Le colpe della crisi
Nel 2012, con vaste campagne moralizzatrici, in Italia si è scoparto che è necessario (o, più realisticamente, sarebbe opportuno) che tutti paghino le tasse. Secondo la Tv, gli italiani sono inclini ad evadere.
Leggo sul giornale L’Adige del 28 aprile, in prima pagina: “L’esercito degli evasori”. Sotto i governi democristiani post-Degasperi si è realizzata la maggior parte del nostro enorme debito pubblico, secondo la politica del “fin che la barca va”, come diceva Andreotti. Soggetti inamovibili, intoccabili, con l’assillo del consenso elettorale, demagogia imperante, assenza di ogni controllo. Le istituzioni a ciò preposte non si attivavano di propria iniziativa, ma neppure in seguito a precise denunce. Ora, a rischio di default come siamo, sembrano tutti farsi in quattro, ma per anni hanno dormito sonni profondi. Neppure i governi post-DC hanno ridotto il debito, né hanno invogliato ad adempiere ai doveri fiscali: penso allo scudo fiscale con anonimato per i capitali esportati o alla depenalizzazione del falso in bilancio, o ai condoni. Pertanto chi ha evaso è stato finora agevolato.
Ancora negli anni Novanta ho denunciato gravi - secondo me - irregolarità e truffe nella sanità locale: alla Procura, alla Corte dei Conti, alla Guardia di Finanza (qui mi fu detto che non c’era “la volontà politica di procedere”), all’assessorato provinciale alla Sanità, al Tribunale del malato, all’Ordine dei medici, ecc. Neppure uno di questi si è mosso: nelle controdeduzioni sulla vertenza ho notato dovizia di menzogne, reticenze e mistificazioni della verità. Pertanto la responsabilità della situazione attuale è da attribuirsi pressoché in toto ai vari governi pregressi e a quelle istituzioni che hanno servitoper il proprio tornaconto, una classe politica in buona parte corrotta. Adesso a noi tocca pagare, semnpre che ciò sia sufficiente.