Il disabile e la città
Lettera aperta al sindaco di Rovereto
La Commissione del Consiglio Europeo, con decisione unanime, nel 2001 ha deliberato che l’anno 2003 sia dedicato alle persone invalide, auspicando una migliore attenzione, una riorganizzazione e un coordinamento delle leggi che ogni Stato ha già emanato, ottenendo risultati abbastanza buoni in alcuni Paesi (Nord Europa), e assolutamente in ritardo nell’applicazione con gravi deficit per la vita sociale in altri Paesi, compresa l’Italia.
Il risultato del confronto, che è sempre bene fare, è scoraggiante, anzi, mortificante, se si tiene conto che in Europa vivono, più o meno male, 38 milioni di persone invalide, il che vuol dire che un cittadino su dieci, di tutte le fasce d’età, soffre di forme di invalidità, incidenti (di cui la nostra regione ha il primato), malformazioni o malattie.
Come persona da sempre impegnata (e penalizzata) nell’evidenziare gli infiniti problemi di ogni tipo con lo scopo di essere propositiva,
suggerendo anche le possibili soluzioni, chiedo al sindaco di Rovereto ed ai componenti del Consiglio comunale quale programma di interventi concreti e di relazioni con le classi sociali è previsto per il Comune e per tutto il Comprensorio C10. Per troppi anni questi cittadini, con le loro complicatissime e costose esistenze, sono rimaste fanalino di coda nei vari elenchi e nei vari programmi, e di riflesso la comunità non ne ha tratto alcun esempio. Il risultato è che, a Rovereto l’inaccessibilità di negozi, uffici, ambulatori, ristoranti, bar e viabilità, grazie alle continue deroghe concesse dal Consiglio provinciale, grazie alla scarsa informazione e alla mancata applicazione di sanzioni, ci costringe, dopo oltre 30 anni, a riproporre, sollecitare, combattere vergognose inadempienze. Un po’ migliorata è la viabilità, sbarrierata parte degli istituti scolastici e pochi accessi a ristoranti e bar, compresi i servizi igienici, oltre al palazzo comunale di recentissima ristrutturazione.
Le Province di Trento e Bolzano non presentano da questo punto di vista una immagine esemplare. Bolzano, anche di recente, è stata ospite sui quotidiani con le proteste degli invalidi per gravi carenze, per non dire degli alberghi e degli alloggi-vacanza non a norma, oltre che costosi. In compenso, i bolzanini hanno la possibilità di recarsi gratuitamente, con un taxi sponsorizzato, nei bordelli di Innsbruck.
Va meglio a Trento e nel suo comprensorio, dove il progetto "Spostarsi in libertà" ed il "Tavolo di lavoro" permettono ai cittadini invalidi di salire su 35 autobus cittadini e 18 extra-urbani (al contrario che a Rovereto), con una rete di aiuto sociale più coordinata nelle sue diverse frammentazioni e utilità primarie, dall’assistenza alla fisioterapia, al trasporto. Il Comune di Trento e la Provincia non hanno ancora tuttavia risolto la contestatissima (da parte degli invalidi) ristrutturazione del Palazzo delle Albere, oltre al Castello del Buonconsiglio, ad una viabilità cittadina difficoltosa, seppur migliorata, e ad una polizia urbana più severa con gli automobilisti che parcheggiano abusivamente negli spazi riservati e sui marciapiedi.
Intravvedo comunque nell’operare del Comune di Trento un progetto di città partecipato e condiviso, cosa che a Rovereto non si riesce ad attivare per una frammentazione di iniziative pubbliche e private, più volontaristiche che di diritto. Con questo non intendo affatto sminuire il lavoro quotidiano delle cooperative, lavoro che anzi andrebbe esteso a tutte le persone che si trovano a vivere caricandosi da sole gravi carenze e servizi quotidiani, valorizzandole nella loro diversità e rispettando il diritto all’autodeterminazione.
Ritengo indispensabile riuscire a trovare una strategia comune che
porti a definire punti di riferimento informativo chiari, supportati
da libretti esplicativi, che non si limitino ai numeri di telefono; e poi occorre semplificare gli iter burocratici con l’istituzione centrale (ad esempio, con l’Azienda Sanitaria di Trento). Avviene troppo di frequente che un percorso tortuoso, contraddittorio, sia un intralcio, anziché un’agevolazione al cittadino nei confronti dell’istituzione. I tempi di attesa per ottenere certe prestazioni (un mese, tre mesi, sei mesi...) sembra che siano normali, ma sono assolutamente intollerabili nella situazione di emergenza in cui spesso si trovano i cittadini invalidi e i loro familiari.
Ho dimostrato in varie occasioni la mia disponibilità a collaborare con educata determinazione; a volte ho trovato corresponsione, a volte nemmeno un cenno di risposta, ma non perderò ma il "vizio" della dignità, che dovrebbe essere garantita a tutti.