Donne, minareti e illuminismo svizzero
Il referendum e il cuore nero della borghesia
Quando i primi risultati sul voto per il referendum anti-minareti sono arrivati, Oskar Freysinger è rimasto di stucco. Su youtube si può trovare facilmente il video della televisione della Svizzera francese che lo riprende mentre al cellulare esprime tutta la sua incredulità alla notizia.
Più tardi racconterà a Le Figaro, quotidiano francese: “I risultati mi hanno preso di sorpresa, ho avuto un attimo di panico, non mi aspettavo di vincere”.
In quel momento il deputato UDC del Canton Vallese, il maggiore artefice del voto dello scorso 29 novembre che ha scioccato l’Europa, stava visitando una moschea per la prima volta in vita sua.
L’aneddoto è interessante, prima di tutto perché dà un’idea del personaggio: Oskar Freysinger è vestito casual, porta la coda, è poeta e cantautore e somiglia più a un fricchettone invecchiato che a un fascista manganello e olio di ricino.
L’iniziativa anti-minareti è stata approvata dal 57% della popolazione svizzera, che si è recata alle urne con una partecipazione mai vista, nonostante il governo federale e praticamente tutti i partiti politici avessero raccomandato di respingerla.
Così, a meno di pensare che il popolo svizzero sia composto in maggioranza da razzisti violenti, il voto ci dice che contro i minareti si è espressa anche una grossa parte dell’elettorato progressista. Che si è identificato con lo stile understatement di Freysinger ed ha accolto le sue argomentazioni falsamente anti-ideologiche. “Se difendere lo stato di diritto e l’eguaglianza tra uomo e donna è essere fascista, allora sono fascista”, dice il deputato UDC a Le Figaro e conclude: “Bisogna che l’Islam abbia il suo secolo dei lumi”.
Un’argomentazione insidiosa, perché giustifica la concezione di “guerra tra civiltà” (quella occidentale e quella islamica) tipica del razzismo moderno dietro parole d’ordine falsamente progressiste, nelle quali il riferimento ad un universalismo illuminista di comodo nasconde l’uso delle vittime per sancire una nuova oppressione.
È il caso della tematica dell’eguaglianza uomo-donna: nei manifesti pro-iniziativa diffusi dall’UDC si vedevano dei minareti neri spuntare come dei missili sulla bandiera svizzera e una donna con il velo. Un messaggio obliquo e accattivante, che ha avuto un’efficacia senza pari: secondo un sondaggio precedente alla votazione (da prendere con le pinze: nessun sondaggio dava l’iniziativa come vincente) 39 donne svizzere su 100 erano pronte a votare a favore del referendum, contro 37 uomini. A imbrogliare ancora di più il dibattito c’è stata la presa di posizione a favore dell’iniziativa di Alice Schwarzer, una delle principali rappresentanti del movimento femminista tedesco, secondo la quale “l’Islam trasgredisce i valori democratici”. Un’argomentazione peraltro tragicamente comica, se si pensa che l’UDF (partito di estrema destra fautore, insieme all’UDC dell’iniziativa) si batte per l’inserimento del creazionismo nelle scuole.
Tutto questo per colpire un nemico immaginario, dal momento che la comunità islamica svizzera - che conta 400.000 persone su una popolazione di 7,5 milioni di abitanti - possiede solo quattro moschee munite di minareti... Una tempesta in un bicchier d’acqua, se non fosse che questa tempesta rischia di travolgere tutta l’Europa.
Ma questo voto mostra anche - oltre alla diffusione dell’argomentazione razzista e ai limiti della democrazia diretta - il cuore nero della borghesia svizzera. Dario Lopreno, in un lungo articolo su una rivista svizzera, spiega come dall’inizio del XX secolo le autorità elvetiche abbiano utilizzato la “strumentalizzazione della peggiore xenofobia” per comprimere i diritti e le condizioni di vita degli immigrati.
Ma questa volta - e inaspettatamente - il gioco gli è sfuggito di mano. Come rischiò di sfuggirgli di mano nel 1970, quando per poco non passò l’iniziativa popolare anti-immigrati che prevedeva l’espulsione di 300.000 lavoratori stranieri dalla Svizzera. La maggioranza dei quali italiani. Il promotore fu James Schwarzenbach, il cui segretario di allora Ulrich Schlüer è stato tra i protagonisti di questa iniziativa anti immigrati.
Quest’anno padre Callisto Calderari, frate cappuccino, ha fatto un presepe molto particolare nella sua chiesa di Bellinzona: sopra la mangiatoia svettavano, eleganti, innumerevoli minareti.