Veltroni e il referendum
Dopo la sconfitta del referendum Veltroni ha proposto le dimissioni alla segreteria DS, che le ha respinte. Mi chiedo che significato ha questo gesto. La segreteria non è un organo politico ma tecnico. Gli organi politici DS usciti dal congresso sono la Direzione e l’Assemblea congressuale. Se Veltroni faceva sul serio doveva proporre le sue dimissioni alla Direzione; oppure insistere che, sia pure col parere negativo della segreteria, la sua decisione venisse discussa nella sede competente, avviando così una improrogabile decisione politica.
Invece no: le dimissioni sono subito rientrate. Eppure Veltroni, dopo la triplice sconfitta delle europee, delle regionali e del referendum, si è reso conto che "si è chiuso un ciclo" al quale aveva dedicato la sua vita politica. Nell’intervista rilasciata a La Repubblica il 24 maggio ha dichiarato: "Quel ciclo, al quale ho contribuito come pochi altri, oggi rischia di tramontare. La mia offerta di dimissioni nasce da qui". Le cose stanno effettivamente in questi termini. Il declino della sinistra e in particolare dei DS non è imputabile al destino "cinico e baro", ma da un lato a cause di lungo periodo, e dall’altro a colossali errori compiuti dal 1989 ad oggi.
Di questi errori qualcuno dovrà rendere conto. Veltroni non può certo essere il capro espiatorio, e neppure l’unico responsabile. E’ tutto il quadro dirigente che dovrebbe finalmente, rendere conto al partito della sua condotta, dei ripetuti errori, di una linea politica rovinosa che ha scavato la fossa ai governi di Prodi e di D’Alema (i quali avevano operato bene), e che è approdata al governo Amato-Intini. Sarà necessario, prima o poi, affrontare questa situazione che, a meno di un colpo di timone che cambi la rotta, porterà il centro sinistra dritto alla sconfitta alle prossime elezioni politiche. Purtroppo non si vedono segnali che preludano a una autocritica seria, alla impostazione di un progetto, alla costruzione di una identità forte che arresti il declino della sinistra e prefiguri una rivincita. L’intervista di Veltroni a La Repubblica è sotto questo profilo, disarmante e deludente.
Dopo alcune considerazioni del tutto generiche, al giornalista che gli chiedeva "Torniamo al referendum. Voi avete perso. Ma chi ha vinto?", il leader DS ha risposto testualmente: "Al referendum non ha vinto nessuno" e ha dileggiato l’esultanza del "topolino" Bertinotti.
Purtroppo c’è anche un altro che ha esultato, l’on. Silvio Berlusconi, il quale aveva previsto il risultato e, fiutando il vento, aveva lanciato la sua poderosa organizzazione politica e mediatica contro il quorum: "State a casa per mandarli a casa".
Silvio Berlusconi non è un "topolino" come Bertinotto, ma è il capo dell’opposizione (pur essendo l’uomo più inquisito d’Europa), ha con sé la maggioranza degli Italiani, e si appresta a diventare il nuovo Capo del Governo. Non si può scherzare. Non si può dire che non ha vinto nessuno. Il vero vincitore del referendum è l’on. Berlusconi, che giustamente ora irride i referendari e chi li ha aiutati. Negare o nascondere la vittoria di Berlusconi vuol dire essere politicamente ciechi e preparare altre sconfitte.
Inoltre se fosse vero che "nessuno ha vinto", perchè Veltroni ha presentato le dimissioni? Per finta? Confesso di non capire.
Sono infine rimasto esterrefatto da una delle ultime affermazioni di Veltroni contenute nell’intervista. Parlando dei futuri referendum, il leader DS ha affermato, dimenticando tra l’altro l’art. 75 della Costituzione, che "bisogna togliere il quorum". Ciò significa che se per il referendum del 21 maggio la legge, già emendata secondo Veltroni, non avesse raggiunto il quorum, sarebbe bastato un 16% di sì (su 30% di votanti) per imporre alla stragrande maggioranza degli Italiani (70% + 14% = 84%) l’abrogazione di leggi importanti.
E questa sarebbe democrazia? Cose da pazzi! Meno male che su L’Unità del medesimo 24 maggio il noto giornalista DS Bruno Gravagnuolo scrive rimproverando Pasquino (forse perchè suocera intenda): "E c’è chi ancora insiste con il quorum da abolire, Gianfranco Pasquino. Ma non capisce, esimio professore, che il quorum è a garanzia di chi un certo quesito lo rifiuta? Quesito proposto da una minoranza?".
Il militante o l’elettore DS che si trova di fronte alla affermazione di Veltroni (abolire il quorum) e a quella opposta di Gravagnuolo che conclusioni può trarre? Se non altro resterà perplesso e penserà che "una grande confusione regna sotto il cielo della sinistra".