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QT n. 6, giugno 2013 La storia

Industrial, che provò a diventar gallina

Storia agrodolce di un pollo da batteria e del suo tentativo di diventare un animale vero

Verso un mezzogiorno di due estati fa sono a Cavrasto, Bleggio, per il battesimo di Margherita, quasi due anni. Nel cortile di casa, una gallina bianca e stortignaccola arranca con movenze snob o forse solo impacciate. “È ammalata?” chiedo a Leo, padrone di casa. “No, assolutamente! - risponde - Vieni che te la presento”. Ed ecco “Industrial”.

“Industrial?” stupisco. Ne salta fuori una vicenda da novella pirandelliana. Un suo amico l’ha portata qui direttamente dal ciglio della strada per Ponte Arche, certamente volata giù da un camion del trasporto pollame di qualche allevamento industriale della zona (ecco il nome). Un’ala rotta e sbrindellata, coda sfumata all’umberto e contusioni varie, ma per lei un vero bingo: la stavano riportando per la macellazione a Verona, da dove era arrivata pulcino 35-40 giorni prima, con addosso due chiletti di valore aggiunto, un po’ di becchime, farine generiche, antibiotici, qualche altro intruglio, acqua e aria di montagna (per la pubblicità).

Sistemata in cortile tra un ciocco ed una vecchia stufa, lì era rimasta due settimane immobile e sgomenta davanti ad una realtà mai vista di uomini, animali, alberi, spazi aperti e rumori. Non dormiva mai, perché quelli del capannone, per dimezzare i tempi dello svezzamento a parità di resa, le avevano nascosto la notte con il sole di cento lampade, di modo che si ingozzasse 24 ore su 24, mentre qui in cortile il buio della notte sconosciuta la terrorizzava.

Zampe ipertrofiche con unghie lunghissime e un petto così esagerato da sembrare una malformazione le davano uno aspetto sgangherato. Eppure non sapeva nemmeno beccare e mangiava soltanto se qualcuno le infilava nel becco un pezzettino di pane. Poi una mattina eccola due metri avanti! Pare si fosse trascinata fin lì aggrappandosi per tutta la notte al terreno con le unghie! Rimessa al suo posto, il mattino dopo era a cinque metri e quella seguente addirittura in mezzo al cortile!

Oggi, quaranta dall’arrivo, azzarda qualche traballante passetto, becca in maniera - absit iniuria - innovativa ed emette un sordo “coo.. ccoo...”, decisamente poco per farla rientrare nella categoria delle galline! Di fatto, senza una chioccia a farle da maestra, non ha avuto modo di imparare le forme comportamentali della specie: razzolare, stendere e allargare le ali, tolettarsi, arruffare le penne, sfuggire o subire le avances del gallo. Non fa gruppo con le altre, che anzi la schifano, né sa alcunché di regole e gerarchie tra polli, vale a dire di rispetto delle priorità d’accesso al cibo, ai nidi, al posto nel pollaio, ecc. Della sua asocialità è rimasto vittima anche il gallo di casa che, da par suo, ci aveva provato, come da ruolo. Quella però si era capovolta squassandosi e squittendo disperata, sicché al re del pollaio, confuso e ormai screditato, non era rimasto che ripiegare in famiglia. Cotanto disastro perché Industrial è programmata esclusivamente per ritmi e spazi da allevamento: 1,6-3 chili in 30-50 giorni di svezzamento con altre 4-6 colleghe in una gabbia, la stia, tre quarti di metro quadrato per 40 centimetri di altezza su cinque piani, a temperatura, umidità, aerazione, alimentazione e illuminazione ottimizzate (per l’allevatore).

Imperturbabile e solitaria

Inizia la festa del battesimo. Subito un gran tourbillon di tartine, brindisi, torte e dolcetti mette in moto uno sfrecciare impazzito di galline a caccia di briciole. Tutte beccano e si beccano in furiose colluttazioni, tutte eccetto Industrial, s’intende. Lei, con passo da visita pastorale, attraversa un mucchio di piedi impazienti addossati al buffet, osserva, accenna una beccata, forse becca, si accuccia, poi si tira su e prosegue. Angela, zia di Leo, con autentico compatimento mi garantisce che le sue non sono certo così: “Razzolano in continuazione, sono attentissime a scorgere pericoli e sempre pronte a scappare o rientrare nel pollaio. Non si fanno avvicinare da nessuno. Quella lì non vede neanche le poiane!”.

Poiane? Una mezz’oretta ed eccone una decina volteggiare sopra il piazzale. Questi predatori, noti come “osei dale galine” terrorizzano con uno stridulo quit quiitt piccoli animali al suolo per farli correre all’impazzata in cerca di riparo: il meno accorto, di solito, fa la spesa per tutti! Le galline, subito inquiete, si accostano al pollaio o s’infilano svolazzando tra il fogliame dei noci attorno. Industrial, invece, s’è accucciata noncurante en plein air: lei non sa niente di predatori e predati, nessuno l’ha mai affabulata con storie di poiane, faine, volpi, falchi e galline.

Con slancio protettivo il cane di un ospite le si para davanti e con ripetuti arf.. arf.. bau tenta di rimandarla indietro. Lei, imperturbabile, dondola la testa di qua e di là, si tira sulle zampe, ruota sui piedi quanto le basta per non passargli tra le zampe e si avvia! Smarrito, l’altro le balbetta dietro un biascicato bof.. bbof.. da crisi di identità, tanto che il padrone interviene per ridargli sicurezza: agguanta Industrial per le ali, la capovolge e palpeggia con scherno e la butta a terra.

Poi consiglia di darle “‘na badilada”, tanto non ne verrà fuori mai una gallina: di quelle ha solo le piume e neanche tutte! E poi occupa posto per niente, confonde il gallo, attira i predatori e, inettitudine massima, finora non ha tirato fuori un uovo: in quale ordine economico un animale da cortile mangia per mangiare? Leo però la difende, la considera già torteggiata abbastanza e vuol darle una chance di vita.

Intanto piccoli tuoni in distanza diventano temporale con lampi, fulmini e nebbia bassa. Festa finita e tutti al riparo, noi e alcune galline sotto il tendone, altre nel pollaio o sotto gli alberi. Industrial no, non c’è e non si sa dove sia, ma non pare sia un problema per nessuno.

L’uovo, finalmente!

Ottobre mi riporta a Cavrasto in cerca delle ottime noci della zona. Chiedo di Industrial. Leo si apre in una risata: ha fatto l’uovo! Non nella paglia del pollaio o in qualche posticino nascosto, bensì seduta a terra con le zampe aperte in avanti, assolutamente ignara di cosa le stesse capitando! Quando ha visto l’uovo, non s’è messa a cantare come da proverbio, bensì ad osservarlo guardinga, avvicinandosi e allontanandosi senza mai perderlo di vista. Poi ha iniziato a spingerlo col becco, lo fermava, lo becchettava e ancora lo rotolava finché non s’è rotto. Altre occhiate di sospetto e poi, con una calma da convivio di slow foodiani, se l’è mangiato guscio compreso!

La cerco con gli occhi ed eccola solitaria a metà prato. Passo ancora incerto e lento, sembra occupata a cercare cose da beccare, un insetto, un seme, piccoli sassi o anche solo una briciola. Grazie a questa genuina dieta fai da te, unghie e becco sono consumate il petto e le zampe hanno perso gran parte della loro ipertrofia. Non si lascia avvicinare né toccare ma, curiosamente, non ha maturato alcun timore per i predatori, nonostante il viavai in zona di veri professionisti del settore: per lei polli, volpi, umani, mucche, maiali, poiane, conigli, faine pari sono!

In primavera ripasso da Industrial. Ha superato bene l’inverno e pare abbia sviluppato istinti da vera gallina. Se, ad esempio, una collega allunga il becco nel suo spazio, lei mostra un po’ d’irritazione, allunga il collo e sbatte le ali per tenerla lontana. Conduce sempre una vita solitaria, ma non è chiaro se siano le altre a tenerla alla larga oppure sia lei a bastare a se stessa. Emette qualche smorzato coo cotcot coccodè e perfino razzola, mission impossible fino qualche mese prima, quando faticava perfino a stare sulle zampe.

Solleva spesso la testa per occhieggiare attorno e cammina con circospezione, perché ha intuìto che il mondo attorno è più complicato e cattivo di quello della stia. Non ha però più fatto un uovo e ancor meno pulcini poiché pare che il gallo non intenda assolutamente rischiare il bis. A giudizio del padrone di casa, però, Industrial è sulla buona strada per diventare una gallina, almeno all’80%.

Arriva giugno, tempo di malghe e Leo sposta mucche, maiali, polli e cani in quota tra boschi e prati. Industrial è una quasi gallina, quasi corre, quasi razzola e quasi riconosce le situazioni di pericolo ma, ahi lei tapina, solo quasi! Così un mattino d’agosto, persa negli affari suoi, attraversa il recinto dei maiali che in un attimo la calpestano e se la mangiano. Solo qualche penna qui e là testimonia dell’accaduto.

La rincorsa di Industrial, gallina senza “specifiche operative” ad essere qualcosa, si è fermata lì. Programmata come reattore chimico per trasformare a basso costo becchime e acqua in petti, cosce e alette e poi scampata alla sorte da una propizia caduta dal camion, ha tentato di dar un senso al suo esserci ma non sapeva nemmeno lei quale.

Rispetto alle sue compagne di stia, divenute polli in offerta speciale il giorno stesso in cui lei faceva bingo, Industrial ha avuto almeno l’opportunità di assaggiare la vita. Forse ne aveva inteso il gusto o forse non aveva ancora capito niente. Ma almeno ci ha provato.

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Commenti (6)

Una su un miliardo... Gabriella

Sì.. una su un miliardo ce la fa a scappare. Poveri esseri completamente snaturati vivono come schiavi e muoiono in modo atroce. Viene negato loro qualsiasi comportamento naturale: correre su un prato, giocare, allevare la prole. Per una passeggera soddisfazione del gusto sottoponiamo esseri senzienti alle crudeltà più efferate. Ci sarebbe tanto da dire sull'argomento ma lascio a voi informarvi e cercare filmati in rete: a me è servito per cambiare alimentazione il VEDERE cosa succede negli allevamenti intensivi e nei mattatoi. Ah, se solo questi luoghi di morte avessero pareti di vetro... o se ci portassero le scolaresche... Prendete in considerazione (ve lo dico col cuore) il diventare vegetariani e poi vegani, ne va della vostra salute, di quella del pianeta e non ultimo, ma a pari importanza, della vita dei nostri fratelli animali!

Amore e libertà Trento

Ciao Ugooo!!!
Ho letto la storia di Industrial, che bella.
Ho riso e mi sono emozionato, mi piace come scrivi....ed è bellissimo sentire raccontare delle storie che hai vissuto personalmente, anche solo in parte, Industrial me la ricordo bene e sentirla raccontare mi ha fatto molto ridere e piacere.
ll modo, il sentimento....l'amore che Leonardo (padrone di casa) porta con se e per le cose che fa è ineguagliabile....lo porta con leggerezza e serenità, lo porta in ogni cosa, in ogni persona e in ogni animale....per me è sempre un piacere senza prezzo stare con lui e mi manca tanto.
Onestà, semplicità e amore.
Grazie per quello che hai scritto.
Spero di vederti presto.
Un abbraccio forte Ugo.
Con affetto Alessandro

Viva Industrial! IRIS

Complimenti Ugo Bosetti!
Storia tenera e triste, che mi fa sentire un po' "colpevole" per saper cucinare "bene" il petto di pollo!
Questa storia ci insegna molto, compreso il fatto che su cosa mangiamo, soprattutto in riguardo alla carne, siamo poco e male informati. E' terribile come trattiamo gli animali.
IL suo articolo meriterebbe di essere conosciuto nelle scuole!
IRIS

giusto! XXXXX

Giusto , la morale amara dell'articolo è proprio quella , come vengono trattati i polli ( o altri animali ) d'allevamento . Però l'articolo è fatto bene proprio perchè tratta in modo divertente un tema serio .

storia vera webmaster

Che fa anche riflettere su come trattiamo gli animali destinati al nostro piatto.

troppo divertente! XXXXX

Troppo divertente questo articolo , ne consiglio a tutti la lettura !
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