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Dellai, il Fondatore

Avete presente quei vecchi film americani dove il giovane protagonista esclama perentorio: “Prima dei quarant’anni voglio aver guadagnato un milione di dollari”?

Vien da pensare che Dellai, prima dei 60, voglia fondare almeno cinque partiti. Ha cominciato tardi, ma può farcela. Dopo aver perso tempo con la DC nei suoi anni verdi, una tentazione estremista quando s’invaghi fugacemente della “Rete” di Leoluca Orlando, ci si è messo di buzzo buono: Margherita, Upt, e sul piano nazionale, insieme con Rutelli, l’Api (per i distratti Alleanza per l’Italia), di cui peraltro ultimamente abbiamo completamente perso le tracce. E adesso, questo Pdt (Partito del Trentino) che nell’intervista al Trentino il fondatore tratteggia come “una nuova formazione territoriale di animo popolare e autonomista”. A quasi tutti è parso che, dopo la batosta elettorale, voglia semplicemente cambiare il colore della maglia. Nulla di nuovo, infatti: siamo sempre dentro un timidissimo centro-sinistra, con occhi stizziti verso il PD e sguardi languidi a Patt e Udc.

Quando mai!? replica il fedele Lunelli. “L’UPT ha perso alcuni ballottaggi, ma ha pur sempre eletto decine di sindaci”. E a motivare la trovata, Dellai la piglia alla larga: “C’è un’Europa stanca che non cresce e l’Italia sembra essere sulla tolda di una nave che sta affondando e noi ci stiamo baloccando in questioni senza senso”. Noi chi?

E ancora: “Non vorrei che la coalizione si attardasse in inutili tatticismi anziché guardare la realtà... Dobbiamo costruire un nuovo umanesimo”.

Anche fra i militanti più sprovveduti, però, il dubbio è sorto: “Non è cambiando nome un’altra volta che si risolvono i problemi”. “Sono entrato in politica cinque anni fa, non ho mai cambiato partito, ma sono già al terzo”. “Le caratteristiche elencate per il nuovo partito sono le stesse dell’Upt”.

Le stesse argomentazioni, con qualche approfondimento, arrivano dai commentatori professionali. Lo stesso Franco de Battaglia, uno dei pochi che sembra apprezzare l’uscita di Dellai e sostiene la necessità, per quell’area politica, di “uno strumento politico nuovo”, condiziona il successo dell’operazione ad una condizione che ben difficilmente si verificherà: “Non basta il marketing - dice infatti - occorre tornare a dibattere idee, a fare sperimentazioni sociali”. Ma figurarsi se chi ha assolto un Grisenti appena condannato per corruzione ha interesse a “dibattere idee e fare sperimentazioni sociali”!

Suggestiva, poi, l’analisi di Giorgio Paolino, che fa un accostamento tra l’iniziativa di Dellai e il “discorso del predellino” di Berlusconi: stessa “decisione senza spazi per la riflessione”, stessa “logica del ‘solo fare’, ‘senza pensiero’”; con la non lieve differenza - aggiungiamo noi - che il Pdl è nato sull’onda di un crescente consenso, mentre il Pdt sembra confezionato per mettere una pezza su una batosta elettorale.

Il più impietoso è però Pierangelo Giovanetti: “Il continuo sfornar partiti - scrive sull’Adige - è un ottimo modo per spostar l’attenzione dagli insuccessi di quello precedente al nuovo ‘sol dell’avvenire’, senza verificare ciò che non ha funzionato del partito che si scioglie”. Il tutto “senza che nessuno sappia niente”, in un partito “dove la partecipazione e il dibattito non esistono, perché conta solo la voce del capo”.

Una sorridente carezza, al confronto, la critica del nostro Piergiorgio Cattani: fra la logorata Upt e il forse nascente Pdt che differenza c’è? “Bisognerebbe essere cultori della Settimana Enigmistica e in particolare di ‘Aguzza la vista’ per scoprire le differenze infinitesimali fra i due quadri disegnati da Dellai”.

Più sinteticamente: che palle questo ricorrente, interminabile bla bla!

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