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Quel matto di Ugo Winkler

Una persona generosa appassionata, geniale ed entusiasta; ed anche teutonicamente testarda, incline ai colpi di testa e quelli di coda. Ricordo del fondatore dell'Arci del Trentino, ma soprattutto di un amico.

Eugenio Pellegrini

E così Ugo Winkler ci ha lasciato in maniera inaspettata, proprio quando sembrava avviato verso la guarigione, con uno di quei colpi di coda di cui lui era maestro.

Sì, perché lui di colpi di coda e di colpi di testa era uno specialista. Era matto? Ma certo che lo era, come un cavallo.

Ugo Winkler

Una volta durante un viaggio in Sicilia sentimmo provenire dalla sua tenda dei colpi sordi intervallati dallo strillo della Wanda che diceva: "Adesso basta, Ugo, adesso basta!". Mentre lui urlava: "Prendi, puttana, prendi questa!"

I compagni di viaggio si guardarono l’un l’altro un po’ sbalorditi, soprattutto quando Ugo uscì dalla tenda impugnando un martello. Il primo istintivo pensiero corse ad un efferato omicidio, il secondo altrettanto istantaneo fu che per prima cosa, al di là dell’intemperanza verbale, il compagno Ugo Winkler era incapace di violenza e poi che comunque non avrebbe certo potuto sopraffare la Wanda senza l’uso di un carro armato. Si scoprì a breve che Ugo stava dando una martellante caccia alle formiche che erano entrate in tenda. Solo all’ora di pranzo riuscimmo a distoglierlo dal gravoso compito che ormai si era esteso nelle immediate vicinanze della tenda.

Ugo era così: di una teutonica testardaggine che però non applicava solo alle formiche, ma anche ai suoi progetti e alle sue idee.

Chi altri avrebbe infatti potuto reggere l’A.R.C.I. del Trentino in buona e cattiva sorte senza mai mollare il martello?

Chi altri si sarebbe sobbarcato il faticoso compito di rompere, e rompersi, le scatole, come dice Paul Renner, a chiedere finanziamenti di qua e di là per sostenere progetti ed iniziative culturali, sportive e quant’altro?

Il problema è che di finanziamenti ne riceveva pochi. Perché? Per la semplice ragione che Ugo era appassionato, geniale ed entusiasta e questo spaventa gli interlocutori pubblici che preferiscono il professore universitario che con eloquio pacato e serioso suggerisce di aver scoperto come l’acqua sul fuoco tenda a divenire calda.

Quella che invece era veramente calda ed accogliente era l’atmosfera dell’A.R.C.I. dove in riunioni ed incontri si incontravano culture e istanze diverse e dove gli iscritti si ritrovavano anche semplicemente per bere un bicchiere e fare quattro chiacchiere tra amici. Tant’è che di amicizie all’A.R.C.I. se ne sono fatte moltissime ed addirittura qualcuno ci ha trovato la morosa. Ciò in concreto significa "aprire spazi di libertà" e di questi siamo debitori ad Ugo in tantissimi.

Gli siamo debitori anche per la sua eccezionale cortesia che non consisteva solo nell’offrirti un bicchiere, ma anche nella vigoria che ti comunicava quando parlava dei suoi progetti; lo faceva in maniera travolgente, ma non mancava mai di chiederti cosa ne pensavi, se lo condividevi, se eri disposto a dare una mano.

Non ultima, la sua capacità di dissacrare modi ed atteggiamenti altrui, mai espressa con cattiveria o rancore, ma sempre con l’ammiccamento ed una benevole arguzia.

Difficile anche nei momenti più difficili, trovarlo cupo o apatico.

Santiava e sacramentava, ma il suo sorriso era praticamente inossidabile e soprattutto contagioso.

Quella mano, che Ugo generosamente dava a tutti, per i credenti la tenderà anche dal cielo, per chi non crede è sufficiente ciò che ha fatto.