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Allevamento o agricoltura?

Giusi Ferrari - LAV di Trento

Un quarto delle terre emerse del nostro Pianeta sono utilizzate per coltivare il mangime per nutrire più di un miliardo di mucche. Circa 200 milioni di persone sono coinvolte in attività connesse con la produzione zootecnica: Nord, Centro e Sudamerica producono il 43 per cento di tutta la carne bovina del mondo.

Gli Stati Uniti sono il maggior produttore mondiale. Là, la carne bovina rappresenta un affare colossale, un’industria da 36 miliardi di dollari e per volume d’affari il quarto settore dell’industria manifatturiera. Là, ogni ventiquattr’ore vengono macellate circa 100.000 mucche e ogni anno nei fast- food americani vengono venduti più di 6.700 milioni di hamburger.

Gli Stati Uniti sono i maggiori consumatori di carne bovina, ma in anni recenti Giappone, Corea del Sud e Taiwan ne hanno aumentato l’importazione. Nell’ultimo mezzo secolo infatti in quasi tutte le nazioni del mondo, l’incremento dei livelli di reddito è andato di pari passo con l’aumento dei consumi di carne soprattutto bovina.

Consumare carne bovina è quindi una forma di privilegio, un segno evidente di ricchezza. "Fra le nazioni - scrive Jeremy Rifkin, presidente della Foundation on Economic, in "Ecocidio" - l’ingresso nel ‘circolo della bistecca’ rappresenta un potere accresciuto e, da un punto di vista geopolitico, per determinare il proprio posto nel mondo, ha la stessa importanza del numero di carri armati e di navi da guerra o della crescita della produzione industriale. Durante tutta l’epoca moderna, la capacità di controllare la produzione e la distribuzione di carne bovina è stato un fattore determinante dell’espansione della civiltà occidentale".

In questo secolo, per sostenere la crescente espansione del complesso bovino, si è attuata in agricoltura un radicale passaggio dalla coltivazione di cereali prevalentemente destinati all’alimentazione umana a quella di cereali per l’alimentazione animale: il 70% dei cereali prodotti negli Stati Uniti, due terzi di quelli esportati.

Nei paesi del Terzo mondo milioni di ettari di terra sono utilizzati esclusivamente per produrre mangime destinato al bestiame europeo: nel 1984 in Etiopia, mentre la carestia mieteva migliaia di vittime ogni giorno, gran parte della coltivazione delle terre continuava ad essere destinata alla produzione di mangimi esportati in Gran Bretagna e in altri paesi europei.

Ma come si è potuto incidere in maniera così profonda sull’aumento della richiesta mondiale di carne?

Alla base del tutto troviamo la manipolazione della biologia della catena alimentare del mondo, attuata per servire gli interessi di pochi. Nel momento in cui un manzo è pronto per essere macellato, infatti, ha consumato 1.200 chilogrammi di granaglie e pesa 480 chili non tutti utilizzabili. Per fare un chilo di carne ci vogliono 9 chilogrammi di mangimi. Solo l’11% del mangime finisce per produrre carne, mentre il resto viene bruciato come energia per il processo di conversione e per il mantenimento delle funzioni vitali, o espulso. Un ettaro coltivato a cereali produce cinque volte più proteine di un ettaro destinato alla produzione di carne, coltivato a legumi dieci volte di più, a spinaci ventisei volte di più.

"E’ stata proprio la decisione di sfruttare la terra allo scopo di creare una catena alimentare artificiale - la più iniqua della storia - a gettare nella più nera miseria centinaia di milioni di persone sparse ai quattro angoli del globo" - scrive ancora Rifkin.

Le società multinazionali che controllano tutti i processi di questa produzione, dalle sementi ai prodotti chimici per l’agricoltura, dai macelli ai canali di distribuzione, continuano a pubblicizzare l’importanza del consumo della carne soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Incoraggiarli nella produzione di proteine è nell’interesse degli agricoltori americani e delle aziende del settore agroalimentare.

Esistono purtroppo a volte anche nei programmi di cooperazione internazionale indicazioni volte ad incentivare l’apertura di allevamenti e macelli per animali che dovranno bere e mangiare, in ambienti in cui la concorrenza schiaccerà entro pochi anni qualsiasi risultato positivo. Mentre gli Stati Uniti vincolano senza pudore le concessioni di aiuti alimentari all’estero, alla conversione dell’agricoltura a cereali per alimentazione animale.

C’è un legame tra il consumo di carne e l’infanzia negata e la fame e le epidemie che stanno sterminando l’Africa e parte del resto del mondo. Un legame che deciderà le sorti del nostro Pianeta negli anni a venire.

Interi campi di grano e altri cereali che non sfamano la propria gente ma i nostri allevamenti.

Mai nella storia dell’uomo una parte così consistente di popolazione, circa il 20%, ha sofferto per malnutrizione: 500 milioni di affamati nel Sud- Est asiatico; 160 milioni in Africa.

Fra 40 e 60 milioni di persone ogni anno nel mondo muoiono di fame o di patologie associate alla denutrizione. Di questi 15 milioni sono bambini. Mentre milioni di adolescenti dei paesi benestanti lottano contro l’eccesso di peso, bambini di altri paesi non possono crescere, a causa della malnutrizione cronica, delle parassitosi intestinali e dall’esposizione continua a malattie infettive. Se la malnutrizione si manifesta nel primo anno di vita, il ritardo fisico e mentale è irreversibile.

"Oggi, nel mondo, - è ancora Rifkin che parla - milioni di bambini si vedono negato il proprio patrimonio genetico, sono derubati della propria statura e delle proprie capacità mentali, vittime del più crudele dei destini: quello della denutrizione... Sono milioni di persone sofferenti di cui solo occasionalmente cogliamo il volto, nei servizi del telegiornale.

La loro esistenza è stata marginalizzata, impacchettata con cura nelle statistiche delle Nazioni Unite e archiviata in un luogo convenientemente lontano dalla nostra routine e dalle nostre preoccupazioni quotidiane... A preservare la profonda frattura che divide il mondo, sono le aziende multinazionali. Il manzo globale sta rapidamente diventando una realtà, garante di una disparità sempre maggiore fra pochi eletti e masse di umanità diseredata".

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