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Il tavolo

Una novità: anche la società civile viene consultata per discutere il futuro della provincia di Bolzano.

Per quanto strano possa apparire, le questioni dell’autonomia e le soluzioni che sono state trovate per il Sudtirolo nel corso dei decenni sono state molto raramente discusse in modo da coinvolgere strati consistenti della popolazione. Mentre sui giornali infuriavano le polemiche e, prima, i grandi titoli sulle bombe, commissioni riservate elaboravano articoli e commi di norme destinate a cambiare drasticamente la realtà sociale.

E’ un segno di normalità, anche se relativa, che oggi, per la prima volta, si sia costituito un luogo, presieduto da un sottosegretario del governo in carica, incaricato di raccogliere informazioni e proposte per un adeguamento dell’autonomia. Al cosiddetto "tavolo Bressa" si susseguono da diverse settimane i "commensali", che esprimono opinioni, portano problemi, suggeriscono soluzioni: gruppi, associazioni sociali e culturali, partiti, la società civile e politica viene ascoltata nel modo più ampio possibile.

Non sembri strano l’interesse e l’impegno con cui la maggior parte degli invitati ha preso questa occasione. I luoghi istituzionali e le occasioni della pubblica comunicazione sono ancora oggi del tutto inadeguati alla necessità di un confronto aperto, l’unico in grado di aprire la porta a cambiamenti che tengano conto degli interessi e dei punti di vista articolati e irrinunciabili di una società piccola nei numeri, ma sufficientemente matura da avere imparato il valore delle differenze.

E’ un peccato che il principale partito italiano di destra, Alleanza Nazionale, abbia rinunciato a portare la sua posizione. Il motivo addotto ha a che fare con l’accusa che si tratti di un’iniziativa di carattere elettorale, essendo Bressa in forse come candidato "esterno" nelle prossima campagna elettorale. Ma in realtà far mancare una voce fa danno a coloro che non vengono rappresentati, ma non riduce l’importanza del tavolo. Il quale si pone, come ha detto il sociologo ladino Vijio Pitscheider, come una possibilità "unica per la nostra terra, che è quella di lasciare aperto uno spazio di riflessione e di dialogo dove le parti della società civile che generalmente rimangono nel silenzio, possono dire la loro". La politica come partecipazione, negata dallo strapotere di un presidente di Provincia che ha fatto terra bruciata di altre opinioni anche intorno a lui, la necessità di sviluppare un modello di sussidiarietà e solidarietà, una democrazia fondata sul principio di corresponsabilità, sono gli obiettivi condivisi di coloro che partecipano a questa possibilità.

Etra le molte cose registrate dagli attenti ascoltatori, spicca la novità dei rappresentanti delle nuove generazioni, studenti in primo luogo, che non mettendo in discussione i principi dell’autonomia, chiedono che essa si allontani dalle contese sui diritti negati e si apra alle esigenze di formazione di una società che è già di fatto pluriculturale.

Una scuola capace di superare gli steccati e di farli superare a chi la frequenta per prepararsi al mondo di domani, e di preparare al lavoro, non solo in un’ottica locale o localistica, è la richiesta più argomentata e di fronte alla quale i temi della politica quotidiana, dalle contese sulla toponomastica alla modifica del censimento, dalla proporzionale etnica alla riduzione del requisito della residenza per accedere ai diritti, trascolorano e passano fortemente in secondo piano.

Questa preziosa capacità dei giovani di far emergere, spostando l’attenzione, il punto centrale dello stallo dell’autonomia, sarà in grado di rinnovare il pensiero politico stantio di una classe politica che agisce solo facendo riferimento a categorie di contrapposizione, sia pure per controbatterle?

I politici del Sudtirolo soffrono anch’essi di localismo, in modo doppio se si pensi che in genere sono fortemente chiusi nelle impenetrabili organizzazioni di partito, e dovranno fare uno sforzo straordinario per superare i veti contrapposti, i vecchi rancori, i pregiudizi consolidati, etnici e ideologici.

Eppure proprio a quel tavolo si è parlato del pericolo di "implosione per troppo benessere". Un rischio reale, sottolineato da molti osservatori critici della realtà odierna sudtirolese, che impone di lasciare da parte nei fatti la politica di separazione, che ha garantito l’acquisizione di diritti di gruppo della minoranza nazionale, ma oggi non è più in grado di soddisfare le esigenze di una società che si deve confrontare con l’Europa e non può tenere i propri giovani prigionieri dei vecchi e oltretutto superati conflitti del passato.

Il futuro del Sudtirolo dipende dalla capacità di sviluppare le potenzialità della società pluriculturale, a partire dal suo strumento principale, il bi- e plurilinguismo. Dal tavolo di Bressa questo sembra emergere come il messaggio principale.

Ciò che ci si chiede ora è come si potrà andare avanti, dopo che la commissione governativa avrà steso la sua relazione e l’avrà consegnata alle istituzioni provinciali perché ne utilizzino i materiali.

La speranza di chi scrive è che, dopo, nulla sia più uguale a prima e che l’aver fatto capire che è necessario e giusto ascoltare renda impossibile la ripresa del vecchio sistema, che va per la maggiore, di ignorare chi non fa parte delle lobbies di volta in volta vincenti, siano esse di etnia o di partito.