Gesù e la Confindustria
Una suora è entrata nel direttivo della Confindustria della provincia de L’Aquila. Una novità assoluta. Il presidente motiva la novità sostenendo che “l’istituto della Dottrina cristiana si muove come un’azienda”.
Un’azienda? Noi, ingenuamente, pensavamo che si muovesse per amore, per carità, appunto, cristiana. E la suora di rincalzo: “I religiosi dovrebbero leggere tutte le mattine la Bibbia e i giornali”, preferibilmente, pare di capire, quelli economici e finanziari.
Vorremmo chiedere, a lei che legge la Bibbia tutti i giorni, se Gesù abbia contemplato che un suo rappresentante potesse sedere al tavolo di una futura Confindustria. A noi sembra di no. Gesù è un personaggio molto scomodo, poco accomodante, che ci pone davanti a terribili aut aut: “Nessuno può servire due padroni. Non potete servire Dio e Mammona”, cioè la ricchezza, il guadagno. E aggiunge: “Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il vostro Padre celeste li nutre. Guardate come crescono i gigli del campo: non lavorano, né filano”.
In queste parole, e in tutto il Vangelo, per non citare quel famoso paragone con il cammello e la cruna dell’ago che preclude il paradiso al ricco, non c’è niente di più lontano dall’obiettivo del profitto, del capitalizzare averi e danaro. Allora, per tutti i cristiani, e non solo per la nostra suora, si pone il tremendo dilemma: il Vangelo, specchio di una civiltà orientale povera, pastorale e contadina, è arcaico e superato o è ancora ed universalmente valido in quanto parola del Figlio di Dio? Per un credente deve valere il secondo corno del dilemma e pertanto costui non può manipolare e banalizzare le parole attribuite a Dio. È tenuto per coerenza a rispettarla. Infine, a margine: se Hegel considera la lettura dei giornali la preghiera quotidiana dell’uomo moderno, è perché il suo Dio è immanente alla storia, ma ben altro è il Dio cristiano, trascendente, eternamente uguale a se stesso.