I soldi della Chiesa: gli spot e la realtà
Probabilmente l’istituzione caritatevole più nota è la Chiesa, attiva attraverso molte strutture, Caritas e missioni per prime, in ogni settore: dalla povertà alla sofferenza, dall’emarginazione alla devianza, dalla fame alla malattia nel terzo mondo. Si finanzia con donazioni private dei fedeli (ricordiamo i cento miliardi donati al vescovo di Milano, Martini) e con appelli fatti dai pulpiti, sui giornali parrocchiali e altri organi di informazione, ma specialmente con la dichiarazione primaverile dei redditi dei contribuenti italiani. Ecco allora spuntare in televisione gli spot pubblicitari - piccoli rigagnoli (la singola offerta) che diventano grandi fiumi (l’insieme delle offerte) e inviti a non accumulare beni sulla terra, ecc... - con cui il fedele è invitato a destinare alla Chiesa la quota dell’otto per mille che essa, opinione diffusa, investirà in opere di beneficenza.
Ma tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare. I 5.000 miliardi raccolti tra il 1993 e il 1997 sono stati spesi nel seguente modo (elaborazione su dati ufficiali della Conferenza Episcopale Italiana), riportati da Repubblica del 30 settembre 1998:
- 76% (circa 3.800 miliardi) per attività di catechesi e di culto e per il sostentamento dei sacerdoti;
- 4% per attività culturali e per i beni artistici (chiese, monasteri, canoniche);
- 11% per attività di assistenza e di sostegno culturale a favore del Terzo Mondo;
- 9% alle diocesi italiane per attività di carità.
Come si vede, i soldi investiti in attività di tipo umanitario sono stati soltanto il 20% del totale. Una dispersione altissima rispetto ai propositi declamati negli spot, che relega il bisognoso, nel cui nome sono stati raccolti i fondi, nella parte di Lazzaro inginocchiato a raccogliere le briciole cadute dal tavolo del ricco epulone.
Insomma, la motivazione vera con cui si dovrebbero chiedere questi soldi è il sostentamento del clero e la cura degli edifici sacri.
Che in realtà tali soldi scorrano in molte direzioni, anche inconfessabili, lo evidenzia una lunga serie di recenti clamorosi scandali: dall’arresto dell’ex segretario nazionale dell’UNITALSI (Unione Nazionale Trasporto Ammalati a Lourdes e Altri Santuari Italiani) e di suo fratello, consultore della Prefettura degli affari ecclesiastici della Santa Sede, coinvolti in Tangentopoli e sospettati di aver riciclato denaro sporco in Vaticano; al caso IOR-Marcinkus/Banco Ambrosiano; alla condanna a tre anni di carcere di mons. Pavel Hnilica, funzionario del Vaticano e confessore di Madre Teresa di Calcutta, per ricettazione della borsa di Calvi; all’arresto del presidente della CARIPLO Roberto Mazzotta, presidente della fondazione "Centesimus Annus", incaricata di raccogliere i fondi per la beneficenza pontificia; alle disavventure recenti del vescovo di Napoli Giordano e dei suoi prestiti miliardari con soldi della Curia.
Crediamo che anche per la Chiesa si pongano problemi analoghi a quelli della società civile: nel campo del volontariato e dell’assistenza: ha dei meriti, sta assumendo a pieno titolo un ruolo egemonico, causa lo sbandamento ideale dei laici; ma essa stessa è attraversata a vari livelli da problemi di moralità.
Non sarebbe opportuno che anch’essa spingesse più a fondo un’operazione trasparenza finora solo iniziata?