Dopo-referendum: grande è la confusione sotto il cielo…
Prime (amare) considerazioni sugli esiti del referendum, da parte di un cattolico democratico.
Negli ultimi quindici anni i radicali e Bertinotti erano riusciti a portare l’assenteismo referendario alle soglie del 55%. Un dato, questo, ignorato irresponsabilmente dai raccoglitori di firme per quest’ultimo referendum abrogativo di alcuni articoli della brutta legge 40. Si sono messi d’impegno: il "Signore e Sua Madre" (a cui vanno i ringraziamenti di Pino Morandini nella "frase del giorno" riportata in prima pagina da L’Adige) e, a scalare,: Camillo Ruini, Giuliano Ferrara, Marcello Pera, Francesco Rutelli, Vittorio Feltri, Oriana Fallaci e la pattuglia compatta dei leghisti devoti del dio Po e delle radici cristiane di un’Europa senza euro, tutti insieme appassionatamente per aggiungere con successo un altro 20% di astensionisti, alcuni dei quali consapevoli altri inconsapevoli ma obbedienti, a quel 55% di assenteisti acquisiti.
Ruini e gli embrioni esultano per la maturità del popolo italiano.
Berlusconi aggrega il 75% degli elettori italiani, quelli che non hanno votato ma che alle prossime politiche voteranno (per lui), perché, essendo "moderati", non possono non far parte coerentemente del suo "nuovo" partito, nato dalle ceneri del referendum e dell’istituto referendario finalmente sepolto con quel tanto di democrazia diretta che portava con sé.
Rutelli con Marini, De Mita e Mastella sgambettano Prodi, che ha votato, e i DS che hanno addirittura promosso il referendum, e s’insinuano così abilmente tra i vincitori del 75%.
I colonnelli di AN, che fiutano l’aria di un clerico/fascismo italiano di ritorno, premiato oltretutto da ampie garanzie del consenso da sagrestia, vogliono disfarsi di un Fini che, scostumato, per accreditarsi da laico ha improvvidamente scelto di non astenersi e di votare.
La sinistra parte da quel 25% di votanti, ma non sa come spalmarlo, visto che, ingombrante, in questa percentuale c’è anche Fini. Un 25% peraltro che annovera tra le sue file perfino qualche vescovo degli ultimi non clonati dall’accoppiata Wojtylasantosubito/Ruini.
La pattuglia dei cattolici democratici, che per qualche tempo ritenevano di essere stati autorizzati da un Concilio ecumenico ad assumere in proprio le decisioni che competono ai laici di quel popolo di Dio che è la Chiesa, si ritrovano sparuti e spiazzati da una gerarchia clericale che prende in mano direttamente le redini della politica italiana e mette tutti in riga: associazionismo e movimenti, parrocchie e ordini religiosi, turismo religioso e compagnia delle opere (altro che compagnia di Gesù!), con campagne elettorali sontuosamente finanziate dall’8 per mille.
Qualcuno con il vecchio Mao potrebbe chiosare che essendo grande la confusione sotto il cielo, il momento è propizio. Ma propizio per chi? e per che cosa?
Per gli embrioni? Ma non è detto che siano tutti disponibili a evolvere in stadi successivi, se prima non ricevono qualche garanzia in più di non essere fatti fuori dalla legge 194 (ecco la prossima),
o di servire alla scienza non come fine ma come mezzo per altri scopi primo fra tutti lo scopo di lucro,
o, una volta fuori dall’utero, di non essere destinati a portare nel mondo la democrazia con qualche guerra preventiva per ritornare, magari nella bara, insigniti di medaglie e accolti come eroi dall’accoppiata vincente Berlusconi/Ruini.
Confusione sotto il cielo propizia per le donne? Forse sì, se riescono a far capire ad assenteisti e ad astensionisti che gli embrioni, senza una loro libera accettazione (che non può essere imposta da Ruini ma neanche dalla legge 40: ve lo immaginate un impianto in utero imposto con i carabinieri a una donna che ci ha ripensato!?), restano quello che sono.
E’ su questo momento relazionale libero e indispensabile che nessuno ha ragionato in queste settimane di campagna elettorale. Non certo ci hanno ragionato i ruiniani e tutti coloro a cui, dietro il paravento della difesa della vita, preme soprattutto il controllo delle donne e del loro potere decisionale sulla vita.
Confusione propizia per la scienza? Forse per quella che, sulla scia di Galileo, continua a difendersi dalle invadenze clericali con il paradigma sciagurato dell’avalutatività etica. Ma si tratta pur sempre di un paradigma imposto da una fede religiosa tramutata nella metamorfosi del potere, per la conservazione del quale si scelgono i metodi e le alleanze più opportune e adatte ai tempi, senza andare molto per il sottile pur di riuscire nell’intento, e da cui vien fatta derivare autoritariamente un’etica formalmente eteronoma, ma di fatto autoreferenziale.
La fatica di coloro che, in un dialogo costante con tutti, ivi compresi quelli che la pensano in modo diverso, cercano di vivere la fede addentrandosi in quel passaggio difficile tra alienazione e anomia, passaggio che dà senso alla vita, alimenta la libertà di coscienza e il suo primato e permette di provare a dare risposte convincenti a coloro che chiedono ragione della speranza che è in loro, non solo questa fatica non è apprezzata, ma è costantemente delegittimata dai detentori del potere clericale a presentarsi come intrinseca al rischio e alla scommessa della fede.
Perché non pensare che la confusione sotto il cielo non debba essere propizia a questa fatica? L’eterogenesi dei fini, il random nella storia, e non escluderei nemmeno il Signore e Sua Madre, potrebbero autorizzare a farlo.