In-dolore
Una memoria di ferro mi permetteva un tempo di non scordare impegni, date, discorsi fatti, libri letti, film visti. Di ricordare perfettamente quello che era indispensabile per la mia iperattiva vita di madre e lavoratrice. Di memorizzare persone conosciute occasionalmente, strade percorse una sola volta e dettagli che sfuggivano ai più. Con una spiccata e masochistica tendenza a ricordare soprattutto errori e critiche, cancellando meriti e apprezzamenti. Dimenticavo subito il bello, anzi magari non lo vedevo, perché troppo concentrata sulle cose che non andavano nella mia vita. Ma ero convinta di avere molto tempo a disposizione per rimediare e smussare i miei spigoli, dedicarmi ai miei figli, alle cose che mi piacevano, a viaggiare, invecchiare serena. Mai avrei detto che la mia vita avrebbe imboccato un tunnel stretto e buio.
La memoria serve adesso a ricordare i troppi impegni medici che rendono la manutenzione del mio corpo sempre più complessa e insopportabile. Serve non scordare i pareri degli specialisti, ad aggiornare l’archivio ricadute, a misurare distanze, calcolare tempi di resistenza, numero di esercizi ripetuti, a memorizzare l’infermiera più disponibile. A ricordare l’elenco delle panchine in zona, i caffè con il bagno a norma, gli amici con l’ascensore... mi capite se ogni tanto “sclero”? Eh si, il verbo è proprio giusto!
Dal mio attuale angolo di lettura quella stessa memoria di ferro è diventata un vero tormento. Un urlo interiore e disperato. Se faccio i famosi due conti a mente, mi risultano solo le maggiori difficoltà a fare una cosa rispetto a un certo periodo e il resto è davvero misero. Lo so che nel manuale della perfetta malata di sclerosi multipla è sconsigliato fare confronti tra prima e dopo. Che è importante concentrarsi su quello che ancora riesce, che la ricerca sta facendo grandi passi avanti e la soluzione è vicina! Mah... sono stanca di illudermi, di sperare che in fondo a quel tunnel ci sia un barlume di luce.
Sicuramente non sono degna di rientrare fra i tanti eroi delle malattie degenerative. Quelle che limitano l’autonomia goccia a goccia inchiodandoti su una croce, lasciandoti come ulteriore tortura una memoria che funziona benissimo.
Sì perché ci vuole un coraggio immane a rimanere fermi sul posto quando dentro di te scalpiti, fremi e hai un bisogno atavico di fuggire lontano. Soprattutto quando sei abbastanza intelligente da capire che l’unica possibilità che hai è accettare la realtà. Senza lamentarti, possibilmente, per non essere di peso. E preferibilmente col sorriso e magari anche la battuta pronta. Perché non siano imbarazzati incontrandoti, che escano da casa tua pensando “che donna coraggiosa, un esempio da seguire”. Andate a quel paese tutti voi alla ricerca di esempi e di eroi. Trovatevelo altrove un eroe, ho già dato abbastanza e in questo momento sono io ad aver bisogno di forza.
Quanto meno rivendico il diritto al lamento, anche se qualcuno s’infastidisce perché lo trova sterile, inutile, fine a se stesso. Tenendo conto che nei miei panni non può mettersi, mi offro come disabile a noleggio per condividere con me quest’umanissima esperienza sempre in discesa. Mica per la vita perché allora sarebbe lui l’eroe, andrebbe benissimo anche qualche domenica. E se pensate che mi si addica, se vi fa piacere, chiamatemi Dolores.