Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

Babbo Natale e Saddam Hussein: impiccati!

Bruno Sanguanini

Le feste del periodo natalizio sono ormai alle nostre spalle, ma due ricordi sono ancora tra di noi. Uno è senz’altro il filmato, registrato clandestinamente con un videofonino, dell’impiccagione di Saddam Hussein, ex-dittatore dell’Iraq.

Il mini-video è stato immesso, sempre clandestinamente, su Internet e ha fatto il giro del mondo. Tutti l’hanno deplorato, ma tanti l’hanno cercato e visto.

L’altro ricordo è legato alla moda, esplosa quest’anno, del Babbo Natale di plastica appeso alla finestra o al balcone dell’appartamento del vicino di casa. E’ un pupazzo che fa free-climbing, nel senso che è appeso in aria ma, contrariamente ai campioni della libera parete di roccia, non va da nessuna parte. Resta lì, a brillare di luce propria.

Babbo Natale reificato con le luci e Saddam Hussein abbagliato dall’ombra della storia mi sembrano due presenze inquietanti. In entrambi i casi, ci imbattiamo in un simulacro, ovvero in una figura che non corrisponde alla realtà e che imita la manifestazione di un sentimento. Ci troviamo davanti a un prodotto dell’artificio umano, non a un simbolo. Tanto il pupazzo (industrialmente confezionato) di Babbo Natale quanto il video su Saddam (televisivamente politicicizzato) sono frutti di una società dei consumi che insegue l’evento a tutti i costi.

Un mio vicino di casa ha bellamente esposto un Babbo Natale in formato mignon fuori dalla finestra del suo soggiorno, al secondo piano. Visto che la finestra è costantemente chiusa, complice il freddo dicembrino, il rischio che cada non è da escludere, dicono i vicini. Un altro vicino di casa ha appeso un Babbo Natale in macro-formato: sembra Gulliver. Entrambi hanno, o almeno così pare, le case dotate di antifurto elettronico. Ciò fa contrasto con il simulacro che pare invitare qualsiasi ladro-scalatore a tentare l’avventura delittuosa. Pochi giorni fa, a Sopramonte, ho visto un pupazzo di Babbo Natale con il cappio al collo, impiccato. Come mai?

I telegiornali ne hanno parlato, le radio ed i quotidiani anche. Nel Nordest, e quindi anche in Trentino, al fenomeno del pupazzo di Babbo Natale appeso al balcone ha corrisposto, in qualche caso, l’anti-fenomeno del Babbino impiccato. Più di un giornalista ha ipotizzato il ritorno del Fronte di liberazione dei Nani da Giardino! Ora, però, i nani sono in letargo, in caneva o sotto un bell’archivolto domestico. Come mai i burloni di turno se la prendono con il neo-simulacro del consumismo? Credo che il fatto non sia da ignorare: talvolta, l’immaginario umano è come la punta dell’iceberg: rivela e nasconde contemporaneamente ciò che si nasconde sott’acqua o sotto pelle.

Al programma radiofonico di Radio “Sole-24 Ore” che ha discusso l’argomento del Babbo Natale-pupazzo hanno telefonato molti ascoltatori. Tanti hanno sostenuto che la moda è simpatica, gustosa, divertente: contribuisce a rendere colorate le pareti di casa, ad abbellire il condominio. Qualcuno ha insinuato che con il rosso dell’abitino di Santa Klaus “bel tempo si spera”. Una signora, invece, con fare deciso, ha sostenuto che celebrare le feste natalizie acquistando il pupazzo al supermercato e ponendolo in bella vista facilita il gusto per il decoro natalizio. Il simulacro è facilmente gestibile, è colorato, lucente, non sporca, è riciclabile un altro anno; non comporta la fatica di fare il presepe o di allestire l’albero con luci e bocce colorate. Si fa vedere e brilla di luce propria.

Tuttavia, nessuno ha rimarcato che il richiamo alla festa non è più in famiglia, tra i propri cari, ma sulla strada. Se gli addobbi prevalgono sui simboli di credenza, è facile che i bambini cedano alla moda! Se così è, la morte del sogno di Babbo Natale è alle porte. Vogliamo questo? Spero di no.

Anche il video su Saddam Hussein allestisce un palcoscenico che evoca più un fatto di strada che una sentenza giudiziaria. E’ il filmato di un fatto vero che, però, è consumato come una finzione cinematografica. La tragicità della condanna a morte per impiccagione e della repentina esecuzione, peraltro deplorata da molti di noi, è sminuita, surrogata e tradotta in evento mediatico. Fa spettacolo.

La comunicazione mediatica della realtà cede sin troppo spesso il passo alla spettacolazione della realtà e particolarmente degli atti di violenza, come documentano le video-telefonate delle aggressioni di minori su un altro minore. Con quale risultato? Tra i minori, la confusione tra spettacolo e feticcio è sin troppo a portata dell’imitazione nella dinamica di gruppo.

Sappiamo da tempo che qualsiasi cosa abbia i brillantini dell’evento trova facile posto nei giornali, in televisione, in internet, via telefonino. Si vuole documentare, certo, ma anche fare confusione tra fatti e feticci, quindi consumare dei “fatticci” (fatti+feticci) come scrive Bruno Latour, sociologo della conoscenza. I fatticci non sono qualcosa né di scandaloso né di esaltante, ma un segno non certo edificante della nostra epoca. D’altro canto, non è forse un dato di fatto che talune cronache giornalistiche, fatte un po’ troppo alla giornata, accordano (troppo spesso) più importanza all’annuncio che alla verifica, al progetto che alla verifica della fattibilità, all’evento per se stesso che alla valutazione critica?

Parole chiave:

Commenti (0)

Nessun commento.

Scrivi un commento

L'indirizzo e-mail non sarà pubblicato. Gli utenti registrati non devono inserire altre verifiche e possono modificare il proprio commento dopo averlo inserito.

Riporta il codice di 5 lettere minuscole scritto nell'immagine. Puoi generare un nuovo codice cliccando qui .

Attenzione: Questotrentino si riserva la facoltà di cancellare commenti inopportuni.