Fassa: la UAL, spaccata, guarda al passato
... e impone capolista l’ex deputato Beppe Detomas
La UAL, Unione Autonomista Ladina, partito di raccolta della valle di Fassa, esce frantumata dal confronto interno teso alla costruzione della lista per le provinciali. Una raccolta disgregata; quando in un gruppo politico non si affrontano i reali nodi di un territorio, si evitano le scelte e lo schierarsi apertamente, inevitabilmente prevalgono i personalismi e gli attriti che portano i comuni allo scontro diretto.
All’interno del partito serpeggiano molti scontenti. Il consigliere uscente Luigi Chiocchetti lascia il Consiglio provinciale in un decennio caratterizzato dal più assoluto anonimato. Lo si accusa apertamente di aver permesso che le ricche risorse provinciali si indirizzassero alla Valle di Non o alla odiata Rendena: in Fassa niente, solo dinieghi.
Prima dell’estate la UAL ha imposto il silenzio su quanto rimaneva della minoranza interna attenta ai problemi sociali e a una corretta gestione del territorio. Forte di questo successo, è stata chiamata a pronunciarsi nella indicazione di sostegno ad uno dei candidati presidente della coalizione di centro-sinistra. Ma ha preferito non esprimersi: sostenere personaggi ritenuti di sinistra risultava impossibile (la valle fa chiaro riferimento ad una cultura di destra), mentre l’autonomista Rossi non risultava credibile ai più e Gilmozzi non trovava consensi nell’alta Fassa, reo di aver sostenuto la legge contro le seconde case. Diversi dirigenti avrebbero volentieri sostenuto il PT di Grisenti: ma questi non avrebbe vinto le elezioni e l’opportunismo presente nella UAL rimane sempre maritato al cavallo vincente. Dopo diverse riunioni inconcludenti, la soluzione all’italiana: libertà di scelta.
Ed ora il passaggio determinante: costruire una lista forte per risultare convincenti e specialmente vincenti in quel di Trento. Ma nel guscio fassano non sono maturati protagonismi politici di elevato spessore.
Dopo serate di discussioni animate, ha prevalso la vecchia guardia: sarà capolista l’avvocato di Pozza di Fassa Beppe Detomas, sostenitore dei primi vagiti dell’Ulivo trentino, ma poi adagiatosi in due legislature da deputato nel tepore più assoluto. Viene sconfitta l’ala più giovane e ambiziosa, quella rappresentata dal giornalista televisivo Silvano Ploner, presidente dell’Unione dei Ladini, che porta con sé i consensi dell’alta Fassa, e non ha digerito il declassamento. A denti stretti ha finito col dire che appoggerà la lista, ma non farà parte del gioco. La cultura democristiana è proprio patrimonio di tutti i territori.
Cosa si chiede a Detomas? Di avere grinta, fare la voce grossa a Trento, riportare la UAL ai fasti del fondatore, Ezio Anesi. Finalmente si dirà: si chiederà più formazione scolastica, si chiederanno più servizi, mobilità veloce magari grazie ad una ferrovia e garanzia di funzionalità dell’Ospedale di Fiemme. Non illudiamoci, nulla di tutto questo. Fassa chiederà più impianti, Lusia, Costalunga, Gardeccia, Marmolada, investimenti che si aggirano sui 70 milioni di euro. E strade larghe, veloci, in galleria, assieme a parcheggi di testata in tutti i comuni, per una cifra che si aggira sui 170-180 milioni di euro. Alla faccia della crisi.
Ma è proprio tanto drammatica la situazione di Fassa nei confronti di Trento? Davvero in questa estrema periferia dopo gli anni d’oro di Malossini non è più arrivato niente? Un elenco incompleto ci dice tutt’altro: Val Jumela, la farsa Navalge di Moena, la funivia di Col dei Rossi, le nuove piste verso il Col Rodella, la sistemazione dell’area di Gardeccia, il polo della Protezione Civile a Pozza di Fassa accanto a una miriade di altri minuscoli centri analoghi, la circonvallazione di Moena che da sola è costata 100 milioni, ed altre piccolezze (sempre di milioni pubblici si tratta) disseminate un po’ ovunque. Tutto questo in una comunità che non arriva a 10.000 abitanti.
Evitando di leggere quanto ottenuto e pretendendo di soddisfare ogni pulsione particolare di sindaci affamati, legati ad interessi specifici ben lontani da una visione di interessi generali, sulla Provincia si getta una nuova accusa: nelle partecipate di Trentino Sviluppo non si nominano fassani. Ma allora cosa ci sta a fare il candidato capolista della UAL come amministratore unico di Interbrennero? Possedeva competenze specifiche? E lo stesso personaggio inserito nel Consiglio della Federazione della Cooperazione? E altri fassani inseriti in Consigli di amministrazione di altri enti della Provincia?
Il problema reale, che non si affronta, è che nella valle non si individua un gruppo dirigente capace di fare sintesi di un progetto di sviluppo moderno: ci si deve così accontentare di costruire la campagna elettorale basata su una semplice parola d’ordine: andare a Trento per ottenere tutto. Battere l’odiata Rendena. Lo stile usato: il pianto urlato. Anche perché Grisenti da mesi lavora morbido e attorno a sé ha costruito una forte alleanza di imprenditori. Che chiedono le stesse cose della UAL, ma in modo concreto, su obiettivi specifici, sempre legati ai logori percorsi del passato: strade e cemento. Si attendono sorprese decisive.