Verità, che comunque resta saldamente in mano alla Chiesa. Esiste però la famosa legge naturale, cioè una Verità attingibile universalmente ma che deve passare attraverso la giusta interpretazione, che è quella della Chiesa. Qui è diverso, per Bergoglio: c’è anche la ricerca autonoma, e viene detto che anche la ricerca autonoma nell’uomo può portare al Bene. Ratzinger era più agostiniano. Certo che una frase così, come quella di Bergoglio, in generale può anche ricordare Sartre, e credo vada interpretata. Non credo che Francesco propugni una posizione esistenzialista per cui in assoluto non esistono verità, Bene e Male, ma essi sono costruiti dall’uomo attraverso la sua vita concreta: secondo questa prospettiva, non c’è differenza tra Napoleone e il barbone ubriaco. Evidentemente un Papa non può sostenere questo, in quanto poi anche Francesco afferma la verità cristiana che per lui è la Verità in assoluto. Quello che sostiene è che c’è posto anche per altre visioni.
La novità consiste nella fiducia nella coscienza individuale. Per il Papa i laici possono essere dalla parte giusta e i loro comportamenti, anche se diversi da quelli propugnati dalla Chiesa, non sono per forza peccatori o ignoranti. La Chiesa deve invece assecondare il desiderio di bene insito in tutti. Quindi a mio parere la frase va interpretata in questo senso: ognuno si avvicina al Bene come può e come riesce, è in cammino, va per approssimazioni, è aperto agli altri e non possiede la verità.
Bondi: Quale Bene? Deciso da chi e perché? Il Bene di un musulmano non coincide con quello di un cristiano e quello di entrambi non coincide con quello di un nazista
Cattani: Anche Ratzinger diceva così. Che cioè il relativismo può portare a questi esiti. Per questo credo che Papa Francesco non volesse sostenere tale posizione. Io credo che Bergoglio si riallacci al Concilio Vaticano II e alla sua apertura verso la libertà di coscienza (i tradizionalisti di Lefebvre sono usciti dalla Chiesa cattolica anche per questo, accusandola cioè di relativismo). Ora il Papa sembra approfondire questa apertura, facendo affermazioni dalle vaste conseguenze: se davvero venisse tollerata la coscienza individuale, bisognerebbe discutere con serenità ad esempio anche sul testamento biologico. E questa è una svolta. Un cambiamento c’è.
Paris: Concordo che questo passaggio sul Bene e sul Male sia debole, forse proprio perché molto innovativo. Io però non mi preoccuperei della ipotetica legittimazione dei Talebani o dei nazisti, ci vedo invece una inaspettata rinuncia della Chiesa al ruolo di massimo censore dei costumi. Voglio ricordare un colloquio con mia madre. “Hai mai abortito?” - le chiesi. Voce indurita: “Su questo non ti rispondo”. “Ma in confessione, lo hai detto?” Un lampo negli occhi non ammette repliche: “Su queste cose me la vedo io con Dio”. Probabilmente Francesco intende legittimare questo tipo di fede. Con una posizione nuova, incompleta e non pienamente coerente. Insomma, l’essenza del messaggio è che la Chiesa deve essere meno prescrittiva e porsi come testimonianza. E qui ci si riallaccia al discorso sui missionari: il missionario non deve convertire, ma testimoniare.
Bondi: Convertire o testimoniare, dove sta la differenza? Non si converte più con la spada, si usano armi più sottili. La Chiesa non può snaturare se stessa fino al punto di dire: i missionari non fanno più proselitismo, il papa non parla più di gay, ecc!
Paris: Non sarei così sicuro. Il proselitismo può essere una cosa secondaria, un effetto collaterale, e la missione può diventare come un’organizzazione non governativa.
Bondi: Le ONG mettono su ospedali, i missionari vanno dove ci sono le chiese, c’è una notevole differenza.
Paris: Non ci sono più i missionari di una volta. Alex Zanotelli lo proclama con chiarezza: io non converto, non voglio convertire nessuno. Voglio dare una mano a questa gente.
Cattani: Però, il Papa ha detto che la Chiesa non è una ONG. Nel senso che la motivazione di fondo è religiosa.
Paris: Cioè il missionario fa quello che fa Gino Strada, ma Gino Strada lo fa perché crede che quello sia il Bene, il missionario perché crede che quella sia la testimonianza di Cristo?
Cattani: Certo.
Bondi: Non dimentichiamo che nel Vangelo c’è scritto: “Diffondete la Parola di Dio”; è quindi normale che la Chiesa converta, nel senso buono del termine. Cioè non utilizzando una spada, bensì portando la mia testimonianza, porto a te il messaggio evangelico e spero, attraverso il mio esempio, di portarti l’annuncio del Signore, in cui io credo.
Quello che a Bergoglio interessa, attraverso la testimonianza di gente che fa del bene agli altri, è portare il messaggio salvifico del Vangelo a popolazioni che non lo conoscono. Se poi queste lo accettano e ne fanno parte, è contento, diversamente se uno si fa cattolico per il fatto che gli han dato la casa, a lui va bene lo stesso.
Un diverso tipo di Chiesa, e conseguenze sulla politica
Paris: C’è poi anche un tentativo di cambiare la Chiesa. Dovrebbe essere una Chiesa povera, se il suo compito, come predicava Francesco d’Assisi, è portare testimonianza. E una Chiesa povera, votata alla testimonianza, non ha bisogno di una grande struttura, anzi ne rifugge. È indubbio il tentativo, assolutamente necessario, di cambiare. Se non cambia, la Chiesa non ha credibilità, non ha futuro,.
Cattani: Per me, alcune cose sono già visibili. Anche sulla politica italiana. Papa Francesco, di politica non vuole interessarsi. La CEI è allo sbando.
Paris: Se non si intromette nella politica la Chiesa non avrà potere contrattuale e sul lungo periodo dovrà rinunciare ai soldi dello Stato italiano. Il che riporta alla visione della Chiesa povera.
Bondi: Non ci credo. A Bergoglio, cosa gli costava rinunciare all’8 per mille? La politica italiana ha paura dell’ostilità della Chiesa.
Cattani: Ti dò ragione. Rimane la forza contrattuale della Chiesa. Può essere un passaggio dalla ingerenza alla tranquilla convivenza.
Bondi: Sulla base dello status quo, e sui privilegi acquisiti.
Cattani: Ci potrà essere rinuncia ai privilegi solo cambiando il Concordato. E sperare in questo è difficile.
Paris: La Chiesa cosa farebbe di fronte ad un movimento che volesse cambiare il Concordato?
Bondi: Avrà Bergoglio in testa, a dire: è cosa giusta? Ne dubito.
Paris: Quello è il test vero, da cui si vedrebbe se la povertà della Chiesa è uno slogan o una conseguenza coerente.
Cattani: È difficile che un’istituzione si autoriformi, a meno di fortissime pressioni esterne. Il tentativo ci sarà, ma sugli esiti sono scettico.