Ma non è una cosa seria...
I Freiheitlichen austriaci tornano alla carica: doppia cittadinanza per i sudtirolesi
Mica siamo in uno sperduto villaggio del Brasile, Dreizehnlinden, dove vivono dei tirolesi emigrati chissa quando, i quali ancora possono tenersi la cittadinanza austriaca: così sussurra qualche gola profonda nel Landhaus, la sede della Provincia. Ma a 50 anni contati dallo storico discorso dell’allora ministro degli Esteri Bruno Kreisky all’assemblea dell’ONU, in cui aveva deplorato l’oppressione dei sudtirolesi di lingua tedesca da parte anche della Repubblica post-fascista, chiedendo l’appoggio della comunità internazionale ai negoziati che dovevano concludersi col pacchetto dell’Autonomia, si discute ancora sulla doppia cittadinanza, austriaca ed italiana, da concedere a chi, in provincia di Bolzano, la chiedesse. Una commissione del parlamento nazionale sta approfondendo la materia da qualche mese, mentre la settimana scorsa, nel consiglio provinciale a Innsbruck i Freiheitlichen hanno introdotto, con procedura d’urgenza, una mozione che impegni la giunta a chiedere al governo nazionale passi diplomatici per realizzare questa benedetta doppia cittadinanza, perché poi sarebbe più facile discutere di problemi attuali (come la toponomastica), sottolineando che, in fin dei conti, si tratterebbe di diritti di cittadini austriaci. Non manca il rituale riferimento al sacrosanto “diritto di autodeterminazione”.
E l’atto finale della Conferenza sulla Sicurezza e Cooperazione in Europa, ed il Trattato UE, dove li mettiamo? Berlusconi è quello che è, ma l’Italia è pur sempre un Paese democratico e Stato membro dell’UE; i diritti della minoranza di lingua tedesca (in quanto cittadini europei) sono salvaguardati dalla Carta dei Diritti dell’UE, e molto meglio che dalla diplomazia austriaca.
Di complessi argomenti di diritto internazionale, o di problemi costituzionali (i sudtirolesi dovranno votare due volte, sia per il parlamento italiano che per quello austriaco?), i Freiheitlichen ovviamente non vogliono saperne. La destra estrema ha sempre lottato per il Tirolo “unito e tedesco”, punto e basta. Bis e trisnipoti di austriaci per loro restano austriaci (purché germanici), anche se da 90 anni vivono in territorio italiano. Naturalmente, non è colpa loro: il buon Cecco Beppe avrebbe dovuto pensarci prima di iniziare una guerra mondiale: non si vince sempre, e può capitare che i sacri confini della patria, dopo la guerra, non siano più dove erano prima.
Mentre a livello nazionale i popolari si mostrano possibilisti per tener buoni i propri elettori della destra moderata, tentando però di guadagnar tempo per affogare il problema in un mare di questioni giuridiche, in provincia non sanno che pesci pigliare. Non vogliono dissociarsi dai cugini della SVP, che appoggiano, sia pure in sordina, la Südtiroler Freiheit (a Durnwalder, un po’ di tensione etnica non dispiace, tanto per serrare le file del partito di raccolta), ma nemmeno vogliono mettere a rischio il progetto dell’Euregio alpina, inimicandosi i centristi italiani nel Trentino e nel Sudtirolo: al di là di contingenti logiche elettorali, hanno capito che sia lo sviluppo dell’UE che ragioni di economia regionale, per non parlare di ragioni fiscali, rendono impraticabile l’ipotesi dell’autodeterminazione. Quindi anche loro sono per l’insabbiamento e avevano già annunciato prima della seduta che il voto con procedura d’urgenza non ci sarebbe stato. La mozione, dunque, sarà discussa, girata e rigirata in varie commissioni, poi si vedrà - sperando che tutti, o quasi, se ne dimentichino.
I socialdemocratici, partners di governo, invece, dicono chiaro e tondo (una volta tanto) che la doppia cittadinanza non la vogliono; invece di guardare al passato, guardano al’integrazione europea, ha dichiarato il capogruppo e vicepresidente del consiglio. Stesso discorso in casa dei verdi, per i quali sia la discussione su un presunto ruolo di “guardiano” dei diritti dei sudtirolesi da iscrivere nella Costituzione che le chiacchiere sulla doppia cittadinanza sono da buttare una volta per tutte, per lavorare insieme per una Euregio multietnica, dove le sedute congiunte dei consigli trentino, sudtirolese e tirolese si impegnino a lavorare insieme sui problemi pressanti dell’ecologia, dell’economia, delle politiche per la mobilità, dell’educazione e via dicendo - problemi, insomma, che riguardano tutti noi che viviamo in questa tormentata regione centrale delle Alpi, e che non si risolvono con bandiere nazionali e passaporti.
Dunque, il Consiglio, a larghissima maggioranza, ha respinto l’urgenza. I Freiheitlichen, con le elezioni in vista, faranno sempre risorgere gli spettri del passato, mentre i sudtirolesi, si spera, continueranno a coltivare lo speck, il buon vino, il turismo e la convivenza civile, con o senza il passaporto austriaco.