Le piramidi di Bosnia
A scoprirle, un Indiana Jones balcanico. Da l’Altrapagina, mensile di Città di Castello.
Soko, capitale del Banato di Bosnia per gran parte del Medioevo, in tempi recenti più modestamente nota per le sue speciali salsicce, vive da quasi un lustro un sogno esotico fatto di souvenir, turisti e ricerche archeologiche. Ci si arriva percorrendo la statale E73, corso di cemento che sfida le pianure magiare, come le montagne herzegovine per collegare Budapest al sudest Adriatico e finisce a Opusen, nella Repubblica Croata. Visoko è tra Zenica e Sarajevo, a circa 30 km a nord dalla capitale. Nelle colline appuntite che la sovrastano sarebbe nascosto un segreto millenario, da sempre sotto gli occhi di tutti, come testimoniano foto e stampe d’epoca, ma solo recentemente oggetto di studi e verifiche rispetto ad una ipotesi più che suggestiva: sotto quelle colline ci sarebbero delle piramidi – o meglio mastabe - vecchie di circa 12.000 anni, costruite da una civiltà che fioriva in Bosnia mentre il resto d’Europa era coperto di ghiaccio.
Andiamo ai fatti. Nell’ottobre 2005 l’esploratore Semir Osmanagic, tornato nella sua terra dopo quindici anni di esilio negli Stati Uniti, ha rivelato al mondo intero la sua grande - anche se presunta - scoperta archeologica: le piramidi in Bosnia! "Sono rimasto scioccato quando le ho viste per la prima volta, e adesso sono convinto che si tratti dell’opera di antiche civiltà" - si legge in una sua intervista di allora sul reperimento di alcuni resti vicino a tre colline della cittadina di Visoko. In questi promontori dei detriti sarebbero andati a coprire delle antichissime piramidi, come testimonierebbero alcuni reperti lì ritrovati e la loro forma appuntita. Chiariamo subito che tutta la comunità archeologica internazionale ha bollato la faccenda come una bufala e i più ottimisti si dichiarano perplessi di fronte alle prove fin qui portate, comunque insufficienti; questo non toglie niente al fascino delle ipotesi di fantarcheologia di Osmanagic, che hanno convinto molti curiosi sul fatto che quelle colline di Visoko non possono essere opera della natura. La sua teoria, oltre che sui ritrovamenti, si basa su di una ipotesi che fa un baffo ai vari Stargate.
Secondo questa versione slava di Indiana Jones, ci sarebbero delle sorprendenti similitudini tra le colline di Visoko e le piramidi messicane di Teotihuacán, tanto da aver battezzato le prime come le seconde più famose: del Sole, della Luna e del Dragone. Come nel caso di quelle precolombiane, anche per le piramidi di Bosnia, unendo l’apice dei tre punti con una linea, si otterrebbe un triangolo con gli angoli uguali, tutti di 60 gradi, un perfetto triangolo equilatero. Se si prendesse un compasso, poi, questi due triangoli risulterebbero allineati, cioè, in pratica sono speculari ma disposti in parti opposte della Terra. Ci sarebbero poi altre coincidenze geometriche ben più complicate, che parlano di riti iniziatici, alchemici, di elementi come l’acqua, la luce e compagnia bella. Conclusione: ecco spiegata la tecnologia e i collegamenti delle misteriose piramidi sparse per il mondo: una grande civiltà nomade ha diffuso il seme del culto del triangolo in giro per il mondo! Visoko sarebbe la prova del nove.
Questa ipotesi non nasce adesso, ci sono studi e teorie che individuano nelle mastabe costruzioni per bonificare paludi e ricavarne acqua potabile; la loro tecnologia si sarebbe sviluppata e diffusa nel mondo grazie alla collaborazione e alla solidarietà agricola di un antichissimo popolo originario dell’Egitto che viaggiava insediandosi qua e là; le tante mastabe – geometricamente piramidi tronche - sparse per il mondo precedettero faraoni e Maya vari, e da loro furono riciclate per altri scopi, ad esempio in Egitto diventando luoghi di culto funebre.
Quello che sappiamo per certo è che l’area intorno alle colline di Visoko è divenuta il teatro di visite di frotte di curiosi attratti dalla vicenda, tanto che la gita alle presunte piramidi ha sostituito il tradizionale picnic domenicale sul fiume.
Venditori di magliette e di piramidi in miniatura hanno popolato le strade di Visoko e le zone adiacenti agli scavi, peraltro a rilento per mancanza di fondi. Gli abitanti del villaggio hanno trasformato i propri giardini in parcheggi; alberghi, ristoranti e negozi adesso si richiamano quasi tutti ad antichi faraoni e i cartoni per la pizza da portar via sono ovviamente triangolari. Non mancano le guide turistiche, improvvisate o meno. Dall’Italia, grazie alla Ya Bih (Youth Association Bosnia Italia Herzegovina) sono organizzati dei viaggi di turismo responsabile che oltre alla scoperta delle piramidi di Visoko, guidano per una decina di giorni in diverse località bosniache, un viaggiare che sceglie di non avallare distruzione e sfruttamento, ma si fa portatore di principi universali: equità, sostenibilità, tolleranza, senza disdegnare le curiosità come questa. Le piramidi di Visoko sono anche protagoniste di un lungometraggio della milanese Chiara Brambilla, "Lo zio Sem e il sogno bosniaco", premiato con la Vela d’oro alla XXVI edizione del "Bellaria Film Festival Anteprimadoc". Di questo premio ci è piaciuta la motivazione: "perché attraverso il racconto dell’improbabile scoperta delle piramidi più grandi del mondo sui territori devastati dalla dimenticata guerra dell’ex Jugoslavia, riflette con ironia e coralità di sguardo sul credere e la sua necessità". Se poi alla fine fosse tutta una bufala, c’è sempre il vantaggio della concreta realtà delle salsicce di Visiko: sulla loro bontà i pareri sono unanimi.