Maffei, il Prodi roveretano?
Quando i grandi giornali raccontano le piccole realtà. Il caso Rovereto.
"Contrariamente a quanto si crede di solito, la periferia non è il luogo in cui finisce il mondo, è proprio il luogo in cui il mondo si decanta." Così scriveva il premio Nobel Iosif Brodskij nel 1983. Ovviamente il poeta russo non poteva prevedere le recenti vicende di Rovereto, eppure la sua intuizione sembra essere alla base di alcune analisi comparse di recente su diversi quotidiani nazionali.
La vicenda cui si fa riferimento è la sconfitta roveretana subita da Maffei al secondo turno delle recenti elezioni comunali. Non mi soffermerò sui fatti, l’accaduto è già stato analizzato da questo giornale, e viene approfondito anche nel numero che state leggendo. Passerò direttamente all’eco e alle interpretazioni che certa stampa nazionale ha proposto in merito.
La prima cosa che si osserva è che il peso dato alla notizia varia notevolmente da testata a testata: il Corriere della sera dedica un quinto di lenzuolo taglio basso, la Repubblica sguinzaglia addirittura un apposito inviato al quale concede mezza pagina,mentre la Stampa tralascia la notizia concentrandosi esclusivamente sulla burrasca bolzanina.
Entrando poi nel dettaglio degli articoli, si nota immediatamente come le vicende di Ballardini e soci vengano presentate come conflitti in scala delle tenzoni in atto a livello nazionale. Alessandro Trocino, dal Corriere, osserva come ci si trovi di fronte ad "una vicenda locale che ha pericolose somiglianze con il quadro politico nazionale, tanto che si è anche parlato di una rimostranza di Rutelli a Prodi proprio sul caso Rovereto: ‘E’ la prova che Romano pensa solo all’Unione e trascura la Fed’".
Michele Smargiassi, di Repubblica, va oltre, e dopo aver ribadito che "possono dire che Rovereto è un episodio locale. Mentre è un esperimento perfetto, una controprova del litigio romano", si fa burattinaio di una vera e propria interazione a distanza tra esponenti della politica locale e leaders nazionali. Così Dai Campi, coordinatore della Margherita roveretana, afferma: "A Rutelli vorrei dire che forse con più liste si prendono più voti, ma qui non proprio". Stessa opinione e stesso interlocutore per il segretario DS Curia, che "prova a scaricare su Rutelli: ‘Ecco cosa succede quando ci presentiamo divisi’". Donata Loss (Verdi) rafforza invece Prodi: "Se per Prodi rinunciare alla lista unitaria è ‘un suicidio’ il disastro di Rovereto è ‘un harakiri’".
In questo mescolio di politici si arriva a proporre delle sovrapposizioni quanto meno avventate, se non decisamente bislacche. Così Repubblica: "Per un curioso contrappasso, insomma, a Rovereto è la Quercia a fare la parte di Rutelli, cioè a puntare al divorzio"; Ballardini come Rutelli, quindi, e se prendiamo per buona la teoria che ci viene proposta, "cambiando l’ordine dei fattori il prodotto politico non cambia", e allora Maffei diventerebbe Prodi.
Il teorema proprio non regge; oltre tutto a Rovereto, alla base, c’è una questione di uomini, non di linea politica. Ma allora perché questa interpretazione viene proposta da giornali così autorevoli? Secondo noi ci sono diverse spiegazioni possibili. Anzitutto ci sembra riscontrabile la tendenza corrente che vede i bisticci e le liti locali come cartine di tornasole delle tribolazioni nazionali (e non solo di quelle in atto, ma anche di quelle che potrebbero scoppiare): è successo con Cofferati a Bologna e con la Mussolini a Roma. Vengono insomma utilizzati gli stessi schemi interpretativi e gli stessi modelli esplicativi utili nello spiegare gli avvenimenti nazionali, per far quadrare le situazioni locali.
Questo può essere fatto per semplificare le spiegazioni (ma si tratterebbe comunque di faciloneria) o per calcolo. Vien da pensare alla prima ipotesi leggendo l’occhiello di Repubblica: "Dopo 15 anni il comune passa al centrodestra [?]", ma altri indizi portano altrove. Ci rammentiamo una bella intervista di Antonello Caporale al presidente Bezzi, dove l’intervistatore, forte di una solida documentazione, riusciva a ridicolizzare l’esponente del Patt, convinto di poter raggirare facilmente il giornalista forestiero. Come mai quindi il nostro Smargiassi, in forza alla cronaca di Bologna e occasionalmente inviato, non ha utilizzato le stesse fonti del collega di testata? Forse un po’ maliziosamente si potrebbe scorgere una precisa linea editoriale e politica, filo DS e contraria alla Margherita, innescata dalla vittoria di Cacciari a Venezia. Secondo questa interpretazione il messaggio di cui Repubblica si farebbe portatrice sarebbe: Venezia è stato un caso, senza i DS si perde.
In conclusione, vendetta o leggerezza che sia, rimane l’amaro in bocca nel constatare che anche i giornali di cui tendenzialmente ci fidiamo ci raccontano a volte le cose più strane. E chissà quante volte, quando i fatti non riguardano il giardino di casa, non ce ne accorgiamo nemmeno e ci beviamo tutto quello che ci viene ammannito.