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La schiettezza fa 90

C’era una volta una bambina che alla mensa del tempo pieno tirava fuori dal suo panierino insalata, uovo e formaggio suscitando la curiosità dei compagni e la preoccupazione delle maestre. Come poteva crescere bene un bambino senza mangiar carne? Ma lei era sana e forte, aveva l’argento vivo addosso e lo sfogava correndo nei corridoi degli Uffizi o arrampicandosi sugli alberi. Certo, le coincidenze furono più di una. Per esempio quella di abitare da piccola nel quartiere Le Cure di Firenze, all’angolo di via Cento Stelle, una strada tra via Volta e via Marconi. Pur non credendo al fato e al destino... una spintarella c’era già!

Sicuramente ha contribuito avere genitori che oggi definiremmo “alternativi” o “illuminati”: il babbo protestante, di origini svizzere, era contabile alla Valdarno; la mamma, cattolica, diplomata all’Accademia delle Belle Arti, faceva la miniaturista agli Uffizi. Un vicino di casa li avvicinò alla teosofia, dove non c’erano sacerdoti e dogmi. La regola era trattare con rispetto il prossimo, indipendentemente dal colore della pelle, dal sesso, dalla religione. Il tutto applicato ad ogni forma di vita compresi gli animali, il che richiedeva di diventare vegetariani, e lei crebbe robusta anche senza mangiar carne. A dieci anni d’estate andava al Bobolino, un parco vicino a casa, a giocare a palla e, fra i vari ragazzini, conoscerà Aldo. L’uomo della sua vita, anche se poi impiegarono altri dieci anni per rivedersi e capirlo. Sì con Aldo, la sua enciclopedia vivente, festeggiano i 68 anni di matrimonio insieme.

All’inizio il fascismo, per una sportiva come lei, voleva dire attività fisica (le piaceva marciare), era una ventata di modernità, faceva uscire le donne dalle cucine. Ma quando aveva sedici anni cominciò a sparire prima la professoressa di scienze, poi furono cacciati alcuni compagni di scuola. Fra gli amici della sua famiglia c’erano diversi ebrei con attività commerciali. Le saracinesche si abbassavano e gli italiani si trovarono improvvisamente allineati alla politica e alle scelte di Hitler.

Così diventò antifascista, motivo per il quale, con la maturità imminente, fu sospesa per un mese da scuola. Ma per via dello scoppio della Seconda guerra mondiale, in base ai voti dello scrutinio, quell’anno promossero o bocciarono senza esami. Dopo il liceo poteva scegliere l’università che voleva, ma dopo una sola ora di lezione a Lettere decise che erano tutte chiacchiere. Dirottò su fisica perché lì si era iscritta la sua compagna di banco e amica più cara. Un’americana che allo scoppio della guerra tornò a casa e che rivide solo molti anni dopo, a Princeton. Durante la guerra saranno giornate di lezioni e studio alla facoltà di Fisica, con il babbo che ogni mattina alle dieci le portava un pezzetto di formaggio grana. Le andava bene studiare, ma non per fare l’archivista, voleva lavorare in laboratorio, vivere la ricerca in prima persona.

Con una visita all’osservatorio di Arcetri, le stelle entrarono casualmente nella sua vita, non quelle romantiche che cadono la notte di San Lorenzo, solo per evitare i libracci polverosi. Amava la ricerca, toccare manualmente telescopio e spettrografo, e dopo vari incarichi nel 1964 diventa direttrice dell’osservatorio di Trieste. Da quando è in pensione, nel 1997, divulga libertà attraverso il suo pensiero lucido e schietto. Convinta che una persona di scienza debba saper illustrare un problema complesso nel modo più semplice possibile. Con il suo sguardo libero da pregiudizi politici, spirituali e religiosi, affronta temi cruciali quali la laicità, il confine tra scienza ed etica, il testamento biologico, l’eutanasia, l’emancipazione femminile.

Smarriti, privi di eroi come siamo, è la stella che brilla di più nel panorama culturale e scientifico italiano senza aver mai fatto la star. Talvolta si sente una reliquia: la toccano, la vogliono baciare, la ringraziano per le cose più disparate. Ma posso capirli, è davvero un grande onore conoscerla di persona e starle vicino. Quella bambina assomiglia un po’ a Maga Magò: ha due occhi enormi e azzurri, quell’accento toscano che è una carezza per il cuore, e il 12 giugno compirà novant’anni. Buon compleanno, Margherita Hack.