Un eroe del nostro tempo
In nome del successo si può cambiare partito e perfino paternità. Ritratto (provvisorio) di Andrea Diprè.
Ha passato da poco i trenta, ma ne ha combinate già tante che sarà bene, a pro dei futuri biografi, cercare di riassumere le sue imprese a tutt’oggi.
Segretario particolare dell’ex assessore Molinari, nel ‘98 si candida alle regionali nella lista della Margherita. Trombato. Due anni dopo aspira a diventare sindaco di Stenico in una lista ulivista. Trombato. Ma intanto è presidente del Consiglio Pastorale Provinciale, e in tale veste tiene una rubrica su Tca, "Vita in diocesi", dove dà sfogo alle sue furie di cattolico integralista, tanto da assurgere alle glorie di "Blob" per una furibonda sparata contro gli omosessuali.
Subito dopo - siamo nel giugno 2000 - l’Alto Adige lo intervista alla vigilia della sua apparizione su una TV veneta dove ritornerà sul tema dei gay. Parlando col giornalista, il "telepredicatore", il "giovane di belle speranze con una buona dose di protagonismo e di voglia di uscire comunque dai confini provinciali" smorza i toni, presentandosi come "uomo del confronto e non dello scontro". Ma poi, in quella trasmissione, definisce l’omosessualita"il comportamento più aberrante che l’umanità abbia mai prodotto… Le altre perversioni... appartengono comunque, ad una categoria che è pur sempre umana... per me l’omosessualità è qualcosa di disumano." I gay sono una "immonda progenie di persone… c’è un chiaro parallelismo tra bestialità e omosessualità".
Trombato e profondamente incompreso come esponente del centro-sinistra (anche Molinari lo ha abbandonato), Diprè nell’aprile del 2001 emigra nella Lega, "un movimento - a suo dire - che oggi è l’unico ad incarnare i più autentici valori del cattolicesimo e della famiglia". Ma più che altro, la Lega, da sempre a corto di laureati, lo accoglie con grandi onori e lo sommerge di cariche: responsabile della Consulta cattolica, incaricato per i rapporti con la Curia, segretario della sezione di Tione, responsabile trentino dei Cattolici Padani, membro del Consiglio direttivo della Gioventù Trentino Tirolese e responsabile Federale per Tele Padania, dove ogni giovedì, alle 21.15, cura la rubrica "Quarta generazione".
"Questo - gongola l’allora segretario leghista Fontan commentando il nuovo acquisto - è il miglior esempio dell’apertura della Lega al mondo cattolico, oggi alle prese con una laicizzazione strisciante e con un islamismo sempre più arrogante e bellicoso… Con lui compiamo un altro passo importante verso l’apertura alle istanze della Chiesa".
Quanto a lui, così spiega il cambio di casacca: "Quando aderii alla Margherita credevo che fosse una formazione autenticamente super partes, ma quasi subito ha mostrato il suo vero volto, appiattito sull’amoralità comunista, dove i valori cattolici erano sempre posposti agli interessi della sinistra".
E qualche mese più tardi, affrontando la questione dei rapporti fra cristianesimo e islam, l’"uomo del confronto e non dello scontro" precisa ulteriormente i contorni della propria religiosità ricordando che "i cristiani furono aggrediti, sottomessi, convertiti a forza e schiavizzati in nome della totalità islamica... Il vero cattolico deve assumersi come compito la difesa del suo essere cristiano dall’islamizzazione. E’ inutile illudersi: lo scopo degli islamici è di trasformare la terra europea in Dar el Islam… Gli islamici sono ben lieti di ereggere (sic) moschee. I cattolici non sanno che ciò che è dato ai musulmani diviene terra d’Islam".
Alla sua ultima esibizione di intolleranza ho fugacemente assistito, qualche giorno fa, durante uno zapping, transitando per Telepadania: teneva in mano la foto di una maschera africana, strillava che simili manifestazione artistiche non ci devono riguardare, e concludeva facendo a pezzi quell’esempio di arte degenerata.
Ma l’ultima vera chicca, la più recente, ci è stata servita su un’altra rete privata, La 9, dove mi è capitato di vederlo in veste di opinionista culturale. Non avendo registrato la trasmissione, non mi è possibile illustrare come meriterebbe, con opportune citazioni, lo spessore del pensiero di Andrea Diprè. Quello che più mi ha colpito, però, è stata la scritta in sovrimpressione che lo qualificava come Andrea Sgarbi, sedicente rampollo di Vittorio Sgarbi, come si è capito quando ha elogiato il lavoro svolto da "suo padre" durante quella breve esperienza governativa. Una qualche somiglianza fisica, in effetti, non manca, soprattutto per quanto riguarda il colorito cadaverico del volto e gli occhi pesti. Gli manca però la scioltezza dell’eloquio, che Andrea Diprè-Sgarbi acquisisce solo quando s’incazza.
Ma pare proprio che sia una bufala: quando il Trentino del 25 settembre gli chiede spiegazioni, "lui confessa con un certo imbarazzo che è solo un gioco". A quando la prossima mossa?