Bolzano, città inquieta
Incredibile, il capoluogo sudtirolese non è più sonnolento come un tempo. Ma ora...
Per anni è stata silenziosa, spenta. Dopo le sette di sera non c’era un bar aperto ed era difficile trovare un ristorante che non proclamasse la fatidica "cucina chiusa" dopo le otto e mezza.
Ora tutto si muove. Le birrerie del centro scoppiano di giovanissimi (e meno). Peccato essere invecchiati senza Hopfen & Co. o senza Holler, senza Carambolage. Ci ha salvato la vita il Filmclub. Però si cerca di recuperare in fretta. Con i cinema, i teatri (sì, al plurale!), la musica.
La Provincia, avarissima con la città, nella dominante cultura contadina uguale a luogo di perdizione, con tutti i suoi aspetti spaventosi a partire dal plurilinguismo e dalla tentazione di fare teatro, e di andarci, non per rafforzare la propria purezza etnica, ma per divertirsi e incontrarsi, ha avuto qualche anno fa un paio di piccoli "cedimenti". Ne sono frutto un teatro degno di questo nome e un’università, piccolina, con pochi studenti selezionati, ma pur sempre un’università. Così quella generazione che ai miei tempi spariva del tutto dalla città, impoverendola di brutto, rimane e affolla luoghi della cultura e del divertimento. Chiede e stimola la nascita di locali e servizi. I 900 studenti dell’istituto musicale si permettono perfino di chiedere una sede, invece di accontentarsi di luoghi di fortuna (e sfortuna)!
I bolzanini, che avevano abbassato la testa per far passare la buriana, dedicandosi alle escursioni in montagna, stanno cominciando a prenderci gusto. I luoghi si affollano e si sperimentano intensamente altre forme di incontro, non limitate a quelle sulle malghe e lungo i sentieri di montagna, pur tanto apprezzate.
Bolzano si trasforma da "non luogo", spazio deserto di relazioni, a società che cerca e gradisce lo scambio.
Non sarebbe però equilibrato descrivere questo sviluppo come una situazione ideale. Soprattutto perché esso sfugge di mano o non desta l’interesse di che dovrebbe governarlo.
Bene l’affollarsi dei locali del centro. Ma coloro che hanno dato un contributo decisivo alla sua rinascita, da spazio deserto a quartiere abitato, soffrono dell’assalto selvaggio delle auto notturne, della mancanza di regole e di limiti del rumore. E l’abbandono della periferia, che a Bolzano è tutto ciò che non è centro storico in senso stretto oltre alla parte di Gries dove abitano i politici che contano, pesa negativamente sull’immagine e sulla percezione complessiva della città. Inoltre la Provincia, ormai terribilmente pentita dalle "concessioni" del passato, che stanno galvanizzando una società interetnica e insensibile al richiamo della razza, pronta a sbevazzate amichevoli e bilingui di birra/Bier, a rischio di amori trans (in ogni senso), i cui frutti perversi insistono per avere scuole bilingui, cerca di sfruttare il momento vivace per indirizzare lo sviluppo in modo "serio", perché anche qualche meranese possa fare affaroni, ad esempio nella copertura della stazione ferroviaria, che si vuole sommersa da milioni di metri cubi di cemento, centri commerciali e direzionali, che normalmente servono a far perdere la direzione. Come se dopo anni di cantieri sparsi ovunque, non si avesse bisogno di pensare ai reali bisogni della città, prima che agli interessi della speculazione edilizia.
Dopo il periodo del "cimitero", come avevano soprannominato il capoluogo sudtirolese alcuni giovani cineasti della scuola di cinema "Zelig" solo pochissimi anni fa, ora l’eccesso e la mancanza di regole elementari rischia di provocare una fase da un lato di rigetto della vivacità.
Sarebbe un bel guaio. Anche perché l’alternativa è quella di stare a casa ad ascoltare i dibattiti di Sender Bozen, i cui invitati discutono per ore se i nomi italiani cui sarà concesso di esistere saranno 28 o 33. "La ragione dice trentatrè"- dice l’Obmann facendo appello al senso di responsabilità. Con il cuore sarebbe tutt’altro, spiega Durnwalder al Dolomiten. E la trasmissione-contrattazione va avanti in un’ appassionante contesa: Zero! Cinque! Dodici! Quarantatrè!
Voi trentini credereste si giochi alla morra. Invece pochi giorni dopo si riunisce la Parteileitung e riduce un po’ qua, ricuce un po’ là. E alla fine all’unanimità, pronuncia la sentenza.