La donazione Bentivoglio
Arte al femminile
Nel terzetto di mostre da poco inaugurate al Mart (Diango Hernández, Carlo Valsecchi, e Donazione Bentivoglio) ci interessa focalizzare l’attenzione su quest’ultima (fino al 22 gennaio), in quanto ben evidenzia come il Mart, oltre ad essere un’eccellente vetrina espositiva, sia anche una ricca collezione di opere d’arte e un centro di ricerca capace di guadagnare ancora la non facile fiducia di artisti e collezionisti, tanto da spingerli a donare al Museo, sicuri di un’attenta conservazione e valorizzazione, le loro collezioni. La donazione di Mirella Bentivoglio si inserisce perfettamente in uno degli ambiti di ricerca del Mart, quello delle sperimentazioni verbo-visuali internazionali che dal Futurismo giungono fino alle neo-avanguardie del secondo Novecento, Poesia visiva in testa. E lo fa con un occhio del tutto singolare, quello dell’universo femminile: le oltre 300 opere donate al Mart sono state infatti tutte realizzate da artiste e donate in precedenza dalle stesse a Mirella Bentivoglio, testimonianza di una reciproca stima guadagnata attraverso le quasi 30 mostre dedicate dalla Bentivoglio al rapporto arte-scrittura al femminile, tra le quali ricordiamo “Materializzazione del linguaggio” alla Biennale di Venezia del 1978.
Mirella Bentivoglio è però essa stessa una delle protagoniste della Poesia visiva internazionale. Ruolo, questo, anch’esso documentato nel percorso attraverso alcune significative opere, come quella tra ludico e critico titolata “Lo specchio del cuore della consumatrice ubbidiente” (1975), raffigurante un cuore includente la parola “oca” che rimanda al logo della Coca-Cola.
Il percorso, curato da Daniela Ferrari, si apre con l’enorme iperlibro di Dora Tass, una struttura in metallo di alcuni metri d’altezza, che evoca nelle forme un libro. Il rimando alla scrittura è del resto il fil rouge che accomuna gran parte delle opere esposte, in una varietà di soluzioni e provenienze geografiche che ha dell’impressionante. A Mirella Bentivoglio spetta anche il merito di aver svelato alcune artiste dell’Est europeo, nascoste negli anni Settanta dalle fitte ragnatele della censura. È il caso dei Cubes dell’artista moscovita Rimma Gerlovina - cubi di legno con scritte in cirillico, esposti in quella Biennale del 1978 - ufficialmente boicottata dal regime sovietico.
Il riferimento alla storia, passata e presente, ritorna anche in altre opere esposte. Il lavoro di Greta Schodl Codice femminile (1966-2007) è ad esempio un libro-oggetto contenente un lenzuolo raccolto dall’artista a Firenze dopo l’alluvione del 4 novembre 1966, pulito dal fango e tempestato come fosse un mantra dalla scritta “Firenze 1966”; un omaggio al concreto impegno della Bentivoglio e di moltissimi altri giovani nel salvare i documenti dell’Archivio di Stato di Firenze in quei terribili giorni. Nell’installazione di Irma Blank Qumran Blau il riferimento è invece ai rotoli del Mar Morto, espresso attraverso una serie di tele appese ed altre arrotolate, tutte completamente dipinte di blu, ove solo la trama del tessuto rimanda a un’idea di segno, al contempo elementare ed incomprensibile.
L’universo femminile traspare in questa mostra in numerosi lavori sia attraverso iconografie che tramite l’utilizzo di vari materiali in qualche modo evocativi. Ecco comparire ad esempio un ventaglio nel lavoro di Anna Esposito, Sventagliata di mitra, costituito dalla piegatura di alcuni poster che riproducono una nota fotografia di Robert Capa. Una fotografia di un pranzo di nozze è al centro di un lavoro di Ketty La Rocca, autrice tra l’altro di un libro d’artista in cui protagoniste sono proprio le mani femminili. La sarda Maria Lai è documentata invece da un Libro-scalpo (1978) dal quale fuoriesce una lunga treccia di capelli femminili.
L’elemento-simbolo che ricorre però nella maggior parte dei lavori è il rimando all’elemento tessile. Ci sono libri-oggetto costruiti con piccoli telai artigianali, come nei lavori di Sveva Lanza; opere che celano l’intimità femminile attraverso l’utilizzo di spago e ceralacca, come in un delicato quanto poetico lavoro del 1982 di Elisabetta Gut; opere dall’accento minimalista, come le ragnatele in filo di spago di Franca Sonnino (Pagine, 1981-1982).
L’artista che più ha sviluppato la ricerca tra arte, scrittura e tessitura in una dimensione squisitamente intima è però l’americana Amelia Etlinger. Oltre che nelle opere a destinazione pubblica, tra le quali si annoverano anche alcuni libri d’artista in esemplare unico interamente realizzati in stoffa, l’artista ha utilizzato tali elementi anche per una personalissima forma di mail art che meriterebbe di essere approfondita. La Etlinger era infatti solita spedire ad amici e conoscenti, tra cui Mirella Bentivoglio, delle lettere e dei bigliettini completamente avvolte da tessuti colorati, fili, nastrini e paillettes; elementi che talvolta sconfinavano dall’interno per invadere anche la busta di spedizione.