Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 15, 15 settembre 2007 Monitor

Nove film da Venezia

“La zona” di Roderigo Plà, “The Darjeeling Limited” di Wes Anderson, “La Graine et le mulet” di Abdellatif Kechiche, "I’m not there" di Todd Haynes, "Nightwatching" di Peter Greenaway, "Die Stille vor Bach" di Pere Portabella, "Disengagment" di Amos Gitai, "12" di Nikita Mikhalkov.

Nove film presentati a Venezia che vale la pena andare a vedere.

1) "In the valley of Elah" di Paul Haggis. Un soldato torna negli Stati Uniti dall’Iraq, e sparisce. Suo padre, patriota convinto, è costretto ad addentrarsi, passo dopo passo, in un terreno di investigazione che apre lo spazio per una nuova consapevolezza politica e morale. La bandiera dell’America non saprà più sventolare allo stesso modo di prima.

2) "La zona" di Roderigo Plà. Città del Messico sembra uscita da una distopia alla Ballard. Gli abitanti di un quartiere residenziale vivono asserragliati in un fortino dove hanno la loro vigilanza privata e le loro leggi. Una notte, tre ragazzini si infiltrano in questo territorio, per rubare. Il dramma che scoppia non lascia speranze. Un ottimo film messicano, hollywoodiano nel ritmo, terzomondista nelle conclusioni.

3) "The Darjeeling Limited" di Wes Anderson. Uno strambo viaggio in India in cerca non di illuminazione spirituale ma di una nuova armonia tra fratelli. La regia di Wes Anderson ("I Tenenbaum", "Le avventure acquatiche di Steve Zissou") è come al solito coloratissima, piena di invenzioni visive e di sceneggiatura.

4) "La Graine et le mulet" di Abdellatif Kechiche. Il film più amato della mostra da pubblico e critica. La storia è quella di un sessantenne franco-tunisino che abbandona il suo lavoro di carpentiere navale perché vuole provare a mettere in piedi un ristorante di cous-cous. Intorno a lui si muovono, entrambe, le sue due famiglie. Il gruppo di attrici e attori lascia ammirati dalla prima all’ultima inquadratura.

5) "I’m not there" di Todd Haynes (recensito a parte).

6) "Nightwatching" di Peter Greenaway. La storia di Rembrandt e del suo quadro più famoso, la "Ronda di notte". Greenaway ricrea mirabili ambienti pittorici e inserisce il pretesto per una traccia poliziesca in una sceneggiatura già ricca di battute e riflessioni.

7) "Die Stille vor Bach" di Pere Portabella: il silenzio prima di Bach. Una affresco visivo che fornisce tracce per una biografia del grande compositore tedesco. La comunicazione, essenziale, è tutta al servizio della musica: pianoforti che suonano, sfilate di violoncelli in metropolitana, camionisti che discutono di musica classica...

8) "Disengagment" di Amos Gitai. Il disimpegno di Israele da Gaza, visto attraverso gli occhi di una madre che va in cerca della sua figlia adottiva. Il fratellastro di lei è un militare impegnato nello sgombero delle colonie. Lo sguardo di Gitai è vicino alle cose, alle persone, agli spazi.

9) "12" di Nikita Mikhalkov. Mikhalkov riesce a inserire in questo remake del film di Sidney Lumet "La parola ai giurati" una serie di variazioni che estendono e approfondiscono molti degli spunti offerti dall’originale. A ognuno dei dodici attori (tutti maschi) viene concesso un momento di gloria. Alcune performance sono da standing ovation.

In coda, una considerazione sul cinema italiano. I tre film in concorso, come han detto tutti, non erano da concorso. Anzi, non fa bene al cinema italiano mandare allo sbaraglio in una competizione agguerrita tre autori – Vincenzo Marra, Paolo Franchi, Andrea Porporati – che in passato avevano realizzato della cose buone. Nelle sezioni collaterali, si sono invece visti due buoni film: “La ragazza del lago” di Andrea Molaioli, un giallo semplice, piuttosto asettico, riuscito, ambientato in un paesino del Friuli; e "Non pensarci", divertente commedia di Gianni Zanasi su una famiglia sgangherata, protagonista un Valerio Mastrandrea in formissima.

Più che allestire quindi l’ennesimo dibattito sulla salute o la crisi del cinema italiano, bisognerebbe accettare il fatto che non sono più i tempi di Antonioni-Fellini-De Sica: il cinema italiano produce titoli che di volta in volta possono essere buoni o meno buoni.

Di autori bravi in Italia ce n’è sicuramente – citiamo Emanuele Crialese, Paolo Sorrentino, Matteo Garrone. Basterebbe evitare di generalizzare, ad ogni singolo film, conclusioni universali sul "cinema italiano" così simili a quelle che si fanno sulla nazionale di calcio, che sale agli altari ogni volta che vince per uno a zero una singola partita per poi cadere nella polvere appena pareggia un’amichevole.