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Road Map: un’illusione?

Road Map, ovvero come frustrare ulteriormente le aspettative di una pace che ponga le sue basi sul riconoscimento, oltre la sicurezza e gli interessi di Israele, dei palestinesi e di quel che rimane della Palestina, il 22% dell’originale. Sulla quale gli insediamenti dei coloni e l’esercito di occupazione israeliano impediscono di fatto la possibilità reale di creare uno stato palestinese che la Road Map pur riconosce.

Gli insediamenti dei coloni israeliani sono tutti illegali, come da un punto di vista storico lo è lo Stato israeliano, perché fondato sulla sopraffazione di un altro popolo, quello palestinese, del quale non si vuole ostinatamente riconoscere la legittimità.

La pace e la democrazia dei grandi del mondo, escluso naturalmente Berlusconi per ovvi motivi, la si può osservare tutti i giorni seguendo le pur scarne notizie, sia dal Kossovo che dall’Afghanistan o dall’Iraq, dove destabilizzazione, morti e negazione dei più elementari diritti umani sono notizia quotidiana, alla faccia dei Saddam di turno.

Berlusconi, non si sa ancora in quale veste, se di ambasciatore americano, europeo, o italiano, o forse di tutto un po’, nella recente visita in Israele ha rifiutato di incontrare il legittimo presidente palestinese Arafat, e ha definito Israele l’unica democrazia del Medio Oriente, dando un’ulteriore dimostrazione dell’arroganza politica di questi pacificatori, dimenticando oltre tutto che l’Italia intrattiene rapporti diplomatici ed economici con quasi tutti i Paesi mediorientali.

Se è questo che intendono per pace in Medio Oriente, non c’è bisogno di una Road Map enfatizzata dai media: basta che l’esercito di occupazione israeliano continui il suo sporco lavoro fino alla cancellazione della Palestina e di chi si definisce palestinese.

La Road Map sembra solo pura propaganda; la pace può diventare possibile solo quando coloni ed esercito d’occupazione lasceranno libero quello che rimane della Palestina, quando si tornerà ai confini del 1967, quando i profughi palestinesi potranno decidere se ritornare nella loro terra, quando si lascerà ai palestinesi scegliere i loro rappresentanti, quando Israele riconoscerà quello che in ogni modo ha tentato di sottomettere e cancellare.

Fino ad allora l’unica strada per la democrazia esistente in tutto il Medio Oriente è la Resistenza palestinese che ipocritamente si vuole definire terrorista.

Da questo punto di vista i palestinesi hanno subito la tattica del terrorismo di Stato, da chi quotidianamente lancia sulle loro teste missili e bombe "intelligenti", da chi sistematicamente distrugge le loro case, da chi li costringe da decenni alla disperazione quotidiana, da chi stando nella comoda e asettica poltrona di casa propria pontifica sulla liceità di azioni che distruggono e annientano vite umane, colpevoli di essere lì, indistinguibili tra vittima e carnefice.

Quando parliamo o tentiamo di dire delle cose, cerchiamo di non isolarci dal contesto storico dei fatti, altrimenti si corre il rischio di confondere fra l’aggressore e l’aggredito, si possono produrre barriere ideologiche che impediscono ogni ragionamento sull’oggettività della realtà, realtà che ancora oggi nega ad una parte, quella più debole, la dignità di popolo ed il pieno diritto di vivere la propria vita sulla sua terra, la Palestina.

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In altri numeri:
Lettera dalla Palestina n° 2
Piergiorgio

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