La noia involontaria nella musica degli Hood
Il panorama dell’associazionismo roveretano può vantare una nuova entrata: l’associazione "Dissonanze armoniche", il cui obiettivo è promuovere le realtà musicali più sotterranee, attraverso i concerti nei locali cittadini: un obiettivo interessante che sicuramente premierà i ragazzi dell’associazione. Il Trentino ha infatti un pubblico caldo e curioso che premia, anche economicamente, queste iniziative (vedi il successo dell’Angi Pub: a proposito, voi dell’Angi, perchè non ci spedite più il programma?).
E poi Rovereto ha diversi spazi interessanti: il Romy’s Pub, in pieno centro, è ricavato da un ex-teatro, ma non è una sala troppo dispersiva. E poi c’è il teatro all’ex-Ati, non ancora agibile per problemi all’impianto elettrico. Per fortuna la nuova associazione gode comunque dell’interessamento dell’Assessorato ai Giovani, che ha dato un piccolo contributo per promuovere gli inizi dell’iniziativa. L’associazione poi prevede di auto-finanziarsi con feste danzanti a pagamento (una a metà mese proprio al Romy’s Pub) e con i biglietti per i concerti: onestissime le 3.000 lire per gli Hood, vedremo ai primi di giugno cosa succederà per i Diaframma, vecchio gruppo italiano.
Il 25 aprile è stato il battesimo del fuoco per l’associazione, con il concerto degli inglesi Hood, in tournée italiana e con date anche in locali più impegnativi. Pubblico numeroso, anche per la mondanità dell’occasione. Peccato che gli Hood siano apparsi un po’ svogliati. Un po’ la colpa è della musica: chiamatelo post-rock, lo-fi o quel che volete: alla fine si tratta di composizioni che fanno sembrare i vecchi Durutti Column eccessivamente barocchi, o i pur minimali Tuxedomoon, un allegro gruppo da discoteca. D’accordo, la caratteristica di molta nuova musica è il rifiuto di ogni tipo di retorica, un tratto che accomuna la lounge-music alla DJ-music elettronica fino ai territori del post-rock e di certo new-folk (saranno interessanti al riguardo i King of Convenience in tournée italiana nel prossimo maggio per verificare il reale spessore di quest’ultimo genere), però canzoni costruite su un unico accordo come quelle degli Hood (lo giuro, non è un modo di dire!) e cantate con palesi stonature è un po’ eccessivo. Si aggiunga una taratura dei suoni ingenuamente approssimativa e un’evidente mancanza di concentrazione nei musicisti e ci si renderà conto che il bello del concerto è stato proprio il pubblico, generoso e accogliente nei confronti di una band che altrove avrebbe rischiato grosso. Con un simile pubblico gli organizzatori di "Dissonanze armoniche" potranno prendersi molte soddisfazioni.
Auguri di cuore quindi per le prossime scelte.